Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 06-10-2011) 31-10-2011, n. 39304

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

P.D. ricorre personalmente avverso la sentenza 17 maggio 2011 della Corte di appello di Brescia che ha pronunciato decisione favorevole all’estradizione richiesta dal Governo della Repubblica ucraina, per reati in tema di sostanze stupefacenti, deducendo vizi e violazioni nella motivazione nella decisione impugnata, nei termini critici che verranno ora riassunti e valutati.

1.) la vicenda processuale.

Risulta agli atti la seguente scansione dei fatti processualmente rilevanti. a) il 19 gennaio 2011 il cittadino ucraino P.D., nato a (OMISSIS), veniva tratto in arresto, ex art. 716 c.p.p., in quanto colpito da mandato di cattura internazionale emesso il giorno 11 novembre 2009 dal Tribunale di Leninskyi (Ucraina) per il reato di traffico illecito di sostanze stupefacenti;

b) l’arresto veniva convalidato, con ordinanza in data 20 gennaio 2011 dal Presidente della Corte di appello che disponeva, contestualmente, la misura della custodia in carcere, sostituita dalla Corte, in data 26 gennaio 2011, con quella dell’obbligo di dimora nel Comune di (OMISSIS);

e) il 13 aprile 2011 il Ministro della Giustizia faceva pervenire alla Procura Generale presso la corte distrettuale la richiesta di estradizione formulata dal Governo della Repubblica di Ucraina nei confronti del P.;

d) dalla detta richiesta constava la pendenza a carico dell’estradando,avanti all’A.G. ucraina, di un procedimento penale avente ad oggetto più condotte di acquisto, in concorso con altre persone, detenzione e trasporto di sostanza stupefacente (paglia di papavero) poste in essere in (OMISSIS) (fatti previsti e puniti dagli artt. 307 e 311 c.p. ucraino);

e) risultava altresì che il P., era stato sorpreso, nel corso di una perquisizione personale eseguita nei suoi confronti in data (OMISSIS), in possesso della borsa contenente la sostanza in questione, borsa della quale egli si era liberato dandosi alla fuga;

f) per detti fatti sussistono numerose testimonianze e chiamate in correità, puntualmente riassunte nella documentazione inviata;

g) il 20 gennaio 2011 l’interessato, interpellato dal Presidente della Corte di appello, dichiarava di non acconsentire alla estradizione;

h) all’udienza del 17 maggio 2011 la Corte di appello ha pronunciato sentenza favorevole all’estradizione a sensi dell’art. 705 c.p.p..

La corte distrettuale, dopo aver verificato conformità del provvedimento alle disposizioni della Convenzione europea di estradizione firmata a Parigi il 13 dicembre 1957 ( L. 30 gennaio 1963, n. 300), ha ribadito la presenza del requisito della doppia punibilità, poichè i fatti per i quali si procede a carico del P. costituiscono anche nel nostro ordinamento illecito penale ( D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73), ed è prevista in entrambi gli ordinamenti una pena superiore al limite stabilito dall’art. 2 della citata convenzione.

La gravata sentenza infine ha inoltre ribadito:

1) che la "paglia di papavero" è espressamente contemplata dalla tabella n. 1 ex D.P.R. n. 309 del 1990, art. 14;

2) che, quanto alla sussistenza dei gravi indizi, trattandosi di richiesta di estradizione ai sensi della sopra citata Convenzione, è preclusa alla corte distrettuale la valutazione nel merito della sussistenza di gravi indizi di colpevolezza, dovendosi il Collegio limitare ad un esame "formale" della documentazione trasmessa dall’Autorità richiedente;

3) che, comunque, la perquisizione risulta essere stata operata proprio nei confronti del P., mentre lui e tale M. I.A. (già condannato per quei fatti) si accingevano ad entrare nell’abitazione del primo e che, a carico dell’estradando sussistono tutta una serie di ulteriori convergenti elementi;

4) che vi è in atti la documentazione del provvedimento restrittivo, in copia anche tradotta in lingua italiana, nonchè copia dell’originario ordine di arresto in data 11 novembre 2009 del Giudice del Tribunale Distrettuale di Leninskii, e copia di quello successivamente emesso in data 26 gennaio 2011 dal medesimo Tribunale;

5) che per il reato in questione è prevista anche la privazione della libertà fino a tre anni;

6) che dal complesso degli atti trasmessi si evince con certezza che gli stessi si riferiscono tutti ai medesimi fatti oggetto al procedimento n. 02320472, "derivato" da uno stralcio del n. 02320226. 2.) i motivi di impugnazione e le ragioni della decisione di questa Corte.

Con un unico motivo di impugnazione viene dedotto vizio di motivazione sotto il profilo:

a) della manifesta illogicità del giudizio in ordine alla attribuzione del ricorrente della disponibilità della borsa contenente lo stupefacente ed in ordine alla presenza in atti del provvedimento restrittivo;

b) della mancata previsione, per il delitto de quo, della sanzione della reclusione;

c) della non corrispondenza tra il numero indicato nell’istanza di estradizione e quello invece annotato dal giudice ucraino. d) della mancata valutazione del corretto comportamento e condotta in Italia dell’estradando, incensurato e dedito a lavori stagionali.

Il motivo in tutte le sue prospettazioni è inammissibile. Quanto alla doglianza sub a) va ribadito che, per costante giurisprudenza di questa sezione, in tema di estradizione per l’estero, nel regime di consegna disciplinato dalla Convenzione europea di estradizione, la sussistenza dei gravi indizi di reità va incontrovertibilmente presunta dai documenti che la Convenzione indica e ai quali il giudice dello Stato richiesto non può negare fede quando, come nella specie, siano ufficialmente comunicati e trasmessi per il solo esame formale da compiere su di essi (Cass. pen. sez. 6, 15626/2008 Rv.

239673), e la presunzione di sussistenza dei gravi indizi può risultare superata soltanto quando i fatti allegati appaiano in modo palese e manifesto del tutto inconciliabili con essa (Cass. pen. sez. 6, 34355/2005, Ilie Petre): circostanza questa, nella vicenda, radicalmente da escludere.

Per ciò che attiene alla deduzione sub b), va a contrario osservato che la violazione ex art. 307 c.p. ucraino, comma 2 prevede la sanzione della reclusione da 5 a 10 anni e la violazione, contestata ex art. 311 c.p. ucraino, comma 1, stabilisce la sanzione della privazione della libertà fino a 3 anni, in alternativa con la pena della multa.

La questione proposta al punto sub c) ha trovato ampia e ragionevole spiegazione da parte della Corte di appello con argomentazioni ignorate e non valorizzate nelle contrarie conclusioni del ricorrente, con derivato difetto di specificità della lamentela.

Da ultimo, quanto alla buona condotta serbata in Italia dell’estradando, notoriamente, essa non può rilevare agli effetti del procedimento in corso.

L’impugnazione quindi va dichiarata inammissibile, attesa la sua palese infondatezza, avuto riguardo alla coerenza logico-giuridica ed adeguatezza della motivazione, quale proposta nella decisione impugnata.

All’inammissibilità del ricorso stesso consegue, ex art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende che si stima equo determinare in Euro 1000,00 (mille). Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 203 disp. att. c.p.p. c.p.p..

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle ammende. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 203 disp. att. c.p.p..

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