Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 02-05-2012, n. 6648 Appello

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il Tribunale di Potenza accoglieva solo parzialmente la domanda proposta da R.R., diretta ad ottenere la condanna della Equitalia Basilicata s.p.a. al risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali conseguenti l’illegittimo licenziamento intimatole ed alla declaratoria di nullità ovvero all’annullamento di quest’ultimo.

Con sentenza depositata il 9 giugno 2010, la Corte d’appello di Potenza dichiarava improcedibile l’appello principale proposto da R.R. il 20 ottobre 2008 per mancata notifica del ricorso, ed inefficace il gravame incidentale proposto dalla società Equitalia Basilicata.

Per la cassazione di tale sentenza propone ricorso la R., affidato ad unico motivo.

Resiste la società Equitalia con controricorso, poi illustrato con memoria.

Motivi della decisione

1. La ricorrente denuncia la violazione degli artt. 134, 135, 136 e 170 c.p.c. relativamente alla mancata notificazione o comunicazione del decreto presidenziale di fissazione della prima udienza dinanzi alla corte d’appello.

Ne conseguiva, ad avviso della ricorrente, che pur aderendo all’orientamento di questa S.C. circa l’improcedibilità, nel rito del lavoro, dell’appello in caso di mancata notifica del ricorso (Cass. sez. un. 30 luglio 2008 n. 20604), nella specie ciò era per un verso dipeso dalla mancata comunicazione del decreto presidenziale ex art. 435 c.p.c., d’altro canto essa ricorrente non aveva chiesto alcun differimento dell’udienza per effettuare la notifica (ipotesi a suo avviso unicamente esaminata dalla menzionata sentenza di questa Corte con riferimento al principio della ragionevole durata del processo), posto che tale udienza venne rinviata d’ufficio, essendovi stata istanza di astensione di uno dei componenti del Collegio.

Lamentava sostanzialmente l’inapplicabilità del principio stabilito dalla citata sentenza n. 20604 del 2008 di questa Corte, per essere stata l’udienza fissata ex art. 435 c.p.c. rinviata d’ufficio, sicchè non sussisteva alcun ritardo o dilazione del processo imputabile alla parte.

2. Il ricorso è infondato.

Il principio affermato da questa Corte con la menzionata sentenza a sezioni unite, secondo cui nel rito del lavoro l’appello, pur tempestivamente proposto (con il deposito del ricorso nel termine previsto dalla legge), è improcedibile ove la notificazione del ricorso depositato e del decreto di fissazione dell’udienza non sia avvenuta (non essendo consentito – alla stregua di un’interpretazione costituzionalmente orientata imposta dal principio della ragionevole durata del processo "ex" art. 111 Cost., comma 2 – al giudice di assegnare, ex art. 421 c.p.c., all’appellante un termine perentorio per provvedere ad una nuova notifica a norma dell’art. 291 cod. proc. civ.), risulta assolutamente consolidato (Cass. 23 gennaio 2009 n. 1721; Cass. 13 maggio 2010 n. 11600; Cass. ord. 30 aprile 2011 n. 9597) ed attiene ad un inderogabile interesse di ordine pubblico processuale. Esso pertanto non risulta scalfito dalla circostanza che l’udienza fissata (in epoca ampiamente successiva all’overruling processuale costituito dalla sentenza n, 20604 del 2008, cfr. in argomento Cass. sez. un. n. 15144 del 2011) sia, per qualunque ragione, rinviata, dovendo altrimenti inammissibilmente ammettersi che l’appellante possa, nell’eventualità che l’udienza fissata ex art. 435 c.p.c. venga rinviata, non procedere alla notifica del gravame, in contrasto col principio di carattere pubblicistico processuale di cui sopra.

3. Discorso diverso riguarda invece la mancata comunicazione del decreto presidenziale, adempimento certamente obbligatorio a seguito della sentenza n. 15 del 1977 della Corte Costituzionale e che solo è idoneo ad impedire l’effetto preclusivo del giudicato conseguente al tempestivo deposito del ricorso in appello presso la cancelleria ex plurimis, Cass. 23 febbraio 1994 n. 1807).

Di tale circostanza tuttavia la ricorrente non indica alcuna prova, nè deduce da quale documento od elemento processuale essa debba evincersi, in contrasto col principio di autosufficienza del ricorso (Cass. sez. un. 3 novembre 2011 n. 22726; Cass. ord. 30 luglio 2010 n. 17915), risultando peraltro il contrario dalla sentenza impugnata ove è accertato che il decreto presidenziale venne "ritualmente comunicato a parte ricorrente" e che quest’ultima comparve all’udienza originariamente fissata (pag. 5 sentenza impugnata).

4. Il ricorso deve in definitiva rigettarsi.

Le spese di causa seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in Euro 40,00 per esborsi, Euro 2.500,00 per onorari, oltre spese generali, i.v.a. e c.p.a..

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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