Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 03-05-2012, n. 6673

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza del 6 – 26.5.2010 a Corte d’Appello dell’Aquila rigettò il gravame proposto dalla Barbuscia Immobiliare srl nei confronti dell’Inps, anche quale mandatario della SCCI spa, avverso la pronuncia di prime cure che aveva respinto l’opposizione svolta avverso la cartella esattoriale emessa nei suoi confronti ed avente ad oggetto il recupero delle agevolazioni contributive fruite, per gli anni 1995 – 2001, in relazione agli sgravi riconosciuti dalle leggi italiane per i contratti di formazione e lavoro e, secondo la decisione della Commissione Europea resa in data 11.5.1999, costituenti aiuti di stato non compatibili con il mercato comune. A sostegno del decisum la Corte territoriale ritenne fra l’altro quanto segue:

l’eccezione di decadenza dalla iscrizione a ruolo era infondata perchè il credito era anteriore al 31.12.2003, derivando dalla decisione della Commissione Europea dell’11.5.1999;

il termine di prescrizione era quello decennale ordinariamente previsto dall’art. 2946 c.c.;

l’onere probatorio in ordine alla sussistenza delle condizioni per l’esenzione dal recupero incombeva sulla parte beneficiaria dell’aiuto e, in ogni caso, l’onere della deduzione incombeva su ambedue le parti;

la Società non aveva dedotto specificamente la sussistenza dei presupposti per l’applicazione delle eccezioni all’obbligo di restituzione delle agevolazioni indebitamente percepite;

doveva escludersi la sussistenza di un affidamento giuridicamente tutelabile, in difetto di eccezioni per le quali potesse essere riconosciuta una specifica eccezionalità.

Avverso l’anzidetta sentenza della Corte territoriale, la Barbuscia Immobiliare srl ha proposto ricorso per cassazione fondato su sei motivi.

L’Inps, anche quale mandatario della SCCI spa, ha resistito con controricorso: L’intimata Equitalia Pragma spa non ha svolto attività difensiva.

Motivi della decisione

1. Con il primo motivo la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 46 del 1999, art. 25, comma 1; L. n. 388 del 2000, art. 78; L. n. 289 del 2002, art. 38, comma 8; L. n. 350 del 2003, art. 4, comma 25, in relazione all’art. 269, comma 4, Trattato UE, nonchè vizio di motivazione, per non essere stata riconosciuta la fondatezza dell’eccezione di decadenza dall’iscrizione a ruolo.

Con il secondo motivo la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione della L. n. 335 del 1995, art. 3, anche in relazione alla sentenza della Corte costituzionale n. 125 del 2009, deducendo l’applicabilità alla fattispecie del termine di prescrizione quinquennale di cui alla norma anzidetta.

Con il terzo motivo la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., in relazione agli artt. 1, 2 e 3 della decisione della Commissione dell’11.5.1999 – 2000/128/CE, dolendosi che non fosse stato riconosciuta l’incombenza sull’Istituto previdenziale dell’onere probatorio circa i presupposti dell’azione di recupero.

Con il quarto motivo la ricorrente denuncia vizio di motivazione sempre in ordine all’onere della prova.

Con il quinto motivo la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 414 e 416 c.p.c., nonchè vizio di motivazione, deducendo che, contrariamente a quanto ritenuto dalla Corte territoriale, aveva dedotto e offerto idonea prova della sussistenza dei presupposti per il godimento dell’agevolazione contributiva.

Con il sesto motivo la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 414 e 416 c.p.c., nonchè vizio di motivazione, deducendo il mancato rilievo della mancanza di una specifica contestazione da parte dell’Inps in ordine alle deduzioni relative alla sussistenza dei presupposti per il godimento dell’agevolazione contributiva.

2. Per una migliore comprensione delle vicende antecedenti la presente controversia, giova ricordare quanto segue.

Il 7 maggio 1997 le Autorità italiane notificarono alla Commissione, ai sensi dell’art. 93, n. 3, del Trattato, un progetto di legge relativo ad aiuti di Stato, che, successivamente approvato dal Parlamento, divenne la L. n. 196 del 1997; tale progetto di legge fu iscritto nel registro degli aiuti notificati, sotto il numero n. 338/97.

Sulla base di informazioni trasmesse dalle Autorità italiane, la Commissione esaminò altri regimi di aiuti relativi a tale settore, cioè la L. n. 863 del 1984, L. n. 407 del 1990, L. n. 169 del 1991 e L. n. 451 del 1994; queste leggi, poichè erano già in vigore, vennero iscritte nell’elenco degli aiuti non notificati sotto il numero NN 164/97.

Con lettera 17 agosto 1998, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale delle Comunità Europee (GU C 284, pag. 11), la Commissione informò il Governo italiano della sua decisione di avviare il procedimento previsto dall’art. 93, n. 2, del Trattato nei confronti degli aiuti per l’assunzione mediante contratti formazioni e lavoro a tempo determinato previsti dalla L. n. 863 del 1984, L. n. 407 del 1990, L:

n. 169 del 1991 e L. n. 451 del 1994 e concessi dal novembre 1995;

con la stessa lettera la Commissione informò altresì il Governo italiano della sua decisione di dare corso al medesimo procedimento nei confronti degli aiuti alla trasformazione dei contratti di formazione e lavoro in contratti a tempo indeterminato L. n. 196 del 1997, ex art. 15.

Acquisite le osservazioni del Governo italiano e le ulteriori precisazioni e informazioni richieste, la Commissione, ai termine del procedimento, adottò la propria decisione in data 11.5.1999, notificata alla Repubblica italiana con nota 4 giugno 1999, n. SG(99) D/4068.

Con la suddetta decisione la Commissione stabilì quanto segue: "Art. 1:

1. Gli aiuti illegittimamente concessi dall’Italia, a decorrere dal novembre 1975, per l’assunzione di lavoratori mediante i contratti di formazione e lavoro previsti dalla L. n. 863 del 1984, L. n. 407 del 1990, L. n. 169 del 1991 e L. n. 451 del 1994, sono compatibili con il mercato comune e con l’accordo SEE a condizione che riguardino:

la creazione di nuovi posti di lavoro nell’impresa beneficiaria a favore di lavoratori che non hanno ancora trovato un impiego o che hanno perso l’impiego precedente, nel senso definito dagli orientamenti in materia di aiuti all’occupazione;

– l’assunzione di lavoratori che incontrano difficoltà specifiche ad inserirsi o a reinserirsi nel mercato del lavoro. Ai fini della presente decisione, per lavoratori che incontrano difficoltà specifiche ad inserirsi o a reinserirsi nel mercato del lavoro s’intendono i giovani con meno di 25 anni, i laureati fino a 29 anni compresi, i disoccupati di lunga durata, vale a dire le persone disoccupate da almeno un anno.

2. Gli aiuti concessi per mezzo di contratti di formazione e lavoro che non soddisfano alle condizioni menzionate al paragrafo 1 sono incompatibili con il mercato comune.

Art. 2:

1. Gli aiuti concessi dall’Italia in virtù della L. n. 196 del 1997, art. 15, per la trasformazione di contratti di formazione e lavoro in contratti a tempo indeterminato sono compatibili con il mercato comune e con l’accordo SEE purchè rispettino la condizione della creazione netta di posti di lavoro come definita dagli orientamenti comunitari in materia di aiuti all’occupazione.

Il numero dei dipendenti delle imprese è calcolato al netto dei posti che beneficiano della trasformazione e dei posti creati per mezzo di contratti a tempo determinato o che non garantiscono una certa stabilità dell’impiego.

2. Gli aiuti per la trasformazione di contratti di formazione e lavoro in contratti a tempo indeterminato che non soddisfano la condizione di cui al paragrafo 1 sono incompatibili con il mercato comune.

Art. 3:

L’Italia prende tutti i provvedimenti necessari per recuperare presso i beneficiari gli aiuti che non soddisfano alle condizioni di cui agli artt. 1 e 2 già illegittimamente concessi. Il recupero ha luogo conformemente alle procedure di diritto interno. Le somme da recuperare producono interessi dalla data in cui sono state messe a disposizione dei beneficiari fino a quella del loro recupero effettivo.

Gli interessi sono calcolati sulla base del tasso di riferimento utilizzato per il calcolo dell’equivalente sovvenzione nel quadro degli aiuti a finalità regionale.

Art. 4:

Entro due mesi a decorrere dalla data di notificazione della presente decisione, l’Italia informa la Commissione delle misure adottate per conformatisi.

Art. 5:

La Repubblica italiana è destinataria della presente decisione".

Con sentenza del 7.3.2002 in causa C-310/99, la Corte di Giustizia CE ha respinto il ricorso della Repubblica italiana, depositato il 13.8.1999, diretto a far annullare la decisione della Commissione 11 maggio 1999, 2000/128/CE, relativa al regime di aiuti concessi dall’Italia per interventi a favore dell’occupazione, e, in subordine, a far annullare tale decisione nella misura in cui prevede il recupero delle somme che costituiscono un aiuto incompatibile con il mercato comune.

3. In ordine al primo motivo di ricorso, deve rilevarsi che l’eccezione di decadenza dall’iscrizione a ruolo attiene alla regolarità della cartella esattoriale opposta, costituente un estratto del ruolo, e, come tale, configura un’opposizione agli atti esecutivi ( art. 617 c.p.c.; cfr, Cass., nn. 25757/2008; 18207/2003;

9912/2001).

Secondo il condiviso orientamento interpretativo di questa Corte, nella disciplina della riscossione mediante iscrizione a ruolo, di cui al D.Lgs. n. 46 del 1999, l’opposizione agli atti esecutivi è prevista dall’art. 29, comma 2, che, per la relativa regolamentazione, rinvia alle "forme ordinarie", e non dall’art. 24 dello stesso D.Lgs., che si riferisce, invece, all’opposizione sul merito della pretesa di riscossione, con la conseguenza che l’opposizione agli atti esecutivi prima dell’inizio dell’esecuzione deve proporsi nel termine perentorio (quale previsto dall’art. 617 c.p.c.) dalla notificazione del titolo esecutivo, che, ai sensi del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 49, si identifica nella cartella esattoriale; quest’ultima, infatti, essendo un estratto del ruolo, costituisce titolo esecutivo ai sensi del suddetto D.P.R. n. 602 del 1973, art. 49, come modificato dal D.Lgs. n. 46 del 1999, art. 16 (cfr., Cass., n. 21863/2004). Inoltre la tempestività dell’opposizione agli atti esecutivi deve essere controllata pregiudizialmemte d’ufficio, anche in sede di legittimità, in base alla lettura degli atti (cfr., Cass., nn. 25757/2008; 9912/2001;

11251/1996).

Nella specie risulta dallo stesso ricorso che la cartella esattoriale opposta venne notificata l’8.1.2008 e che il ricorso in opposizione venne depositato il 12.2.2008; non venne quindi osservato il termine perentorio di venti giorni previsto dall’art. 617 c.p.c., con conseguente inammissibilità dell’eccezione su cui si fonda il motivo all’esame.

3.1 Nonostante il carattere assorbente delle osservazioni che precedono, va comunque osservato che, nella specie, non avrebbero potuto trovare applicazione le disposizioni concernenti i termini di decadenza per poter procedere all’iscrizione a ruolo ( D.Lgs. n. 46 del 1999, art. 25).

Infatti l’obbligo di versare i contributi corrispondenti agli sgravi indebitamente fruiti non deriva da un atto di accertamento dell’Inps, bensì direttamente dall’obbligo di pagamento dei contributi medesimi, nella misura intera, per conseguenza della statuita incompatibilità con il mercato comune degli sgravi concessi.

Pertanto, trattandosi di contributi afferenti a periodi anteriori ai 1 gennaio 2004, le disposizioni del ridetto art. 25 non si applicano in base alla disposizione transitoria di cui all’art. 36 del medesimo decreto legislativo, come modificato dalla L. n. 350 del 2003, art. 4. 3.2 Inoltre va considerato che, in ogni caso, l’applicazione di un termine di decadenza, nella presente fattispecie, nella quale l’obbligo del recupero degli aiuti incompatibili con il mercato comune è insorto contestualmente alla decisione della Commissione per tutti gli sgravi in precedenza illegittimamente concessi, si porrebbe in contrasto con il principio di effettività del rimedio, nel senso che tale termine di decadenza renderebbe eccessivamente difficoltoso l’esercizio dei diritti garantiti dall’ordinamento comunitario, onde la normativa nazionale relativa a tale termine di decadenza dovrebbe essere disapplicata (cfr, ex plurimis, Cass., n. 26286/2010).

4. In ordine al termine di prescrizione applicabile alla fattispecie, l’Inps fa riferimento all’art. 15 del regolamento (CE) n. 659/1999 il quale, sotto il titolo "Periodo limite", prevede che:

"1. I poteri della Commissione per quanto riguarda il recupero degli aiuti sono soggetti ad un periodo limite di 10 anni.

2. Il periodo limite inizia il giorno in cui l’aiuto illegittimo viene concesso al beneficiario come aiuto individuale o come aiuto rientrante in un regime di aiuti. Qualsiasi azione intrapresa dalla Commissione o da uno Stato membro, che agisca su richiesta della Commissione, nei confronti dell’aiuto illegittimo interrompe il periodo limite. Ogni interruzione fa ripartire il periodo da zero. Il periodo limite viene sospeso per il tempo in cui la decisione della Commissione è oggetto di un procedimento dinanzi alla Corte di giustizia delle Comunità europee.

3. Ogni aiuto per il quale è scaduto il periodo limite è considerato un aiuto esistente".

Ne deduce l’Istituto l’applicabilità alla fattispecie del termine di prescrizione decennale, richiamando la sentenza del Tribunale CE del 10.4.2003 in causa T-360/00, laddove si afferma (prg. 83) che "Riguardo all’argomento della Scott trattasi della parte privata beneficiaria dell’aiuto secondo il quale le misure adottate dalla Commissione tra il gennaio e l’agosto del 1997 non potevano avere l’effetto d’interrompere il termine di prescrizione in applicazione dell’art. 15 del regolamento n. 659/1999, per il motivo che essa non aveva all’epoca conoscenza di tali misure, si deve osservare che l’art. 15 ha introdotto un termine di prescrizione unico perii recupero di un aiuto che si applica allo stesso modo allo Stato membro interessato, al beneficiario dell’aiuto e ai terzi. Il successivo prg 85 precisa peraltro che "…il solo fatto che la Scott ignorasse l’esistenza delle richieste di informazioni effettuate dalla Commissione alle autorità francesi a partire dal 17 gennaio 1997 non ha come conseguenza di privare le stesse di efficacia giuridica nel confronti della Scott. Pertanto la lettera 17 gennaio 1997, inviata dalla Commissione prima dell’avvio del procedimento amministrativo, con la quale erano richieste informazioni complementari alle autorità francesi, costituisce, in applicazione dell’art. 15 del regolamento n. 659/1999, una misura che interrompe il termine di prescrizione decennale, che nel caso di specie è iniziato a decorrere il 31 agosto 1987, prima della sua scadenza, anche se il ricorrente e la Scott ignoravano all’epoca l’esistenza di una tale corrispondenza". Il suddetto riferimento non appare pertinente, poichè, come del resto evidenziato dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 125 del 22.4.2009:

il precedente art. 14 del medesimo Regolamento, sotto il titolo "Recupero degli aiuti", si riferisce alle iniziative della Commissione e, al comma 3, dispone che "…il recupero va effettuato senza indugio secondo le procedure previste dalla legge dello Stato membro interessato, a condizione che esse consentano l’esecuzione immediata ed effettiva della decisione della Commissione. A tal fine e in caso di procedimento dinanzi ai Tribunali nazionali, gli Stati membri interessati adottano tutte le misure necessarie disponibili nei rispettivi ordinamenti giuridici, comprese le misure provvisorie, fatto salvo il diritto comunitario", cosicchè deve convenirsi che il principio secondo cui le procedure dirette al recupero dell’aiuto incompatibile sono disciplinate dal solo diritto nazionale è espresso in forma molto chiara;

il surricordato art. 15 è parimenti riferito ai poteri della Commissione e, con il richiamo a "qualsiasi azione intrapresa dalla Commissione o da uno Stato membro, che agisca su richiesta della Commissione, nei confronti dell’aiuto illegale", non ha inteso riferirsi alle azioni di recupero avviate nell’ambito degli ordinamenti nazionali, bensì alle iniziative intraprese sempre dalla medesima Commissione, che ben può chiedere informazioni, chiarimenti, indagini agli Stati membri per pervenire alle proprie determinazioni;

anche la giurisprudenza comunitaria (cfr, in particolare, Corte di Giustizia CE del 22.4.2008 in causa C-408/04), nel prendere in esame il "Periodo limite" ed il termine di prescrizione stabilito dall’art. 15 del Regolamento n. 659/1999, ne tratta a proposito de tempo di cui dispone la Commissione per esercitare la sua funzione di controllo della compatibilità dell’aiuto e per la conseguente ingiunzione di recupero allo Stato membro, come chiaramente si evince nei paragrafi 98, 101 e 103. 4.1 Deve invece trovare applicazione la regola, più volte enunciata dalla giurisprudenza comunitaria (cfr, ex plurimis, Corte di Giustizia CE 21.5.1990, C-142/87; Corte di Giustizia CE 20.9.1990, C- 5/89; Corte di Giustizia CE 9.2.1999, C-343/96; Corte di Giustizia CE 20.9.2001, C-390/98; Corte di Giustizia CE 5.10.2006, C-368/04), secondo cui il recupero dell’aiuto deve essere attuato attraverso i mezzi e le procedure vigenti negli Stati membri, con il rispetto dei principi:

di equivalenza, tra quanto è previsto dal diritto comunitario e quanto è previsto per le violazioni del diritto interno;

di effettività del rimedio, nel senso che non deve essere reso impossibile o eccessivamente difficoltoso l’esercizio dei diritti garantiti dall’ordinamento comunitario.

4.2 Secondo la giurisprudenza di questa Corte, sebbene da un punto di vista funzionale gli sgravi contributivi concessi alle aziende concretizzino una sovvenzione pubblica, da un punto di vista giuridico lo strumento adottato è quello della riduzione dell’entità dell’obbligazione contributiva, cosicchè, laddove l’ente previdenziale agisca per il pagamento degli importi corrispondenti agli sgravi illegittimamente applicati, non si versa in tema di ripetizione di indebito oggettivo, dovendosi invece accertare la sussistenza o meno del diritto agli sgravi (cfr, Cass., n. 1756/2001); al contrario di indebito oggettivo può parlarsi nell’ipotesi speculare – ma affatto insussistente nel caso di specie – di mancata fruizione del beneficio concretizzatosi nel pagamento dell’intero importo del debito contributivo e che, come tale, da appunto luogo ad un pagamento indebito per la cifra corrispondente al mancato sgravio (cfr, Cass., n. 7772/1996).

Deve quindi escludersi che il termine di prescrizione per l’esercizio dell’azione di recupero dell’aiuto di Stato illegittimo possa essere ricavato, come reputato nella sentenza impugnata, nell’ambito previsionale dell’indebito oggettivo di cui all’art. 2033 c.c..

4.3 Deve tuttavia del pari escludersi che alla fattispecie all’esame sia applicabile il termine prescrizionale quinquennale di cui alla L. n. 335 del 1995, art. 3, commi 9 e 10, siccome espressamente previsto per il pagamento delle contribuzioni di previdenza e di assistenza sociale, laddove gli aiuti di Stato costituiscono una categoria giuridica dotata di una propria autonomia, tale da determinare, in ipotesi di loro ritenuta contrarietà alla normativa europea, la doverosa reazione recuperatoria da parte degli Stati membri.

Deve infatti osservarsi che, a mente dell’art. 87 (ex 92), comma 1, del Trattato CE "…sono incompatibili con il mercato comune, nella misura in cui incidano sugli scambi tra Stati membri, gli aiuti concessi dagli Stati, ovvero mediante risorse statali, sotto qualsiasi forma che, favorendo talune imprese o talune produzioni, falsino o minaccino di falsare la concorrenza".

L’incompatibilità può dunque riguardare qualsiasi tipo di aiuto, non necessariamente quindi quelli costituiti da sgravi contributivi;

la conseguente azione di recupero degli aiuti incompatibili, anche in relazione al principio di effettività del rimedio, non può dunque ritenersi assoggettata a termini di prescrizione variabili, siccome specificamente previsti dall’ordinamento interno per taluni tipi di diritti, in base alla natura dell’aiuto che debba essere recuperato.

Più in particolare va osservato che la diversità tra l’azione diretta al pagamento dei contributi omessi od evasi e l’azione di recupero degli aiuti di Stato incompatibili con il mercato comune trova riscontro:

nella differenza della fonte normativa che l’impone, rispettivamente nazionale e comunitaria;

nella differenza delle finalità, per essere la prima diretta all’acquisizione della provvista contributiva necessaria per l’assolvimento delle obbligazioni previdenziali e la seconda diretta al ripristino dello status quo ante, dovendosi ritenere raggiunto tale obiettivo quando l’aiuto in parola sia stato restituito dal beneficiario e, per conseguenza, il medesimo resti privato del vantaggio di cui aveva fruito sul mercato rispetto ai suoi concorrenti (cfr, Corte di Giustizia CE 4.4.1995, C-348/93; Corte di Giustizia CE 4.4.1995, C-350/93);

nella differenza della disciplina sostanziale, essendo previste dalla legislazione nazionale, in ipotesi di pagamenti contributivi omessi od evasi, conseguenze sanzionatorie specifiche, nel mentre sugli aiuti già illegittimamente concessi sono dovuti gli interessi nei termini stabiliti dalla stessa Commissione.

4.4 La diversità tra azione di recupero dello sgravio (da aiuto di Stato illegittimo) già applicato e azione di pagamento di contribuzione non versata impedisce dunque di ricondurre direttamente la prima delle due fattispecie alla specifica previsione dettata, in tema di termine prescrizionale, per la seconda, ma, al contempo, neppure facoltizza l’applicazione analogica di quest’ultima, poichè il ricorso all’analogia può ritenersi consentito soltanto se una controversia non può essere decisa con precisa disposizione, in ipotesi cioè di un vuoto normativo (cfr, ex plurimis, Cass., nn. 2404/1965; 4754/1995; 9852/2002), che, come tale, impone il ricorso alle disposizioni che regolano casi simili o materia analoghe; tale ipotesi è nella specie da ritenersi tuttavia insussistente, stante l’applicabilità – in difetto, appunto, di differenti peculiari disposizioni -, della disciplina generale di cui all’art. 2946 c.c. (estinzione dei diritti per prescrizione, salvi i casi di diversa disposizione di legge, con il decorso di dieci anni); l’inosservanza di tale disciplina generale, oltre che non consentita dall’ordinamento interno, comporterebbe altresì, nei suoi riflessi sull’attività di recupero, la violazione del principio di equivalenza.

4.5 L’identicità del suddetto termine temporale con quello stabilito dal ricordato art. 15 del regolamento (CE) n. 659/1999 esclude in radice, in relazione alla fattispecie per cui è causa, eventuali dubbi di compatibilità della legislazione nazionale con la disciplina comunitaria.

4.6 Il secondo motivo di ricorso deve pertanto essere disatteso.

5. La Commissione ha fissato le condizioni in presenza delle quali può ritenersi che gli sgravi contributivi per contratti di formazione lavoro già fruiti sono da ritenersi compatibili con il mercato comune e con l’accordo SEE. Secondo la giurisprudenza di questa Corte, nelle controversie relative al recupero dei contributi non corrisposti per applicazione di sgravi contributivi, compete al datore di lavoro opponente l’onere di provare il possesso dei requisiti richiesti dalla legge per poter beneficiare della detrazione (cfr, ex plurimis, Cass., nn. 5137/2006;

16351/2007; 499/2009; 21898/2010, quest’ultima specificamente in tema di benefici che trovano fondamento nell’avvenuta conclusione di contratti di formazione e lavoro).

La circostanza che, nella specie, le condizioni legittimanti il beneficio (e la conseguente non recuperabilità del medesimo) siano state dettate (anche) da disposizioni comunitarie non altera i termini della questione, spettando pur sempre al beneficiario degli sgravi dimostrare la sussistenza delle condizioni – stabilite dalla Commissione o da quest’ultima presupposte siccome già fissate dalla normativa nazionale – per poter legittimamente usufruire degli sgravi.

Tali condizioni, oltre a quelle espressamente fissate dalla Commissione, riguardano quindi anche quelle, già contemplate dalla legge nazionale e che la Commissione stessa ha come tali considerato nell’ambito della valutazione di compatibilita con il mercato comune;

in particolare vanno perciò dedotte e provate dalla parte beneficiaria anche quelle indicate nei seguenti punti della decisione della Commissione:

"(13) Per beneficiare di tali agevolazioni i datori di lavoro non devono aver proceduto a riduzioni di personale nei 12 mesi precedenti, salvo se l’assunzione riguarda lavoratori in possesso di una qualifica diversa. La possibilità di accedere a tali benefici è inoltre subordinata al fatto di aver mantenuto in servizio (con un contratto a tempo indeterminato) almeno il 60% dei lavoratori il cui CFL è venuto a termine nei 24 mesi precedenti.

"(71) Gli orientamenti in materia di aiuti all’occupazione precisano che la Commissione è in linea di massima favorevole agli aiuti:

– riguardanti i disoccupati e;

– destinati alla creazione di nuovi posti di lavoro (creazione netta) nelle PMI e nelle regioni ammissibili agli aiuti a finalità regionale;

o;

– volti ad incoraggiare l’assunzione di talune categorie di lavoratori che incontrano particolari difficoltà di inserimento o di reinserimento sul mercato del lavoro, e ciò in tutto il territorio;

in questo caso è sufficiente che il posto di lavoro sia divenuto vacante in seguito ad una partenza spontanea e non ad un licenziamento.

"(88) Inoltre la condizione imposta dagli orientamenti in materia di aiuti all’occupazione, che richiede che il posto occupato si sia reso vacante in seguito ad una partenza naturale e non ad un licenziamento, è rispettata in quanto la legislazione italiana pone espressamente la condizione che non si sia proceduto a licenziamenti.

Di conseguenza, e conformemente a quanto precisato negli orientamenti, per le categorie svantaggiate non occorre esigere che vi sia creazione netta di posti di lavoro".

La portata assorbente delle considerazioni testè svolte conduce all’inaccoglibilità del terzo e del quarto motivo di ricorso.

6. Il quinto e il sesto motivo di ricorso vanno esaminati congiuntamente, siccome fra loro connessi.

6.1 Avuto riguardo alle ricordate condizioni fissate dalla Commissione e in presenza delle quali doveva ritenersi la compatibilità con il mercato comune degli aiuti concessi dall’Italia, nonchè di quelle già previste per la concessione degli sgravi dalla legislazione nazionale, e tenuto conto dell’oggetto delle prove testimoniali e documentali offerte dall’odierna ricorrente, deve ritenersi, alla luce dell’onere probatorio incombente sulla parte beneficiaria degli sgravi, che:

la prova orale offerta si rivela inammissibile, siccome non decisiva, posto che non è stata specificamente dedotta e offerta a prova anche la sussistenza delle condizioni già richieste dalla legislazione nazionale – e, come tali, prese in considerazione dalla Commissione – per potere beneficiare degli sgravi, tra le quali, in particolare, quelle relative all’essersi i posti resi vacanti in seguito ad una partenza libera e non ad un licenziamento;

alla luce della rilevata carenza di allegazione in ordine a tutti i presupposti richiesti per poter beneficiare degli sgravi, non è conducente il richiamo agli oneri di specifica contestazione, dovendosi peraltro rilevare che quella svolta dall’Inps, nei termini indicati in ricorso, non poteva essere considerata come meramente generica.

6.2 Anche le censure all’esame vanno quindi disattese.

7. In definitiva il ricorso deve essere rigettato.

La complessità delle questioni trattate e la mancanza, al momento di proposizione del ricorso, di precedenti specifici di legittimità consigliano la compensazione delle spese.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e compensa le spese.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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