T.A.R. Lazio Roma Sez. II ter, Sent., 01-12-2011, n. 9479

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Il ricorrente – un’agente del C.F.S. in servizio, all’atto di presentazione del ricorso, presso il Comando Provinciale di Lecco – con l’istanza del 6.4.2010 ha chiesto di essere trasferito, ai sensi dell’articolo 78, comma 6, del D. lgs. n. 267 del 2000, per potere svolgere il proprio mandato di consigliere comunale presso il Comune di Castel del Monte (AQ), a seguito delle elezioni amministrative del 28 e 29 marzo 2010, con continuità di presenza ed impegno, presso una delle sedi indicate, situate in prossimità dell’indicato comune.

Con la nota del Capo del Corpo Forestale dello Stato – Comando regione Lombardia di cui al prot. n. 8878/2010 del 3.6.2010, gli è stato comunicato il rigetto della predetta istanza, in quanto il trasferimento richiesto – rispetto al quale, come si sottolinea nella motivazione dell’atto, la posizione del ricorrente non è qualificabile in termini di diritto soggettivo – creerebbe un disservizio presso la sede del comando di provenienza, al momento in stato di "sottoorganico" rispetto alla dotazione prevista.

Con il ricorso in trattazione il ricorrente ha impugnato il detto diniego deducendone l’illegittimità per i seguenti motivi di censura:

1- Violazione e falsa applicazione dell’articolo 78, comma 6, del D. Lgs. n. 267 del 2000 e dell’articolo 32 della legge 300 del 20 maggio 1970, nonché eccesso di potere per violazione degli articoli 49 e 51 della Costituzione e dell’articolo 1, comma 2, della D.C.C. del 20.12.2007;

2- Violazione e falsa applicazione dell’articolo 3 della legge n. 241 del 1990 ed eccesso di potere per difetto di idonea motivazione;

L’amministrazione non avrebbe considerato né motivato sul punto della riscontrata carenza di organico in ognuna delle tre sedi indicate in via preferenziale da parte del ricorrente nonché sulla circostanza concernente gli inconvenienti di carattere organizzativo che deriverebbero alla sede di provenienza in caso di trasferimento temporaneo del ricorrente.

3- Violazione e falsa applicazione degli articoli 7 e 8 della legge n. 241 del 1990 ed eccesso di potere per difetto di istruttoria;.

4- Violazione dell’articolo 10 bis della legge n. 241 del 1990 per l’omessa comunicazione dei motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza.

Il Ministero delle politiche agricole si è costituito in giudizio con comparsa di mera forma in data 2.10.2010.

Con l’ordinanza n. 4217/2010 del 30.9.2010 è stata accolta l’istanza di sospensione dell’esecutività del provvedimento impugnato.

Con memoria del 28.9.2011 il Ministero delle politiche agricole ha argomentatamente dedotto l’infondatezza nel merito del ricorso del quale ha chiesto il rigetto.

Alla udienza del 19.10.2011 il ricorso è stato trattenuto in decisione alla presenza degli avvocati delle parti come da separato verbale di causa.

Il collegio ritiene di dovere sottoporre a nuova e diversa valutazione, rispetto a quanto esposto in sede di valutazione dell’istanza cautelare, le censure di cui al ricorso che sono da ritenersi infondate per le considerazioni che seguono.

L’articolo 78, del D. Lgs. n. 267 del 2000 dispone testualmente al comma 6 che " 6. Gli amministratori lavoratori dipendenti, pubblici e privati, non possono essere soggetti, se non per consenso espresso, a trasferimenti durante l’esercizio del mandato. La richiesta dei predetti lavoratori di avvicinamento al luogo in cui viene svolto il mandato amministrativo deve essere esaminata dal datore di lavoro con criteri di priorità. Nell’assegnazione della sede per l’espletamento del servizio militare di leva o di sue forme sostitutive è riconosciuta agli amministratori locali la proprietà per la sede di espletamento del mandato amministrativo o per le sedi a questa più vicine. Il servizio sostitutivo di leva non può essere espletato nell’ente nel quale il soggetto è amministratore o in un ente dipendente o controllato dalla medesima amministrazione ".

Lo spirito della norma che si ispira direttamente all’articolo 51, comma 3, della Costituzione, che stabilisce che "chi è chiamato a funzioni pubbliche elettive ha diritto di disporre del tempo necessario al loro adempimento e di conservare il suo posto di lavoro".

Si premette che, nel caso di specie – al di là del nomen utilizzato sia da parte ricorrente sia dall’amministrazione – non si tratta di un trasferimento in senso tecnico, ma di un beneficio temporaneo collegato strettamente al mandato elettorale.

Alla luce del tenore testuale della norma invocata, può fondatamente sostenersi che non sussista un diritto soggettivo del dipendente ad essere trasferito, ma solo un interesse qualificato in quanto l’amministrazione, in sede di decisione sull’istanza di trasferimento, risulta investita di un potere discrezionale; oggetto della controversia non è dunque l’accertamento del diritto del ricorrente al trasferimento, ma la correttezza del potere (discrezionale) esercitato dall’amministrazione.

La pretesa del ricorrente, pertanto, non può vantare tutela incondizionata, dovendo, viceversa, essere contemperata con interessi che assurgono, in ultima analisi, a pari rilievo costituzionale; si tratta, infatti, di esigenze economiche ed organizzative del datore di lavoro che devono essere valutate con riguardo all’interesse pubblico connesso con la prestazione del dipendente.

In altri termini, l’apprezzamento dell’interesse del ricorrente al corretto e pieno svolgimento del proprio mandato elettorale non può non tener conto del canone di buona amministrazione e quindi dell’esigenza, per l’Ente resistente, di programmare e organizzare al meglio il proprio personale nel territorio nazionale al fine di consentire il migliore espletamento dei compiti istituzionali.

L’avvicinamento costituisce, pertanto, un beneficio soggetto a varie condizioni e naturalmente può trovare applicazione soltanto tenendo conto del servizio pubblico che i dipendenti pubblici espletano.

L’Amministrazione – in sede di pronuncia sull’istanza di trasferimento – è tenuta ad esaminare la domanda in termini di "priorità" e ad esplicitare le ragioni di pubblico interesse ostative al suo accoglimento, operando un bilanciamento dei contrapposti interessi pubblici in gioco e una loroo valutazione comparativa, dandone adeguato conto nella motivazione, soprattutto in caso di mancato accoglimento dell’istanza.

L’ Amministrazione pertanto potrà denegare il beneficio richiesto solo sulla scorta di una congrua e ben evidenziata ragione di interesse pubblico motivatamente prevalente su quello, altrettanto pubblico, al trasferimento del dipendente per l’espletamento del mandato amministrativo/politico.

Senza arrivare necessariamente ad affermare che quanto disposto in seno al comma 6 dell’articolo 78 debba significare unicamente che, in occasione dell’apertura di una procedura ordinaria di trasferimento, l’amministrazione, nell’esaminare le relative domande, deve accordare preferenza, coeteris paribus, al dipendente che abbia motivato la propria richiesta di trasferimento con la volontà di avvicinamento al luogo dove esercita il proprio mandato, sempre che questa sia inclusa fra quelle disponibili per i trasferimenti, consentendo, pertanto, in altre parole, al lavoratore investito del mandato amministrativo di poter godere di un titolo preferenziale (potendosi eventualmente ritenere che in tal caso la tutela di cui godrebbe il dipendente e la sua attività lavorativa per l’esercizio del mandato politico risulterebbero, di fatto, derogate in palese contraddittorietà con lo spirito della norma che si ispira direttamente all’articolo 51, comma 3, della Costituzione) – comunque è necessario che sia effettuato il contemperamento tra gli interessi contrapposti coinvolti nella vicenda.

Nel caso di specie, si ritiene che abbiano rilevanza dirimente due circostanze:

– da un lato, il Comune di Castel del Monte (AQ) ha una popolazione di soli 490 residenti ed il relativo Statuto prevede che il Consiglio comunale si riunisca in seduta ordinaria soltanto due volte l’anno e l’estensione del comune e la sua ridotta popolazione residente lasciano ragionevolmente presumere che non si avranno sedute straordinarie frequenti;

– dall’altro, è comprovato in atti che il Comando Provinciale di Lecco si presenta in sotto organico, atteso che su un organico complessivo 11 unità, risultano coperti soltanto 7 posti (e, in particolare, su 5 posti in organico di agente/assistente ne risultano coperti soltanto 4); inoltre, come dedotto da parte della difesa dell’amministrazione resistente e non contestato da parte della difesa del ricorrente, mentre nella regione Abruzzo, considerata nel suo complesso, vi è un cospicuo esubero di personale (con particolare riguardo proprio alla figura dell’agente/assistente), diversamente nella regione Lombardia è riscontrata una cronica assenza di personale che non consentirebbe, secondo una valutazione rimessa alla valutazione discrezionale dell’amministrazione, al comando provinciale, che costituisce la principale articolazione periferica operativa del C.F.S., di potere svolgere con la necessaria assiduatezza e continuità l’attività ad essi devoluta di prevenzione e contrasto di illeciti amministrativi e penali, motivo per il quale la suddetta ultima regione è stata indicata sia nell’appello straordinario che in quello ordinario nazionale per l’anno 2010 tra quelle di destinazione del personale.

E, pertanto, è evidente che l’amministrazione, nel denegare al ricorrente il richiesto avvicinamento temporaneo, ha effettuato il detto contemperamento di contrapposti interessi, ritenendo, come testualmente dedotto nel provvedimento impugnato, la prevalenza dell’interesse pubblico allo svolgimento in modo corretto del servizio di competenza degli uffici di provenienza, secondo una valutazione discrezionale che non appare censurabile sulla base dei motivi di cui al ricorso.

Da quanto esposto consegue la infondatezza nel merito dei primi tre motivi di censura.

Per quanto attiene, poi, la contestata violazione dell’articolo 10 bis della legge n. 241 del 1990 per la mancata previa comunicazione dei motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza, si osserva quanto segue.

Il richiamato articolo 10bis, rubricato "Comunicazione dei motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza", dispone testualmente, per quanto di specifico interesse in questa sede, che " 1. Nei procedimenti ad istanza di parte il responsabile del procedimento o l’autorità competente, prima della formale adozione di un provvedimento negativo, comunica tempestivamente agli istanti i motivi che ostano all’accoglimento della domanda……".

E, in tema di preavviso di rigetto, la violazione dell’articolo 10bis non comporta l’automatica illegittimità del provvedimento finale, in quanto trova applicazione l’art. 21octies della stessa legge, secondo il quale il giudice non può annullare il provvedimento per vizi formali, che non abbiano inciso sulla legittimità sostanziale del provvedimento (cfr. da ultimo, Consiglio Stato, sez. VI, 18 marzo 2011, n. 1673 e T.A.R. Sicilia Palermo, sez. I, 23 marzo 2011, n. 541).

L’articolo 21octies, comma 2, è una norma di carattere processuale che non può essere utilizzata in sede amministrativa, violandosi altrimenti il principio di legalità, ma deve essere utilizzata in sede giurisdizionale, quando sono stati commessi degli errori e non si è riusciti a correggerli attraverso l’esercizio del potere di autotutela; ne consegue che, in caso di violazione dell’articolo 10bis, sussiste l’illegittimità dell’atto, ma trattandosi di vizi di forma, l’annullabilità del provvedimento è rimessa all’apprezzamento del giudice, che può superare il vizio procedimentale, facendo applicazione dell’art. 21octies della stessa legge, qualora sia palese che l’atto non avrebbe potuto avere un contenuto diverso (T.A.R. Lazio Roma, sez. II, 7 marzo 2011, n. 2070).

Per le considerazioni che precedono anche il quarto ed ultimo motivo di censura è infondato.

Il ricorso va quindi respinto.

Sussistono giusti motivi, tenuto della particolare situazione in fatto, per disporre la compensazione delle spese del giudizio tra le parti costituite.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda Ter), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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