T.A.R. Lazio Roma Sez. II ter, Sent., 01-12-2011, n. 9469

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Il ricorrente ha ricevuto, in data 27.7.2010, da parte del segretario comunale la nota di cui al prot. n. 9409 con la quale gli è stato intimato di rendere chiarimenti in ordine alla sua presenza il giorno 10 luglio 2010 alle ore 10.30, durante lo stato di malattia, in via Pio XII, dinanzi alla pasticceria Bonuglia; con la successiva nota di cui al prot. n. R.D.P. 45 del 29.7.2010 gli è stata fatta la contestazione relativa alla presenza sul territorio comunale durante la fascia di reperibilità nonostante lo stato di malattia.

Con la successiva nota di cui al prot. n. 12080 del 24.9.2010 gli è stata comminata la sanzione disciplinare della sospensione dal servizio con privazione della retribuzione per 5 giorni, dandosi atto nelle premesse che risulterebbe all’ufficio, da sommarie informazioni assunte, la sua presenza nel giorno in contestazione, alle ore 10.30, durante lo stato di malattia, in via Pio XII, dinanzi alla pasticceria Bonuglia con altre persone.

Il ricorrente ha quindi presentato, in data 11.10.2010, con la nota di cui al prot. n. 12753, istanza di accesso a tutta la documentazione concernente la vicenda di cui trattasi ed in possesso dell’amministrazione comunale, cui questa ha dato riscontro con la consegna di copia dell’esposto inviato al segretario generale; copia nella quale, tuttavia, erano state eliminate alcune parti, presumibilmente riguardanti la data, il nominativo e la sottoscrizione dell’autore della segnalazione nonché il protocollo del ricevimento dell’esposto.

Con la successiva istanza di cui al prot. n. 140731 del 10.11.2011 il ricorrente ha insistito per avere copia integrale della richiesta documentazione, che è stata negativamente riscontrata dal segretario comunale con la nota di cui al prot. n. 15392 del 7.12.2010.

Il ricorrente, allora, ha promosso, in data 10.12.2010, il ricorso al difensore civico competente per territorio, insediato presso la Provincia di Roma, il quale, dopo avere disposto un’integrazione documentale, vi ha dato riscontro con la nota di cui al prot. n. 0201604 del 22.12.2010, con la quale ha sollecitato l’amministrazione comunale a riesaminare il proprio diniego, tenuto conto dell’esigenza del ricorrente di fare eventualmente valere le proprie ragioni in sede penale con la presentazione di una apposita querela per calunnia nei confronti della persona che aveva reso le indicate sommarie informazioni relative alla sua presenza nel giorno, nel luogo e nell’ora indicata.

Quindi, con la nota del 7.3.2011, il difensore civico ha comunicato l’esito definitivo del procedimento, inoltrando al ricorrente la nota del comune di cui al prot. n. 1419 del 2.2.2011, con la quale è stato confermato il diniego.

Con il ricorso in trattazione il ricorrente ha insistito per l’esibizione integrale della documentazione indicata con particolare riguardo alle generalità dell’autore dell’esposto in questione, evidenziando l’interesse a conoscerne l’identità, da un lato, ai fini dell’eventuale presentazione di una querela per calunnia e, dall’altro, ai fini difensivi in sede di impugnazione della sanzione disciplinare dinanzi al giudice del lavoro: in entrambi i casi – sottolinea il ricorrente – l’interesse è connesso alla propria tutela giurisdizionale.

Il comune si è costituito in giudizio in data 10.6.2011 con comparsa di mera forma, allegando documentazione concernente la vicenda di cui trattasi e, con la successiva memoria del 27.6.2011, ha, in via preliminare, dedotto la tardività del ricorso, notificato in data 6.4.2011, in quanto il ricorso al difensore civico sarebbe stato notificato dopo il decorso del termine di legge di 30 giorni e la nota del difensore del 7.3.2011 sarebbe una mera conferma del diniego già in precedenza espresso da parte dell’amministrazione comunale al riguardo, mentre la nota comunale del 2.2.2011 sarebbe già stata tempestivamente notificata al ricorrente in proprio ed al suo difensore; nel merito, ha sostenuto l’infondatezza del ricorso, con la richiesta di rigetto dello stesso.

Con la successiva memoria del 12.7.2011 il ricorrente ha controdedotto alle eccezioni preliminari in rito formulate da parte della difesa dell’amministrazione comunale e ha insistito per l’accoglimento nel merito del ricorso.

Con il successivo ricorso per motivi aggiunti, notificato in data 30.7.2011 e depositato in data 16.9.2011, il ricorrente ha ulteriormente dedotto l’illegittimità dell’operato dell’amministrazione, essendo venuto a conoscenza soltanto nelle more del presente giudizio – in data 11.7.2011, a seguito del deposito documentale – che il comune aveva ricevuto da parte del difensore civico l’invito a consentire l’accesso già in data 28.12.2010. Di conseguenza, si sostiene, ai sensi del comma 4 dell’articolo 25 della legge n. 241 del 1990 (nella parte in cui dispone che "… entro trenta giorni dal ricevimento della comunicazione del difensore civico.. l’accesso è consentito…") alla data del 2.2.2011, quando il comune ha dato formalmente riscontro alla nota del difensore civico, si sarebbe oramai già costituito il diritto del ricorrente ad ottenere il richiesto accesso, essendo decorso il relativo termine.

Con la successiva memoria del 16.9.2011 il comune ha dedotto la tardività delle note di udienza del 12.7.2011 delle quali ha chiesto lo stralcio nonché la tardività del ricorso per motivi aggiunti ed ha insistito nelle censure tutte di cui alla memoria di costituzione in giudizio ai fini del rigetto del ricorso.

Con l’ultima memoria del 24.9.2011 il ricorrente ha ulteriormente controdedotto alle eccezioni preliminari in rito, insistendo per l’accoglimento dei ricorsi.

Alla camera di consiglio del 5.10.2011 il ricorso è stato trattenuto per la decisione alla presenza degli avvocati delle parti come da separato verbale di causa.

Il ricorso è fondato nel merito per le considerazioni che seguono.

L’articolo 25 della legge 7 agosto 1990, n. 241, rubricato " Modalità di esercizio del diritto di accesso e ricorsi", dispone testualmente al comma 4, che "4. Decorsi inutilmente trenta giorni dalla richiesta, questa si intende respinta. In caso di diniego dell’accesso, espresso o tacito, o di differimento dello stesso ai sensi dell’ articolo 24, comma 4, il richiedente può presentare ricorso al tribunale amministrativo regionale ai sensi del comma 5, ovvero chiedere, nello stesso termine e nei confronti degli atti delle amministrazioni comunali, provinciali e regionali, al difensore civico competente per ambito territoriale, ove costituito, che sia riesaminata la suddetta determinazione. Qualora tale organo non sia stato istituito, la competenza è attribuita al difensore civico competente per l’ambito territoriale immediatamente superiore….Il difensore civico o la Commissione per l’accesso si pronunciano entro trenta giorni dalla presentazione dell’istanza. Scaduto infruttuosamente tale termine, il ricorso si intende respinto. Se il difensore civico o la Commissione per l’accesso ritengono illegittimo il diniego o il differimento, ne informano il richiedente e lo comunicano all’autorità disponente. Se questa non emana il provvedimento confermativo motivato entro trenta giorni dal ricevimento della comunicazione del difensore civico o della Commissione, l’accesso è consentito. Qualora il richiedente l’accesso si sia rivolto al difensore civico o alla Commissione, il termine di cui al comma 5 decorre dalla data di ricevimento, da parte del richiedente, dell’esito della sua istanza al difensore civico o alla Commissione stessa…..".

L’amministrazione comunale ha dedotto l’irricevibilità del ricorso sotto un duplice profilo.

Con una prima eccezione ha dedotto la tardività del ricorso al difensore civico avverso il diniego implicito all’accesso, in quanto proposto in data 10.12.2010 e, quindi, un giorno dopo la scadenza del termine di 30 giorni che decorrerebbe, nel caso di specie, dal 9.11.2011, data in cui, secondo la stessa esposizione in fatto del ricorso, l’interessato avrebbe ricevuto l’esposto di cui trattasi con le contestate mascherature.

L’eccezione non merita condivisione; ed infatti dall’esame della documentazione versata in atti dalle parti del giudizio, emerge che l’istanza del ricorrente per l’accesso alla documentazione amministrativa di cui trattasi è stata inoltrata all’amministrazione comunale in data 11.10.2010, con la conseguenza che la scadenza dei 30 giorni per la formazione del diniego implicito deve ritenersi intervenuta il giorno 10.11.2010 e la scadenza dell’ulteriore termine di 30 giorni per l’impugnazione del diniego implicito deve ritenersi intervenuta il giorno 10.12.2010, data nella quale è stato presentato effettivamente l’esposto al difensore.

La circostanza che nel ricorso introduttivo il ricorrente dichiari di avere ricevuto l’esposto mascherato in data 9.11.2011 non appare dirimente ai fini dell’individuazione del termine di impugnazione del diniego parziale, atteso che lo stesso ricorrente, nei successivi scritti difensivi, ha dichiarato ed ulteriormente ribadito che trattavasi di un mero errore materiale e che invece il ricevimento dell’atto era intervenuto alla diversa data del 10.11.2011, rispetto alla quale, invece, il ricorso risulta essere stato tempestivamente notificato, mentre l’amministrazione che deduce la tardività – e sulla quale incombe l’onere di fornirne la relativa prova – non ha portato ulteriori elementi a conferma delle proprie deduzioni.

Con una seconda eccezione preliminare è stata dedotta l’irricevibilità del ricorso in trattazione per la tardività della notificazione, atteso che i 30 giorni per l’impugnazione del diniego all’accesso decorrerebbero dal 2.2.2011, data di adozione e comunicazione da parte dell’amministrazione al ricorrente della conferma del diniego all’accesso e non, invece, dal 7.3.2011, ossia dalla data della comunicazione al ricorrente della predetta nota da parte del difensore civico.

Anche questa eccezione non coglie nel segno.

Va rilevato infatti, da un lato, che l’articolo 25, comma 4, della legge n. 241 del 1990 dispone al riguardo che "… Qualora il richiedente l’accesso si sia rivolto al difensore civico o alla Commissione, il termine di cui al comma 5 decorre dalla data di ricevimento, da parte del richiedente, dell’esito della sua istanza al difensore civico…" e, nel caso di specie, il detto ricevimento è avvenuto in data 7.3.2011.

Va rilevato, dall’altro, che la richiamata nota del 2.2.2011 – nella quale il comune ha menzionato l’allegazione di ulteriore documentazione concernente la vicenda, dando atto di essere a disposizione per ogni eventuale ulteriore chiarimento ritenuto necessario, così attribuendo all’atto anche una valenza di natura interlocutoria – è stata, comunque, notificata al ricorrente per conoscenza essendo, invece, formalmente indirizzata al solo difensore civico.

Entrambe le predette circostanze consentono di escludere che possa fondatamente sostenersi la tardività nella notificazione del ricorso introduttivo.

Nel merito valgono, poi, le ulteriori considerazioni che seguono.

Va preliminarmente osservato che il diritto di accesso – che rappresenta la regola, mentre, l’impedimento al suo esercizio, l’eccezione – costituisce principio generale dell’attività amministrativa in ragione delle sue rilevanti finalità di interesse pubblico, tanto da essere ricondotto tra i livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che, in base all’articolo 117, comma 2, lettera m), della Costituzione spetta alla potestà legislativa esclusiva dello Stato garantire uniformemente su tutto il territorio nazionale.

Quindi, sempre in linea di principio, il diritto di accesso ai documenti amministrativi riconosciuto dagli articoli 22 e seguenti della legge 7 agosto 1990, n. 241, prevale su eventuali esigenze di riservatezza dei terzi ogniqualvolta l’accesso venga in rilievo per la cura o la difesa di interessi giuridici del richiedente e, in tal senso, il diritto ad accedere ai documenti sussiste anche in relazione a dati particolarmente sensibili, allorché preordinato alla tutela giudiziale di interessi di pari dignità costituzionalmente tutelati.

In particolare l’articolo 22 della legge n. 241 del 1990, ai commi 2 e 3, precisa che "l’accesso ai documenti amministrativi, attese le sue rilevanti finalità di pubblico interesse, costituisce principio generale dell’attività amministrativa al fine di favorire la partecipazione e di assicurarne l’imparzialità e la trasparenza, ed attiene ai livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale…", e che "tutti i documenti amministrativi sono accessibili, ad eccezione di quelli indicati all’articolo 24, commi 1, 2, 3, 5 e 6".

In precedenza, e cioè prima delle recenti modifiche normative, l’articolo 24 prevedeva, al comma 4, l’obbligo per le singole amministrazioni "di individuare, con uno o più regolamenti…, le categorie di documenti da esse formati o comunque rientranti nella loro disponibilità sottratti all’accesso per le esigenze di cui al comma 2", tra le quali era compresa, alla lett. d), quella di salvaguardare "la riservatezza di terzi, persone, gruppi ed imprese, garantendo peraltro agli interessati la visione degli atti relativi ai procedimenti amministrativi, la cui conoscenza sia necessaria per curare o per difendere i loro interessi giuridici".

Il nuovo testo dell’articolo 24, come sostituito dall’articolo 16 della legge 11 febbraio 2005, n. 15, al comma 1, esclude il diritto di accesso solo:

a) per i documenti coperti da segreto di Stato, e nei casi di segreto o di divieto di divulgazione espressamente previsti dalla legge, dal regolamento governativo di cui al comma 6 e dalle pubbliche amministrazioni ai sensi del comma 2;

b) nei procedimenti tributari;

c) nei confronti dell’attività della pubblica amministrazione diretta all’emanazione di atti normativi, amministrativi generali, di pianificazione e di programmazione;

d) nei procedimenti selettivi, nei confronti dei documenti amministrativi contenenti informazioni di carattere psicoattitudinale relativi a terzi.

In definitiva, con specifico riferimento ai rapporti tra diritto di accesso e tutela della riservatezza, la nuova disciplina contenuta nell’articolo 24 della legge n. 241 del 1990, come sostituito dall’articolo 16 della legge 15 del 2005, appresta al primo una tutela più ampia che in passato, sotto due distinti profili.

Innanzitutto, l’individuazione dei casi in cui l’accesso può essere escluso per ragioni, tra l’altro, di riservatezza, può aver luogo solo con il regolamento governativo (comma 6, lett. d), mentre alle singole amministrazioni viene sottratta ogni potestà d’intervento in materia.

In secondo luogo, mentre nell’originaria versione dell’articolo 24, secondo quanto prevedeva il comma 2, lettera d), l’accesso a documenti riservati era limitato alla sola "visione" degli atti amministrativi necessari alla cura dei propri interessi, nell’attuale versione dell’articolo 24, tale previsione è stata sostituita dal nuovo comma 7, ai sensi del quale "deve comunque essere garantito ai richiedenti l’accesso ai documenti amministrativi la cui conoscenza sia necessaria per curare o per difendere i propri interessi giuridici".

In sostanza, la tutela dell’istante, prima limitata alla visione degli atti, viene ora estesa all’onnicomprensivo concetto di "accesso" che – secondo la definizione contenuta nell’articolo 22, comma 1, lettera a) della legge n. 241 del 1990 – include sia la visione degli atti che l’estrazione di copia.

Per quanto riguarda i rapporti fra diritto all’accesso e tutela della privacy lo stesso comma 7 aggiunge che l’accesso, sebbene solo "neilimiti in cui sia strettamente indispensabile", è consentito anche "nel caso di documenti contenenti dati sensibili e giudiziari", ed anche "in caso di dati idonei a rivelare lo stato di salute e la vita sessuale", in quest’ultimo caso "nei termini previsti dall’articolo 60 del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196" (sul punto si veda TAR Marche, I, n. 10/2009 e TAR Catania, IV, n. 715/2008).

Inoltre l’articolo 59 del medesimo D. Lgs.vo n. 196 del 2003, concernente proprio l’accesso a documenti amministrativi", dispone che "fatto salvo quanto previsto dall’articolo 60, i presupposti, le modalità, i limiti per l’esercizio del diritto di accesso a documenti amministrativi contenenti dati personali, e la relativa tutela giurisdizionale, restano disciplinati dalla legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni e dalle altre disposizioni di legge in materia, nonché dai relativi regolamenti di attuazione, anche per ciò che concerne i tipi di dati sensibili e giudiziari e le operazioni di trattamento eseguibili in esecuzione di una richiesta di accesso. Le attività finalizzate all’applicazione di tale disciplina si considerano di rilevante interesse pubblico".

Alla stregua di quanto sopra nel caso di specie sussistono i presupposti per l’esercizio del diritto di accesso in relazione all’esposto presentato nei suoi confronti; ed infatti, se da un lato, "La qualità di autore di un esposto al quale abbia fatto seguito un procedimento disciplinare a carico di terzi è circostanza idonea, unitamente ad altri elementi, a radicare nell’autore del medesimo la titolarità di una situazione giuridicamente rilevante ai sensi dell’art. 22, l. n. 241 del 7 agosto 1990, che lo legittimi a richiedere l’accesso agli atti del procedimento disciplinare che dall’esposto ha tratto origine." (cfr. da ultimo, nei termini, T.A.R. Sardegna Cagliari, sez. I, 10 giugno 2010, n. 1435 e T.A.R. Lombardia Milano, sez. III, 06 aprile 2009, n. 3160), dall’altro, "… gli atti di un procedimento disciplinare ed in particolare l’esposto che ha dato origine allo stesso, non rientrano tra quelli esclusi dall’accesso, di cui al tassativo elenco del nuovo testo dell’articolo 24, della legge 7 agosto 1990, n. 241, come sostituito dall’articolo 16 della legge 11 febbraio 2005, n. 15; d’altra parte, il diritto di accesso deve essere comunque consentito, nei limiti in cui sia strettamente indispensabile, anche nei confronti di atti contenenti dati idonei a rivelare dati personali riservati ovvero dati c.d. "supersensibili", nel caso in cui il richiedente abbia motivato l’istanza ostensiva con la necessità di tutelare e difendere i suoi interessi giuridici, nel rispetto della riservatezza dei terzi, secondo le modalità e termini previsti dall’articolo 60, d.lgs. 30 giugno 2003, n. 196." (cfr. nei termini, da ultimo, T.A.R. Emilia RomagnaBologna, sez. II, 02 febbraio 2010, n. 633 e T.A.R. VenetoVenezia, sez. I, 03 luglio 2002, n. 3259).

Da quanto esposto, a prescindere da ogni altra considerazione al riguardo, il ricorso introduttivo del presente giudizio merita accoglimento nel merito in quanto fondato; si prescinde, pertanto, dalle ulteriori considerazioni preliminari di cui agli scritti difensivi delle parti concernenti, da un lato, l’eventuale stralcio di atti difensivi asseritamente depositati fuori dei termini di legge e, dall’altro, la tempestività e l’ammissibilità dei motivi aggiunti proposti, che diventano non rilevanti ai fini della decisione alla luce delle considerazioni di cui in precedenza.

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo che segue.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda Ter), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, ordina al Comune di Cave di consentire al ricorrente l’accesso documentale richiesto con la consegna di copia dell’esposto di cui trattasi nella sua forma completa e priva di cancellature o mascherature nel termine di 30 giorni decorrenti dalla comunicazione in via amministrativa o dalla notificazione a cura di parte della presente sentenza.

Condanna il Comune di Cave al pagamento in favore del ricorrente delle spese del presente giudizio che si liquidano in complessivi euro 1.000,00 oltre Iva e CPA.

Contributo unificato refuso.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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