T.A.R. Lazio Roma Sez. II ter, Sent., 01-12-2011, n. 9480

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La ricorrente, dopo aver ricostruito la normativa comunitaria (in particolare, Reg. CE n. 320 del 29 febbraio 2006 del Consiglio e Reg CE n. 968 del 27 giugno 2006 della Commissione europea) e nazionale (art. 2 della legge n. 81 del 2006) in materia di ristrutturazione dell’industria dello zucchero, ha impugnato, per l’annullamento, le note di AGEA e del Ministero resistente con cui si invita la società interessata a smantellare, entro un termine (prima fissato al 30 settembre 2011, poi prorogato al 31 marzo 2012), i silos di stoccaggio dello zucchero sul presupposto (ritenuto tale dalla Commissione europea) che il loro mantenimento sia in contrasto con i citati Reg CE n. 320/2006 e n. 968/2006.

La ricorrente impugna, altresì, la nota con cui il Ministero resistente ha invitato AGEA a sospendere le procedure di svincolo della cauzione presentata dalla società interessata a garanzia dell’esecuzione degli adempimenti previsti dalla normativa sulla ristrutturazione del settore bieticolosaccarifero,intervento per il quale ha ricevuto aiuti comunitari, ai sensi dei citati regolamenti.

A sostegno dell’impugnativa, la società ricorrente ha proposto i seguenti motivi:

1) violazione e falsa applicazione degli artt. 3, 4 e 5 del Reg. CE n. 320/2006; violazione e falsa applicazione del Reg. CE n. 968/2006; violazione e falsa applicazione dell’art. 3 della legge n. 241 del 1990; carenza di motivazione; errore sui presupposti e difetto di istruttoria; violazione dei principi di imparzialità e buon andamento dell’azione amministrativa di cui agli artt. 3 e 97 Cost..

La richiesta di procedere allo smantellamento dei silos si basa su un presupposto errato in quanto i Reg. CE n. 320/2006 e n. 968/2006, nel riferirsi agli impianti di produzione (art. 3 Reg. n. 320/2006) o direttamente connessi alla produzione (art. 4 Reg. CE n. 968/2006), non contemplano affatto gli impianti (come i silos) utilizzati ai fini della commercializzazione dello zucchero, fase ben distinta da quella di produzione.

Ed invero, la normativa comunitaria si riferisce soltanto agli impianti di produzione nel senso di comprendere tutti quelli che fanno parte della linea produttiva e non certo quelli che sono utilizzati per lo stoccaggio e la commercializzazione del prodotto.

Del resto, anche il 4° considerando al Reg. CE n. 968/2006 consente la possibilità di mantenere gli impianti dello zuccherificio che non fanno parte della linea di produzione qualora siano utilizzati per altri scopi previsti dal Piano di ristrutturazione e ciò è coerente con l’obiettivo della normativa comunitaria finalizzata alla riduzione, a livello europeo, della quota di produzione dello zucchero.

Una differente interpretazione non rispetterebbe il principio di proporzionalità in quanto le imprese sarebbero costrette a smantellare non solo gli impianti finalizzati alla produzione dello zucchero ma anche quelli connessi alla commercializzazione del prodotto;

2) violazione degli artt. 3, 4 e 5 del Reg. CE n. 320/2006; violazione del Reg. CE n. 968/2006; violazione degli artt. 1 e 3 della legge n. 241 del 1990; violazione del principio del legittimo affidamento e di certezza del diritto; contraddittorietà.

La richiesta di procedere allo smantellamento dei silos risulta in contrasto con il principio comunitario del legittimo affidamento posto che la ricorrente ha presentato una domanda per l’aiuto corredata del Piano di ristrutturazione che non contemplava lo smantellamento dei silos di stoccaggio.

I piani di ristrutturazione sono stati, peraltro, trasmessi ai servizi della Commissione europea come previsto dall’art. 10, comma 4, del Reg. CE n. 986/2006, oltre allo stato di avanzamento della loro realizzazione, senza che sia mai stato contestato alcunché.

Anche a livello nazionale, non è mai stato contestato nulla con riferimento al mantenimento dei silos come dimostra il Piano nazionale per la razionalizzazione e la riconversione della produzione bieticolosaccarifera del gennaio 2007 che dà atto di tale circostanza ovvero del mantenimento degli impianti di che trattasi.

Del resto, tale posizione è stata ribadita dallo stesso Ministero resistente nell’ambito della procedura in contraddittorio avviata tra lo Stato italiano e la Commissione europea, ai sensi dell’art. 11 del Reg. CE n. 885/2006;

3) violazione del Reg. CE n. 320/2006; violazione del Reg. CE n. 968/2006; violazione degli artt. 11, 12, 13 e 16 del Reg. n. 885/2006; violazione degli artt. 1 e 3 della legge n. 241 del 1990; violazione del principio del legittimo affidamento e di certezza del diritto; contraddittorietà.

La richiesta di procedere allo smantellamento dei silos è, altresì, illegittima in quanto anticipa i risultati della procedura in contraddittorio avviata tra lo Stato italiano e la Commissione europea, ai sensi dell’art. 11 del Reg. CE n. 885/2006.

Peraltro, le deduzioni dello Stato italiano sono conformi alla prospettazione della ricorrente tanto che la diffida ora rivolta da AGEA risulta contraddittoria e non tempestiva se si considera, altresì, che tale urgenza non è stata neanche sollecitata dai servizi della Commissione europea;

4) violazione del Reg. CE n. 320/2006; violazione dell’art. 22 del Reg. CE n. 968/2006; violazione degli artt. 11, 12, 13 e 16 del Reg. n. 885/2006; violazione degli artt. 1 e 3 della legge n. 241 del 1990; violazione del principio del legittimo affidamento e di certezza del diritto; contraddittorietà.

È altresì illegittima la nota con cui AGEA ha bloccato lo svincolo delle fideiussioni presentate dalla ricorrente a garanzia degli impegni assunti con il Piano di ristrutturazione che, invero, sono stati totalmente adempiuti.

In ogni caso, sussistono quantomeno i presupposti per procedere allo svincolo parziale della cauzione, come previsto dall’art. 2 del D.M. 15 febbraio 2007;

5) violazione dell’art. 31 del Reg. CE del Consiglio 21 giugno 2005 n. 1290; violazione dell’art. 26 del Reg. CE n. 968/2006; violazione degli artt. 1 e 3 della legge n. 241 del 1990; difetto di istruttoria; contraddittorietà.

La richiesta di restituzione degli aiuti non può comunque riguardare le spese eseguite nei 24 mesi antecedenti, ciò in applicazione dell’art. 31 del Reg. CE del Consiglio 21 giugno 2005 n. 1290.

Ora, la richiesta della Commissione (di avvio della procedura di verifica di conformità) è del 9 dicembre 2010 e, pertanto, potranno essere richieste soltanto le spese eseguite dopo il 9 dicembre 2008; non potranno quindi essere restituite le spese riconosciute in favore della ricorrente in data 29 gennaio 2008, riguardante la seconda domanda di aiuto.

In ogni caso, la ricorrente ha rispettato tutti gli impegni assunti con il Piano di ristrutturazione e, pertanto, nessuna azione di recupero potrà essere intentata nei suoi confronti;

6) questione di pregiudizialità, ai sensi dell’art. 267 TFUE.

La società ricorrente sottolinea l’opportunità – ove la lettura interpretativa sostenuta con i motivi di ricorso non fosse condivisa dal Collegio – di rinviare la questione alla Corte di Giustizia dell’Unione europea al fine di chiarire se i silos rientrano nel campo di applicazione dei Reg. CE n. 320/2006 e n. 968/2006 e se di conseguenza deve ritenersi che tali strutture avrebbero dovuto essere smantellate in quanto connesse agli impianti di produzione.

Si sono costituiti in giudizio il Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali ed AGEA per resistere al ricorso.

Con ordinanza n. 2697/2011, è stata accolta in parte la domanda di sospensiva (è stato, in particolare, sospeso l’obbligo di smantellare i silos entro il 30 settembre 2011 ed ammesso lo svincolo della garanzia con esclusione della quota differenziale tra l’aiuto dovuto a titolo di smantellamento totale e quello a titolo parziale).

Con motivi aggiunti depositati nel mese di settembre 2011, la ricorrente ha, poi, impugnato, per l’annullamento in via derivata, la nota del 24 maggio 2011 con cui AGEA ha chiesto alla società garante di prorogare il termine di validità delle polizze fideiussorie, al riguardo riproponendo i motivi di censura contenuti nel ricorso introduttivo del giudizio.

In prossimità della trattazione del merito, le parti hanno aggiornato il Collegio sugli sviluppi della procedura in contradditorio avviata, ai sensi dell’art. 11 del Reg. CE n. 885/2006, tra lo Stato italiano e la Commissione europea; hanno rilevato, in particolare, che dopo la risposta di AGEA del 3 novembre 2011, si è in attesa delle determinazioni finali dell’organismo sovranazionale; hanno precisato, altresì, che, con regolamento di esecuzione (UE) n. 672/2011 del 13 luglio 2011, il termine per lo smantellamento dei silos, prima fissato al 30 settembre 2011, è stato prorogato al 31 marzo 2012.

Alla pubblica udienza del 16 novembre 2011 tutte le parti costituite hanno insistito per la rimessione della questione pregiudiziale alla Corte di Giustizia, ai sensi dell’art. 267 TFUE, e la causa è stata trattenuta dal Collegio per la decisione.

Motivi della decisione

1. La prospettazione della ricorrente è finalizzata ad avvalorare la tesi secondo cui tra gli impianti di produzione dello zucchero non possono essere contemplati i silos di stoccaggio in quanto connessi ad una diversa fase, quella di commercializzazione.

La mancata ricomprensione dei silos negli impianti di produzione consentirebbe alla ricorrente di accedere agli aiuti fissati nell’art. 3 del Reg. CE n. 320/2006 per le ipotesi di "smantellamento totale" i cui importi ivi previsti sono maggiori (di circa il 25%) rispetto ai casi di "smantellamento parziale". La Commissione europea ritiene invero che, nei casi di mancato smantellamento dei silos di stoccaggio, si versi nell’ipotesi di "smantellamento parziale".

2. Ciò premesso, è opportuno, altresì, precisare quanto segue:

– la normativa comunitaria di riferimento è rappresentata dai Reg. CE n. 320/2006 e n. 968/2006. A livello nazionale, non è stata adottata alcuna normativa di attuazione e specificazione delle disposizioni contenute nei predetti regolamenti, poiché la disciplina di dettaglio (anche riguardante le modalità procedurali di accesso agli aiuti) è stata fissata dal Reg. CE della Commissione n. 968/2006;

– l’art. 3 del Reg. CE n. 320/2006 ha introdotto la distinzione (poi chiarita dal Reg. CE n. 968/2006) tra "smantellamento totale" e "smantellamento parziale": tale disposizione – prevedendo in particolare che, sia in caso di "smantellamento totale" che di "smantellamento parziale", deve cessare completamente e definitivamente la produzione di zucchero nel sito interessato – ha individuato, quale elemento di differenziazione tra le due fattispecie, "la chiusura dello zuccherificio o degli zuccherifici e lo smantellamento dei relativi impianti di produzione", adempimento che, nel caso di "smantellamento parziale" non è contemplato (cfr art. 3, par. 3, lettera b del Reg. CE n. 320/2006). A sua volta, l’art. 4, par. 2, lettera e) del citato regolamento (n. 320/2006) prevede che, in caso di smantellamento parziale, le domande di aiuto devono prevedere l’impegno "…a non utilizzare il sito di produzione e i restanti impianti di produzione per la produzione di prodotti che rientrano nell’organizzazione comune dei mercati nel settore dello zucchero";

– l’art. 4 del Reg. CE n. 986/2006 chiarisce che, in caso di smantellamento totale (cfr par. 1), le aziende interessate sono tenute ad eliminare, oltre agli impianti di produzione, anche quelli direttamente connessi alla produzione di zucchero e necessari per gestire la produzione rientrante nella quota rinunciata, anche se utilizzabili per altre produzioni (come gli impianti per il riscaldamento o il trattamento dell’acqua o per la produzione di energia, gli impianti per il trattamento delle polpe di barbabietole da zucchero e delle melasse o gli impianti per il trasporto interno), e tutti gli altri impianti, quali gli impianti di imballaggio, inutilizzati ma da smantellare e rimuovere per ragioni ambientali. Il successivo par. 2 del citato art. 4 chiarisce poi che, in caso di smantellamento parziale, devono essere smantellati gli impianti prima citati non destinati ad essere utilizzati per altre produzioni o per altri usi del sito industriale secondo il piano di ristrutturazione;

– il Reg. CE n. 968/2006 fissa, altresì, una serie di modalità procedurali per la presentazione delle domande di aiuto, di verifica degli adempimenti e di liquidazione delle somme in favore delle imprese interessate. In particolare, si prevede che i Piani di ristrutturazione sono approvati dagli Stati membri e, poi, comunicati alla Commissione europea (artt. 9 e 10 del Reg. CE n. 968/2006), che il pagamento delle rate di aiuto è subordinato alla costituzione di una cauzione garanzia e che il termine ultimo per l’erogazione gli aiuti è fissato al 30 settembre 2011 (art. 16 Reg. CE n. 968/2006).

3. Ciò premesso, può, ora, passarsi al merito della controversia ed, in particolare, all’esame congiunto delle censure contenute nel primo, secondo, terzo e sesto motivo in quanto attengono a profili diversi di un’unica censura.

3.1 La prospettazione della ricorrente muove dalla considerazione della natura dei silos e perviene alla conclusione che – proprio perché si tratta di impianti di commercializzazione e non di produzione – il loro mancato smantellamento non impedisce di ricondurre la fattispecie nell’ambito delle ipotesi di smantellamento totale e dunque non rileva ai fini dell’ammissione ai più consistenti aiuti previsti per questa ipotesi dall’art. 3 del Reg. CE n. 320/2006.

Il Collegio ritiene che la prospettazione della ricorrente non possa essere condivisa.

3.2 La tesi, invero, punta la sua attenzione su un profilo letterale legato a canoni di esperienza industriale che, oltre a non rispecchiare la ratio della normativa comunitaria, si pone in contrasto con un’interpretazione sistematica delle norme sopra richiamate.

La ricorrente punta, in particolare, l’attenzione sul fatto che la normativa comunitaria fa espresso riferimento agli impianti di produzione e che la rinuncia alla quota di produzione (fine ultimo dei regolamenti comunitari) sia raggiungibile attraverso lo smantellamento di tutto che ciò che è direttamente connesso alla produzione stessa, applicando cioè al concetto normativo di "connessione diretta" il canone ermeneutico della stretta interpretazione.

Tale approccio è smentito – come detto – sulla base di una interpretazione, non solo letterale, ma in particolare sistematica e teleologica della normativa comunitaria (ovvero dei due regolamenti comunitari che, come noto, hanno la stessa forza e valore, ai sensi degli artt. 288 e ss. del TFUE), per le ragioni che seguono:

– l’art. 3 del Reg. CE n. 320/2006, come già anticipato al punto 2., prevede, in caso di "smantellamento totale", la cessazione definitiva della produzione di zucchero nel sito interessato (come per le ipotesi di "smantellamento parziale"), e "la chiusura dello zuccherificio o degli zuccherifici e lo smantellamento dei relativi impianti di produzione" (adempimento non previsto per le ipotesi di "smantellamento parziale");

– l’art. 4, par. 2, lettera e) del citato regolamento prevede, poi, che, in caso di smantellamento parziale, le domande di aiuto devono prevedere l’impegno "…a non utilizzare il sito di produzione e i restanti impianti di produzione per la produzione di prodotti che rientrano nell’organizzazione comune dei mercati nel settore dello zucchero";

– l’art. 4, par. 1, del Reg. CE n. 968/2006 specifica, altresì, che, in caso di smantellamento totale, le aziende interessate devono eliminare tutti gli impianti di produzione, compresi quelli di imballaggio, lasciati inutilizzati e che devono essere smantellati e rimossi per ragioni ambientali. Il successivo par. 2 del citato art. 4 chiarisce poi che, in caso di smantellamento parziale, devono essere smantellati gli impianti prima citati (e dunque anche gli impianti di imballaggio) non destinati ad essere utilizzati per altre produzioni o per altri usi del sito industriale secondo il piano di ristrutturazione.

Ciò detto, risulta chiaro che la normativa comunitaria citata, sebbene utilizzi in via prevalente il riferimento agli impianti di produzione e a quelli direttamente connessi ad essi, non si presta ad una interpretazione restrittiva basata sulla empirica differenziazione tra impianti strettamente connessi alla produzione e impianti direttamente finalizzati alla commercializzazione.

Il fatto che l’art. 3 del Reg. CE n. 320/2006 colleghi alle ipotesi di smantellamento totale anche "la chiusura dello zuccherificio o degli zuccherifici" ovvero dell’intero sito di produzione e che l’art. 4 del Reg. CE n. 968/2006 preveda, per la fattispecie di che trattasi, anche lo smantellamento degli impianti di imballaggio (che, in caso di smantellamento parziale, non è contemplato), non consente di condividere l’interpretazione sostenuta dalla ricorrente basata, come detto, su un canone ermeneutico di carattere lessicale ovvero su un’empirica differenziazione tra impianti che, invece, risulta smentita dalle specificazioni richiamate nelle varie norme citate.

Ciò, come detto, si evince dalla stessa ratio della richiamata normativa comunitaria che è finalizzata ad introdurre un aiuto alla ristrutturazione che costituisca un incentivo a cessare la produzione di zucchero, al fine di ridurre la produzione nella misura necessaria a riequilibrare il mercato comunitario (cfr 4° considerando al Reg. CE n. 320/2006).

Da ciò risulta chiaro che il riferimento agli impianti di produzione non può intendersi limitato ai soli processi e, quindi, agli strumenti utilizzati per la realizzazione del prodotto finito, ma deve considerarsi esteso anche a quegli impianti che, nell’ambito di un sito produttivo, erano utilizzati nelle fasi immediatamente successive alla produzione in senso stretto, come lo stoccaggio e l’imballaggio.

Una diversa interpretazione, che si limiti a porre l’attenzione sul dato empirico e lessicale, del resto, non consentirebbe di differenziare, con nettezza, le ipotesi di smantellamento totale da quelle di smantellamento parziale tenuto conto che il citato art. 4, par. 2, del Reg. CE n. 986/2006 consente, nel secondo caso, il mantenimento dei predetti impianti solo se destinati ad essere utilizzati per altre produzioni o per altri usi del sito industriale secondo il piano di ristrutturazione (che, nel caso di specie, coincide con la riconversione dei silos non più dedicati a ricevere per lo stoccaggio il risultato del processo di produzione del sito ma il prodotto derivante da altri siti, ai fini della successiva commercializzazione sul mercato).

Né a ciò osta quanto contenuto nel 4° considerando del Reg. CE n. 986/2006 dove si fa riferimento alla possibilità "di mantenere gli impianti dello zuccherificio che non fanno parte della linea di produzione qualora possano essere utilizzati per altri scopi previsti dal piano di ristrutturazione" in quanto la reale portata di tale motivazione va correttamente ricercata tenendo conto di quanto già rilevato in ordine alla pregressa funzionalizzazione dei silos alla produzione di zucchero proveniente dal sito oggetto del Piano di ristrutturazione. Ciò che si vuole dire è che i silos, prima degli interventi di smantellamento, facevano comunque parte della linea di produzione anche se, astrattamente, non trattandosi di impianti di diretta trasformazione del prodotto grezzo in zucchero, questi, al di fuori di quel sito di produzione, avrebbero potuto essere utilizzati per il solo stoccaggio del prodotto finito ed essere quindi dedicati (recte: funzionalizzati) in via esclusiva alla commercializzazione. In altre parole, la verifica della funzionalizzazione dei silos va fatta ex ante ovvero prima degli interventi di smantellamento e non ex post al momento cioè della conversione del sito industriale (dopo lo smantellamento) da attività di produzione ad attività di commercializzazione

3.3 La ricorrente contesta, poi, la lesione del legittimo affidamento in quanto, nonostante il Piano di smantellamento sia stato trasmesso alla Commissione europea, quest’ultima non ha contestato nulla inizialmente ma, solo nel 2010, dopo la visita dei funzionari UE presso i siti industriali, ha sollevato il problema del mancato smantellamento dei silos.

Ora, in disparte il fatto che, ai sensi degli artt. 9 e 10 del Reg. CE n. 986/2006, l’approvazione dei predetti Piani spetta agli organi competenti dello Stato membro e che la trasmissione alla Commissione non prevede una fase di controllo delle determinazioni assunte a livello locale ma una successiva fase di verifica degli adempimenti ivi previsti ai fini dell’erogazione degli aiuti, si è comunque dell’avviso che, nella fattispecie in esame, debba prevalere il principio dell’effetto utile secondo cui la norma comunitaria deve essere interpretata, di preferenza, in modo da favorire il raggiungimento dell’obiettivo; in altre parole, il principio del legittimo affidamento, come del resto anche quello della certezza del diritto, non può essere di ostacolo all’applicazione effettiva delle previsioni contenute nella normativa comunitaria (cfr, per tutte, CGCE, Sez. II, 3 settembre 2009 – C 2/08).

3.4 In ragione di quanto sopra, le censure contenute nel primo, secondo, terzo e sesto motivo sono infondate.

Quanto alla richiesta di sottoporre la questione interpretativa alla Corte di Giustizia dell’Unione europea si osserva che, nella specie, la corretta applicazione del diritto comunitario si impone con tale evidenza da non lasciare adito a nessun ragionevole dubbio sulla soluzione da dare alla questione controversa: non vi è motivo, quindi, per sollevare questione pregiudiziale ai sensi dell’art. 267 del TFUE (cfr. Cons. St., sez. VI, 24 marzo 2011, n. 1810; 9 febbraio 2011, n. 896; 25 gennaio 2011, n. 510).

4. Anche il quinto motivo va respinto non essendo chiaro il momento effettivo di erogazione delle somme e, comunque, allo stato, non risulta essere stata avviata alcuna procedura di recupero né è chiaro il riferimento all’arco temporale degli importi da recuperare.

5. Il quarto motivo può essere, invece, accolto in quanto, come esposto in precedenza, la questione verte sulla qualificazione degli interventi effettuati dalla ricorrente che, nella disamina della Commissione europea di cui alle note impugnate, vanno inquadrati nell’ipotesi di "smantellamento parziale" alla quale l’art. 3 del Reg. CE n. 320/2006 collega comunque la corresponsione di aiuti, seppure in misura inferiore rispetto ai casi di "smantellamento totale".

Ciò posto e considerando che non sussistono dubbi sul fatto che la ricorrente abbia diritto alla erogazione delle somme previste per le ipotesi di "smantellamento parziale", si ritiene che sussistano i presupposti per lo svincolo parziale della cauzione, anche in ragione di quanto previsto dall’art. 22, par. 2, del Reg. CE n. 986/2006 (applicabile alla fattispecie in esame).

Pertanto, come già disposto limitatamente alla fase cautelare con l’ordinanza n. 2697/2011, lo svincolo della garanzia potrà essere concesso con esclusione della quota differenziale tra l’aiuto dovuto a titolo di smantellamento totale e quello che sarebbe spettato se gli interventi di ristrutturazione proposti dalla ricorrente fossero stati intesi a titolo di smantellamento parziale, ai sensi dell’art. 4, par. 2, del Reg. CE n. 986/2006.

6. In conclusione, il ricorso va accolto in parte nei sensi di cui in motivazione (vgs precedente punto 5.) e, per l’effetto, va annullata la nota ministeriale n. 1732 del 2 marzo 2011 con cui AGEA è stata invitata a sospendere lo svincolo della fideiussione richiesta dalle imprese interessate; va, invece, respinto per il resto.

7. Di conseguenza, anche i motivi aggiunti – con cui la ricorrente, riproponendo le medesime censure dedotte con il ricorso introduttivo, impugna la richiesta di proroga delle polizze fideiussorie (nota AGEA n. 227 del 24 maggio 2011) – vanno accolti nella sola parte in cui tale richiesta si riferisce all’intero importo della cauzione e non alla limitata somma di cui al precedente punto 5..

8. La complessità e novità delle questioni giustificano la decisione di compensare tra le parti le spese di giudizio.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda Ter), definitivamente pronunciando sul ricorso e sui motivi aggiunti, come in epigrafe proposti, così dispone:

– il ricorso introduttivo del giudizio va accolto in parte e, per l’effetto, va annullata nei sensi di cui in motivazione (vgs punto 5. della parte in diritto) la nota ministeriale n. 1732 del 2 marzo 2011, mentre, per il resto, va respinto;

– i motivi aggiunti vanno accolti nei limiti di cui al punto 7. della parte in diritto.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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