Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 05-10-2011) 28-10-2011, n. 39229 Motivazione contraddittoria, insufficiente, mancante

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Assolto in primo grado dall’imputazione di calunnia in danno del maresciallo D.C.V., in relazione al contenuto di una denuncia del 7.7.2003 avverso un rapporto informativo inviato dal sottufficiale al Tribunale di Sorveglianza il 19.3.2003, in risposta ad una richiesta di informazioni dettagliate finalizzate a decisione su misura alternativa alla detenzione, su appello della sola parte civile A.M. è stato riconosciuto dalla Corte d’appello di Bologna responsabile agli effetti civili, con sentenza del 14- 13.4.2010 che lo ha condannato al risarcimento dei danni in favore del D.C., quantificati in complessivi 10.000 Euro, oltre alla rifusione delle spese di difesa sostenute dalla stessa parte civile nei due gradi di giudizio.

2. Ricorre ritualmente nel suo interesse il difensore fiduciario, con quattro motivi:

-1. violazione dell’art. 129 c.p.p. in relazione all’art. 576 c.p.p.:

poichè la sentenza sarebbe stata emessa ai sensi dell’art. 129 c.p.p. (dopo l’esame dei testi d’accusa e di parte civile e prima dell’esame dei testi della difesa dell’imputato, revocato) non sarebbe stata impugnabile dalla parte civile, tale statuizione non rientrando tra quelle considerate dall’art. 576 c.p.p.;

-2. vizi della motivazione e violazione dell’art. 192 c.p.p., perchè l’ A. si sarebbe limitato a rappresentare all’autorità giudiziaria comportamenti del pubblico ufficiale, chiedendo di valutare se costituissero reato, tenuto conto dell’effettiva richiesta del Tribunale di Sorveglianza ai carabinieri e del contenuto della risposta sottoscritta dal D.C., obiettivamente erronea quanto all’indicazione di precedenti penali per reati in materia di stupefacenti, all’omessa indicazione dell’avanzato positivo percorso di studi universitari (concluso con laurea con massimo dei voti il (OMISSIS)) ed alla collaborazione in atto con lo studio legale del professionista che lo rappresenta anche nel ricorso, all’indicazione del familiare proprietario dell’appartamento dove viveva, alla mancata indicazione delle fonti dei rilievi negativi contenuti nella risposta stessa;

-3. violazione di legge e vizi di motivazione in ordine alla ritenuta sussistenza degli elementi oggettivo e soggettivo del reato di calunnia, perchè la Corte distrettuale avrebbe fatto rinvio, per l’elemento oggettivo, ad un’insussistente conforme valutazione del Tribunale e comunque A. si sarebbe limitato ad affermare "semplicemente che il militare dichiarava fatti non corrispondenti alla realtà" (punto 53 ric.), mentre per l’elemento soggettivo avrebbe ignorato la produzione in allegato alla denuncia anche di documenti pregiudizievoli (come il certificato penale) e l’avvenuta contestazione di specifiche affermazioni non corrispondenti al vero riportate nell’informativa, senza indicazione di alcuna circostanza falsa o non veritiera per rendere credibile la propria denuncia e senza attribuzione espressa di alcun reato;

-4. violazione degli artt. 132 ss c.p., in relazione alla "congruità" dei danni liquidati, sproporzionati al contesto, sicchè la disposizione civile sarebbe "illegale ed illegittima".

E’ poi stata depositata memoria.

3. Il ricorso è fondato nei termini che seguono.

Il primo motivo – in ipotesi assorbente – è manifestamente infondato. Come risulta dal dispositivo della sentenza di primo grado (che espressamente richiama l’art. 530 c.p.p.) e dalla stessa narrazione dello svolgimento del relativo grado del giudizio, contenuta nell’atto di ricorso, la sentenza è stata deliberata non prima del dibattimento ma nel corso dello stesso, il richiamo all’art. 129 c.p.p. costituendo solo indicazione della regola di valutazione adottata (arg. ex SU sent. 12283/2005). Sono quindi inconferenti le censure svolte ai sensi dell’art. 469 c.p.p..

Secondo e terzo motivo sono fondati in relazione al punto dell’omessa considerazione, ed anzi del travisamento, da parte della Corte distrettuale, della circostanza che l’ A. aveva allegato alla propria denuncia copia del proprio certificato di casellario giudiziale, dal quale risultavano anche le condanne per reati contro il patrimonio. Nell’argomentazione delle ragioni che l’hanno determinata all’affermazione di responsabilità, infatti, a pag. 10, primo alinea, il Giudice di appello ha riferito che l’ A. non aveva fatto riferimento alle numerose condanne penali definitve, anche per reati in danno del patrimonio e delle persone, il che non corrisponde alla realtà documentale in atti (quale allo stato risulta dall’allegazione della difesa dell’imputato, in ossequio al principio di autosufficienza del ricorso).

E la motivazione pare valorizzare il dato sia quanto all’elemento oggettivo (pag. 10) che quanto all’elemento soggettivo del delitto (pag. 11).

Non compete a questa Corte stabilire quale sia il peso specifico della circostanza dell’allegazione del proprio certificato penale nella deliberazione del processo, perchè ciò costituisce esercizio tipico della cognizione di merito, dalla quale il giudice di legittimità è escluso. Ma ciò che allo stato deve affermarsi è che il dato, proprio perchè in concreto richiamato espressamente nella motivazione di sussistenza sia dell’elemento oggettivo che del dolo di calunnia, non è certamente irrilevante, non potendosene escludere la decisività per la sua intrinseca pregnanza probatoria, rispetto alla specifica contestazione ed al peculiare caso concreto.

Il quarto motivo è assorbito.

Si impone pertanto l’annullamento della sentenza impugnata, con rinvio per nuovo giudizio al giudice civile, ai sensi dell’art. 622 c.p.p..

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata e rinvia al giudice civile competente per valore in grado di appello per nuovo giudizio.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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