Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 11-10-2011) 28-10-2011, n. 39149

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

In data 7 giugno 2010 la Corte d’appello di Bari ha interamente confermato la condanna inflitta a C.N. dal Tribunale di Foggia, con sentenza del 23 novembre 2001, per il reato di riciclaggio di una autovettura di provenienza illecita.

Avverso tale pronuncia, il C. propone ricorso per cassazione, allegando tre motivi.

Col primo motivo di ricorso, l’imputato si duole della inutilizzabilità delle deposizioni rese dal teste D.N.M., ascoltato senza le garanzie difensive di cui all’art. 210 c.p.p. sebbene al momento della deposizione egli fosse indagato per la ricettazione della medesima autovettura, la soppressione delle targhe e la contraffazione del numero di telaio.

La seconda doglianza, strettamente collegata al prima, riguarda la mancata rinnovazione dell’audizione testimoniale del D.N., richiesta sia in primo grado che con l’atto di appello.

Infine, la sentenza di appello è censurata anche per travisamento dei fatti, con particolare riguardo alla ritenuta partecipazione dell’imputato al "taroccaggio" del veicolo; fatto che la corte territoriale avrebbe dovuto invece escludere, ritenendo inattendibile il teste D.N. in considerazione delle contraddizioni fra la sua deposizione testimoniale e quanto dichiarato ai carabinieri di Candela in data 26 luglio 1996.

Il ricorso è inammissibile.

In ordine alla prima censura, va ricordato che "in caso di violazione delle disposizioni di cui all’art. 210 c.p.p. nell’esame di persona indagata o imputata in un procedimento connesso, non si determina la inutilizzabilità delle dichiarazioni nel procedimento principale, ma una nullità a regime intermedio, ai sensi dell’art. 180 c.p.p., che non può essere eccepita dall’imputato del procedimento principale per assenza di interesse all’osservanza della disposizione violata" (Cass. 11/06/2004 n. 38748; Cass. 11/02/2010 n. 8082). L’eccezione, peraltro proposta per la prima volta in grado d’appello, non solo è destituita di fondamento, ma anche proviene da soggetto non legittimato.

Del resto, non residua alcun dubbio circa l’idoneità del D.N. a deporre nel processo, in quanto non sussiste alcuna incompatibilità ad assumere l’ufficio di testimone per la persona già indagata in procedimento connesso ai sensi dell’art. 12 c.p.p., comma 1, lett. c), o per reato probatoriamente collegato, definito con provvedimento di archiviazione (Cass. sez. un. 17 dicembre 2009, n. 12067/2010). Infatti, la disciplina limitativa della capacità di testimoniare prevista dall’art. 197 c.p.p., comma 1, lett. a) e b), artt. 197 bis e 210 c.p.p. si applica solo all’imputato, al quale è equiparata la persona indagata nonchè il soggetto già imputato, salvo che sia stato irrevocabilmente prosciolto per non aver commesso il fatto, nel qual caso non trovano applicazione i commi terzo e sesto dell’art. 197 bis c.p.p..

Parimenti inammissibile è il secondo motivo, relativo all’omessa motivazione sul rigetto della istanza di rinnovazione dell’attività istruttoria, con particolare riferimento alla deposizione del D. N.. Ed infatti, il giudice d’appello ha l’obbligo di motivare espressamente sulla richiesta di rinnovazione del dibattimento solo nel caso di suo accoglimento, laddove, ove ritenga di respingerla, può anche motivarne implicitamente il rigetto, evidenziando la sussistenza di elementi sufficienti ad affermare o negare la responsabilità del reo (Cass. 07/04/2010 n. 24294).

Le ragioni poste a fondamento del terzo motivo di ricorso non prospettato, a dispetto del nomen iuris, un vero e proprio travisamento del fatto, bensì una lettura alternativa dei dati processuali, peraltro poggiata su un pregiudizio di inattendibilità del teste D.N.. Si tratta, quindi, di censure di merito che non possono trovare ingresso in questa sede.

Il ricorso è quindi inammissibile.

Potendosi ravvisare profili di colpa nell’inammissibilità del ricorso, l’imputato va condannato al pagamento di una sanzione a favore della Cassa delle ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 alla Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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