Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 06-10-2011) 31-10-2011, n. 39308

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

V.F. ricorre, a mezzo del suo difensore, avverso l’ordinanza 2 marzo 2011 del Tribunale del riesame di Catania che ha confermato l’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa il 1 febbraio 2011 dal G.I.P. presso il Tribunale di Catania, deducendo vizi e violazioni nella motivazione nella decisione impugnata, nei termini critici che verranno ora riassunti e valutati.

1.) la provvisoria imputazione.

V.F. è indagato, per il reato di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 74 e succ. modifiche e L. n. 203 del 1991, art. 7, perchè si associava con altri coindagati allo scopo di commerciare, acquistare, offrire, mettere in vendita o comunque illecitamente detenere sostanza stupefacente del tipo cocaina (capo F) e del delitto di cui agli artt. 81 e 110 c.p. e D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73 e L. n. 203 del 1991, art. 7 perchè, in concorso con altri coindagati, con azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, trasportavano, vendevano, commerciavano, acquistavano, ricevevano o comunque detenevano illecitamente, al fine di spaccio, sostanza stupefacente del tipo cocaina (capo F1). Con l’aggravante di cui alla L. n. 203 del 1991, art. 7 della per aver commesso il fatto avvalendosi delle condizioni di assoggettamento e di omertà derivanti dall’appartenenza all’associazione mafiosa diretta ed organizzata da C.S., affiliata alla famiglia catanese di "cosa nostra" facente capo a S.B., ed al fine di agevolare la realizzazione delle relative attività illecite (Capo F1), fatto commesso in (OMISSIS) ed altre località fino all'(OMISSIS).

2.) il provvedimento cautelare impugnato.

Il ricorrente è sottoposto alla misura della custodia cautelare in carcere risultandogli ascritti i reati di cui all’art. 74 (capo F) e art. 73 (capo FI) della rubrica del PM..

In sede di riesame il ricorrente, senza articolare motivi specifici legati alla sussistenza della associazione, ha invece contestato l’assenza di indizi gravi atti a supportare la dimostrazione del ruolo partecipativo allo stesso ascritto, evidenziando l’ampio decorso del termine e la circostanza in forza alla quale il V. è da tempo impiegato in una attività lavorativa che gli avrebbe consentito di recidere integralmente i legami con l’ambito criminale nel quale sono maturate le condotte contestate.

L’ordinanza impugnata ha richiamato nella loro totalità tutte le argomentazioni del primo giudice, ribadendo la qualità e lo spessore del quadro indiziario posto a fondamento del titolo custodiate secondo la tesi accusatoria, recepita dal G.I.P. nell’impugnato provvedimento.

Il Tribunale, appunto aderendo alla struttura dell’ordinanza di custodia cautelare, ha posto a fondamento della propria decisione le conversazioni telefoniche ed ambientali registrate nel corso delle indagini relative ad "un’organizzazione criminale di tipo mafioso, operante in (OMISSIS) e facente capo a C.S.", e che aveva tra le sue attività criminali contestate anche il traffico di sostanze stupefacenti, realizzato attraverso la predisposizione di una struttura organizzativa con precisi ruoli e gerarchie.

Secondo il Tribunale il patto associativo non deve necessariamente consistere in un preventivo accordo formale, ma può anche essere non espresso e costituirsi di fatto tra soggetti consapevoli che le attività proprie ed altrui ricevono vicendevolmente ausilio e tutte insieme contribuiscono all’attuazione dello scopo comune".

Sulla base di tale regola, l’ordinanza gravata ha considerato il V. inserito stabilmente all’interno dell’associazione criminale, ritenendo la sua condotta suscettibile di una lettura unitaria all’interno della contestazione associati va, con sussistenza della contestata aggravante della L. n. 152 del 1991, art. 7 ed operatività della presunzione ex art. 275 c.p.p., comma 3, in ogni caso non superabile attesa la qualificata pericolosità sociale del V., e tenuto conto che lo smercio commerciale della droga si è protratto, anche nell’interesse del ricorrente, pur dopo il suo arresto.

In particolare nella motivazione del provvedimento sono enucleate analiticamente le conversazioni intercettate, con spiegazione del loro valore in termini di gravità indiziaria, intercettazioni sia antecedenti che successive all’arresto del V. stesso ed indicative della sua ininterrotta intraneità all’associazione del capo sub F1. 3.) i motivi di impugnazione e le ragioni della decisione della Corte di legittimità.

Con un unico motivo di impugnazione viene dedotta inosservanza ed erronea applicazione della legge, nonchè vizio di motivazione sotto il profilo della violazione delle norme in punto di sussistenza di un’associazione mafiosa.

In particolare si lamenta che il VICARIO sia stato ritenuto persona inserita stabilmente nel sodalizio finalizzato anche alla commissione di reati in tema di stupefacenti, valorizzata impropriamente la circostanza che egli abbia funto da "corriere" in una sola occasione, quella del (OMISSIS), occasione nella quale venne arrestato in compagnia dell’ U.G., mentre rientrava da (OMISSIS), con a bordo dell’autovettura 300 grammi di sostanza stupefacente del tipo cocaina.

Nella specie pertanto era possibile arguire un semplice rapporto di frequentazione con alcuni indagati e l’unico viaggio a (OMISSIS) era finalizzato al personale acquisto di sostanza stupefacente per la quale vi è già stata condanna.

In tale contesto quindi – per il ricorrente – non era desumibile la sussistenza della contestata aggravante ex art. 7, tenuto comunque conto, a sensi dell’art. 274 c.p.p., che dopo la scarcerazione il V. ha creato un proprio nucleo familiare dandosi a stabile lavoro alle dipendenze di un panificio.

In ogni caso il Tribunale avrebbe basato la propria decisione, circa l’intraneità del V. alla associazione, esclusivamente sulla base delle intercettazioni ambientali e telefoniche senza tener conto che queste sono tutte successive all’arresto del V..

Rileva il difensore che per poter considerare sussistente l’associazione criminale sono necessari: la costituzione e la creazione di una struttura permanente dell’associazione, la coscienza e la volontà di far parte dell’associazione e l’utilizzo costante dei mezzi messi a disposizione dall’associazione stessa.

Per il difensore tali tre elementi non risultano dalle intercettazioni: al contrario la figura del V. emergerebbe – come già detto – solo ed esclusivamente in relazione al viaggio milanese dell'(OMISSIS) che ha portato all’arresto del medesimo.

Da ultimo il Tribunale del riesame avrebbe fatto erronea applicazione delle regole fissate dall’art. 274 c.p.p., attesa la condotta irreprensibile del ricorrente dopo l’episodio del (OMISSIS).

Orbene il motivo, in tutte le sue articolazioni, non supera il vaglio della ammissibilità.

Va infatti ribadito che, per consolidata giurisprudenza in materia di misure cautelari personali, la scelta e la valutazione delle fonti di prova rientrano tra i compiti istituzionali del giudice di merito e sfuggono al controllo del giudice di legittimità, laddove come nella specie, esse si propongano come adeguatamente motivate, immuni da errori logico-giuridici.

Invero a tali scelte e valutazioni non può infatti opporsi, laddove appunto esse risultino correttamente motivate, un diverso criterio o una diversa interpretazione, anche se dotati di pari dignità (Cass. Penale sez. 6, 3000/1992, Rv. 192231 Sciortino).

Nella specie il giudice cautelare ha infine diffusamente argomentato, sia sullo stabile inserimento del ricorrente all’interno del sodalizio criminoso, e con i profili psicologici richiesti anche per la sussistenza dell’aggravante ex L. n. 152 del 1991, art. 7; sia sulla ininterrotta "intraneità" del V., valorizzando in termini, non soltanto il ruolo non contestato di "corriere", ma utilizzando tutta una sene di conversazioni intercettate, tutte sinergiche tra loro e supportanti le provvisorie imputazioni.

Quanto ai comportamenti successivi all’episodio del (OMISSIS), essi sono stati considerati dal Tribunale del riesame che li ha ragionevolmente apprezzati come subvalenti rispetto alla rilevata grave circostanza che le condotte illecite, nell’interesse del V., sono proseguite anche dopo la carcerazione del 2007, nel quadro della qualificata sua pericolosità sociale.

Il ricorso quindi va dichiarato inammissibile, attesa la sua palese infondatezza, avuto riguardo alla coerenza logico-giuridica ed adeguatezza della motivazione, quale proposta nella decisione impugnata.

All’inammissibilità del ricorso stesso consegue, ex art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende che si stima equo determinare in Euro 1000,00 (mille). Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle ammende. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.
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