Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 10-10-2011) 28-10-2011, n. 39230

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Sull’appello proposto, tra gli altri, da L.G.R. A. ed E.C.O.F. avverso la sentenza del GUP presso il Tribunale di Roma in data 10-12-2009 che, all’esito di giudizio abbreviato, li aveva dichiarati colpevoli del reato di concorso in importazione, trasporto e detenzione a fine di spaccio di Kg. 4,00 circa di cocaina, con la aggravante dell’ingente quantitativo e, con la concessione delle attenuanti generiche equivalenti alla contestata aggravante D.P.R. n. 309 del 1990, ex art. 80, nonchè con la diminuente per il rito, aveva condannato ciascuno alla pena di anni sei e mesi otto di reclusione ed Euro 100.000 di multa, con pene accessorie dell’interdizione perpetua dal pp.uu. nonchè, durante detta pena, dell’interdizione legale e della sospensione dell’esercizio della potestà di genitore, la Corte di Appello di Roma, con sentenza in data 17-9-2010, confermava il giudizio di 1^ grado, ribadendo la comprovata responsabilità degli imputati in ordine al reato ascritto loro, anche in relazione alla correttezza della contestata aggravante dell’ingente quantità di droga, oggettivamente sussistente e la "più che equa" misura del trattamento sanzionatorio.

Avverso detta sentenza entrambi gli imputati hanno proposto ricorso per cassazione, deducendo a rispettivi motivi di gravame, a mezzo dei propri difensori: L.:

1) Violazione dell’art. 606 comma 1, lett. c) in relazione all’art. 34 c.p.p., per incompatibilità di uno dei componenti il collegio giudicante della Corte territoriale capitolina (in persona del Dr. A. R.)che in data 3-6-010, in funzione di GIP presso il Tribunale di Roma, aveva emesso a carico del ricorrente un’ordinanza di custodia cautelare in carcere per fatti oggetto di procedimento connesso a quelle oggi in esame, così valutando gli stessi atti a supporto di tale procedimento;

2) Erronea applicazione della legge penale e difetta di motivazione la merito alla ritenuta sussistenza dell’aggravante dell’ingente quantità di droga D.P.R. n. 309 del 1990, ex art. 80, apoditticamente riferita ad un dato meramente quantitativo, a prescindere dalle pronunce al riguardo di questa Corte di legittimità, peraltro non vincolanti nel merito;

3) Difetto di motivazione in relazione alla quantificazione della pena, con indimostrato ruolo del ricorrente anche in punto di parametri utili a stabilire il quantitativo di stupefacente oggettivamente trasportabile da ciascun corriere;

4) Omessa motivazione in riferimento alla pena accessoria della sospensione dell’esercizio della potestà genitoriale per tutta la durata della pena, atteso che l’art. 32 c.p., comma 3, non comporta l’automatismo di tale pena accessoria in sede di condanna;

E.:

I) Nullità della sentenza per violazione dell’art. 606 c.p.p., lett. b), in relazione alla violazione dell’art. 34 c.p.p., n. 2 bis, posto che il GIP del Tribunale di Roma (in persona del Dr. R.A.), in data 3-6-2010, ha emesso un’ordinanza cautelare in carcere nei confronti del ricorrente in cui veniva contestato il reato concorrente di cui all’art. 74 D.P.R. cit. con reato fine oggetto del presente procedimento, di guisa che "lo stesso Magistrato si e trovato a valutare l’identico episodio avvenuto in data 27-6-2009, sia nella veste di GIP che in quella di membro del collegio della Corte di Appello romana, che ha emesso la sentenza oggetto del presente ricorso;

2) Violazione dell’art. 606 c.p.p., lett. e), in relazione alla mancata motivazione in ordine alla differenziazione della posizione dei vari imputati nello sviluppo dei fatti contestati, anche tenuto conto dell’ammissione di responsabilità della propria illecita condotta;

3) Violazione dell’art. 606 c.p.p., lett. e), in relazione al difetto di motivazione circa l’asserita presenza di cocaina proveniente da precedenti spedizioni o da altre fonti italiane, con travisamento delle effettive risultanze processuali ed omessa valutazione dei concreti elementi oggettivi realmente presenti in atti a cominciare da quelli di pg;

4) Violazione dell’art. 606 c.p.p., lett. e), per mancanza di motivazione sul riconoscimento dell1aggravante ex art. 80 D.P.R. cit., in assenza di indicazione dei parametri applicati dal giudice del gravame per la valutazione della sussistenza di tale aggravante;

5) Violazione dell’art. 606 c.p.p., lett. b), per erronea interpretazione della legge penale sulla configurabilità dell’aggravante anzidetta, in difetto di caratteri di eccezionalità del dato ponderale giustificante un sensibile inasprimento della pena;

6) Violazione dell’art. 606 c.p.p., lett. e), per mancanza di motivazione circa il denegato ruconoscimento del giudizio di prevalenza delle attenuanti generiche su detta contestata aggravante.

I ricorsi sono infondati e vanno rigettati con la conseguente condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

Ed invero, quanto all’eccezione di cui al motivo sub I) di ciascun ricorso è assorbente il fatto che tale censurata incompatibilità di uno dei componenti il Collegio giudicante della Corte territoriale capitolina la cui sentenza e oggetto dei presenti gravami, può essere fatta utilmente e tempestivamente valere solo tramite il ricorso all’istituto della ricusazione, per il combinato disposto degli artt. 37 comma 1, lett. a) con l’art. 36 comma 1, lett. g) a sua volta espressamente richiamante l’art. 34 c.p.p.. Trattasi di materia di portata eccezionale e, come tale, non oggetto di alcuna interpretazione analogica o estensiva, ma sottoposta a rigorosi vagli formali e sostanziali che ne garantiscano una corretta ed efficace applicazione a tutela di ben possibili (ma non è il caso in esame) tentativi di mera speculazione processuale sulla terzietà dell’organo giudicante nel contesto di una rigorosa osservanza del giusto processo anche in relazione al ruolo e funzione dell’A.G..

I motivi sub 2) del ricorso L. e sub 4) e 5) del ricorso E. sono infondati, posto che la corte territoriale, a conferma dell’argomentato rilievo del giudice di 1^ grado, ha correttamente ribadito la sussistenza della contestata aggravante dell’ingente quantità, anche in relazione al criteri di recente opportunamente tracciati da questa Corte in relazione al dato quantitativo e qualitativo dello stupefacente, fermo restando che, al riguardo, l’impugnata sentenza, nel riportarsi a detti criteri, ha sufficientemente motivato la decisione al riguardo (cfr. fol. 4).

I motivi sub 2) e 3) del ricorso E. sono inammissibili, risolvendosi In censure sostanzialmente in punto di fatto a fronte delle quali, in ogni caso l’impugnata sentenza ha offerto corretta, sufficiente sposta motivazionale (cfr. foll. 2-3.4).

I motivi sub 3) del ricorso L. e quello sub 6) del ricorso E. attengo ad aspetti riservati al potere discrezionale del giudice di merito come tale insindacabile in questa sede di legittimità se, come nella specie, sufficientemente e correttamente motivato (cfr. fol. 4 sentenza impugnata).

Anche il motivo sub 4) del ricorso L. è infondato, posto che l’art. 32, comma 3, testualmente collega alla condanna per un tempo non inferiore ad anni cinque (come nella specie) la pena accessoria anche della sospensione della potestà di genitore, come è agevole rilevare dalla stessa dizione letterale al riguardo "produce, altresì, altresì durante la pena" detta pena accessoria, nell’ambito di una valutazione discrezionale ancorata alla stessa gravità del fatto ed alla pericolosità dell’imputato, come, nella specie, evincibili dagli eloquenti riferimenti al riguardo operati dal giudice di merito di 1^ e 2^ grado.

Alla stregua delle argomentazioni che precedono i ricorsi in esame dono, pertanto, infondati e vanno rigettati con la conseguente condanna dei riscorrenti al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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