Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 12-10-2011) 28-10-2011, n. 39160

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza in data 26.3.2009, il Giudice di Pace di Prato dichiarò B.A. responsabile del reato di cui all’art. 633 c.p. e – concesse le attenuanti generiche – lo condannò alla pena di Euro 200,00 di multa, nonchè al risarcimento dei danni (da liquidarsi in separato giudizio con una provvisionale) ed alla rifusione delle spese a favore della parte civile B.E..

Avverso tale pronunzia l’imputato propose gravame ma il Tribunale di Prato, con sentenza in data 4.5.2010, confermò la decisione di primo grado e condannò l’imputato alla rifusione delle ulteriori spese a favore della parte civile.

Ricorre per cassazione l’imputato deducendo:

1. violazione di legge in quanto B. aveva diritto di accesso al fondo della Br. in forza di un contratto stipulato con la stessa; il giudice di appello riconosce l’esistenza di tale contratto ma afferma che, a fronte dell’opposizione della Br., B. avrebbe dovuto adire il giudice; ciò peraltro equivarrebbe ad escludere il dolo; peraltro B. ebbe ad accedere al Fondo solo dopo che aveva specificato i lavori da effettuare dopo l’iniziale rifiuto della B.; l’insussistenza del reato prevale sulle cause estintive;

2. vizio di motivazione in quanto la stessa sarebbe incomprensibile e contraddittoria;

3. intervenuta estinzione del reato per remissione di querela accettata dall’imputato.

Motivi della decisione

Il terzo motivo di ricorso è fondato.

L’intervenuta remissione di querela accettata dall’imputato determina, ai sensi dell’art. 152 c.p. l’estinzione del reato.

In presenza di una causa estintiva del reato, il giudice è legittimato a pronunciare sentenza di assoluzione a norma dell’art. 129 c.p.p. solo nei casi in cui le circostanze idonee ad escludere l’esistenza del fatto, la sua rilevanza penale e la non commissione del medesimo da parte dell’imputato emergano dagli atti in modo assolutamente non contestabile; tanto che la valutazione da compiersi in proposito appartiene più al concetto di "constatazione" che a quello di "apprezzamento". Ed invero il concetto di "evidenza", richiesto dall’art. 129 c.p.p., comma 2, presuppone la manifestazione di una verità processuale così chiara ed obiettiva, che renda superflua ogni dimostrazione, concretizzandosi così in qualcosa di più di quanto la legge richiede per l’assoluzione ampia, oltre la correlazione ad un accertamento immediato. Ne consegue che gli atti dai quali può essere desunta la sussistenza della "causa più favorevole" sono costituiti unicamente dalla stessa sentenza impugnata, in conformità ai limiti di deducibilità del vizio di mancanza o manifesta illogicità della motivazione, ai sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e). (Cass. Sez. 6A sent. n. 31463 del 8.6.2004 dep. 16.7.2004 rv 229275).

Nel caso in esame tale evidenza non sussiste dal momento che è controversa l’interpretazione della convenzione intercorsa tra B. e Br..

La decisione assunta rende superfluo l’esame dei primo e del secondo motivo di ricorso.

Le spese devono essere poste a carico del querelato, come da verbale di accettazione della remissione di querela.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perchè il reato è estinto per remissione di querela e condanna B.A. al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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