Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 06-10-2011) 31-10-2011, n. 39303 Misure cautelari

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

A.E. ricorre, a mezzo del suo difensore, avverso l’ ordinanza 22 dicembre 2010 del Tribunale del riesame di Reggio Calabria (che ha confermato l’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal G.I.P. del Tribunale di Reggio Calabria il 14 settembre 2010 – n. 1389/08 RGNR-DDA e 1172/09 RG Gip-D.D.A.), deducendo vizi e violazioni nella motivazione nella decisione impugnata, nei termini critici che verranno ora riassunti e valutati.

1.) il capo di imputazione provvisoria.

Con l’ordinanza genetica il G.I.P. distrettuale ha disposto l’applicazione della custodia cautelare in carcere nei confronti, fra gli altri, di A.E., ritenendo sussistenti, a suo carico, gravi indizi di reità in ordine al reato del capo sub A nei termini che seguono:

A) delitto di cui all’art. 416 bis c.p., commi 1, 2, 3, 4, per aver fatto parte, con altre persone allo stato non ancora individuate, nonchè con, tra gli altri, P.G., F.G., M.R. cl. (OMISSIS), L.A., P.V., P.A., P.F., I.C., U. A. (nei cui confronti si procede separatamente) dell’associazione mafiosa denominata ‘ndrangheta, operante sui territorio della provincia di Reggio Calabria, del territorio nazionale ed estero, costituita da molte decine di locali, articolate in tre mandamenti e con organo di vertice denominato "Provincia", associazione che si avvale della forza d’intimidazione del vincolo associativo e della condizione di assoggettamento e di omertà che ne deriva, allo scopo di: commettere delitti in materia di armi, esplosivi e munizionamento, contro il patrimonio, la vita e l’incolumità individuale, in particolare commercio di sostanze stupefacenti, estorsioni, usure, furti, abusivo esercizio di attività finanziaria, riciclaggio, reimpiego di denaro di provenienza illecita in attività economiche, corruzioni, favoreggiamento latitanti, corruzione e coercizione elettorale, intestazione fittizia di beni, ricettazione, omicidi; acquisire direttamente e indirettamente la gestione e/o controllo di attività economiche, in particolare nel settore edilizio, movimento terra, ristorazione; acquisire appalti pubblici e privati; ostacolare il libero esercizio del voto, procurare a sè e ad altri voti in occasione di competizioni elettorali, convogliando in tal modo le preferenze su candidati a loro vicini in cambio di future utilità;

conseguire per sè e per altri vantaggi ingiusti.

Con l’aggravante per essere l’associazione armata. Con l’aggravante che le attività economiche di cui gli associati intendono assumere o mantenere il controllo sono finanziate in tutto o in parte con il prezzo, il prodotto, il profitto di delitti e con la precisazione che si tratta di reato transnazionale ex L. n. 146 del 2006, art. 3, lett. B) e C) in quanto commesso in (OMISSIS), da gruppo criminale organizzato impegnato in attività criminali in più di uno Stato.

2) le conclusioni del Tribunale del riesame sulla posizione di affiliato dell’ A..

Con riferimento alla posizione di A.E. il Tribunale del riesame ha concluso, affermando:

a) che le dichiarazioni rese (in occasione delle conversazioni intercettate), rivestono chiaro contenuto eteroaccusatorio, avendo P. (personaggio da reputarsi, per il ruolo di spicco rivestito in seno alla consorteria criminale, fonte altamente qualificata e massimamente attendibile) affermato, conversando con M., che l’ A.E. è persona affiliata alla consorteria criminale del capo A);

b) che va ritenuta la sussistenza di un grave quadro indiziario in ordine all’addebito associativo, atteso che gli indizi, raccolti nel corso delle intercettazioni telefoniche costituiscono fonte diretta di prova di colpevolezza dell’imputato e non devono necessariamente trovare riscontro in altri elementi esterni, qualora, come nella vicenda, siano gravi, precisi e concordanti;

c) che nella specie le dichiarazioni etero-accusatorie che riguardano il ricorrente sono precise, puntuali e circostanziate, nella considerazione che il quadro indiziario risulta suffragato ulteriormente dai rapporti di sicuro rilievo investigativo (intercettazioni di conversazioni intercorse tra B.C. e A.E. e le quattro riunioni c.d. "mangiate-summit") emersi tra l’odierno ricorrente A.E. e il capo locale di G.C.B., oltre che con il figlio di questi, parimenti affiliato, B.C.;

d) che, per la salvaguardia delle esigenze cautelari, l’unica misura adeguata, anche per espressa presunzione normativa di carattere processuale è quella di massimo rigore avuto specifico riguardo alla circostanza che le esigenze di cautela, specie connesse al pericolo di reiterazione della condotta partecipativa alla contestata associazione criminale, sono confermate dal precipuo ruolo svolto dal ricorrente nel contesto associativo.

3.) i motivi di impugnazione e le ragioni della decisione di questa Corte.

Con un unico motivo di impugnazione viene dedotta inosservanza ed erronea applicazione della legge, nonchè vizio di motivazione, sotto il profilo della violazione delle norme di cui all’art. 273 c.p.p. e art. 273 c.p.p., comma 1 bis, in relazione all’art. 416 bis c.p..

In particolare si rileva:

a) che la posizione di affiliato del ricorrente sia stata desunta da conversazioni ambientali e telefoniche inidonee a realizzare la gravità degli indizi, richiesta per la misura cautelare in atto;

b) che la credibilità dei "dialoganti" sia fatta discendere esclusivamente dal ruolo all’interno dei sodalizi, senza tener conto della loro prova capacità a mentire (nella specie in danno di certo L.);

c) che l’attività di Polizia giudiziaria non abbia fornito alcuna prova della conoscenza tra il ricorrente e i due P. e M. e tra il ricorrente e M.R.;

d) che siano privi di valore individualizzante i riferimenti a certo " E." difettando la prova della identificazione di tale persona con l’indagato;

e) che la conversazione con il T. è solo prova della conoscenza reciproca tra i due e che la cena "frittolata" è del pari irrilevante agli effetti della provvisoria incolpazione, non essendovi ragioni per attribuire a tale incontri il valore diverso di una "mangiata" in comune;

f) che nessun reato scopo risulta accertato a carico del ricorrente, che rimane così una persona estranea al contesto consortile, del quale difetterebbero indicazioni probanti in punto di stabilità nell’organizzazione e in punto di forza intimidatrice.

Tanto premesso, ritiene la Corte che nessuna delle doglianze che sostanziano il motivo e tutte le censure, globalmente apprezzate, superino la soglia dell’ammissibilità.

L’impugnazione infatti si risolve sostanzialmente in una richiesta di rivalutazione dei dati considerati dal giudice della cautela, ed utilizzati attraverso una meditata ponderazione delle emergenze processuali, attraverso una metodica di giustificazione degli elementi rilevanti e ragionevolmente valorizzabili agli effetti del mantenimento del presidio cautelare e della conseguente negazione della più attenuata misura.

In conclusione il ricorso per cassazione, che, come nella specie, deduca insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza ed inattualità ed assenza delle esigenze cautelari, è ammissibile soltanto se prospetta la violazione di specifiche norme di legge, ovvero la manifesta illogicità della motivazione del provvedimento, secondo i canoni della logica ed i principi di diritto, ma non anche quando propone censure che riguardino la ricostruzione dei fatti ovvero che si risolvano in una diversa valutazione delle circostanze esaminate e valorizzate dal giudice di merito al fine di giustificare ragionevolmente la sua decisione , come avvenuto nella specie (Cass. pen. sez. 5, 46124/2008, Rv.241997, Magliaro).

All’inammissibilità del ricorso stesso consegue, ex art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende che si stima equo determinare in Euro 1000,00 (mille).

Inoltre, non conseguendo dalla decisione la rimessione in libertà del ricorrente, va disposta, ex art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter, la trasmissione di copia del provvedimento al direttore dell’istituto penitenziario in cui l’indagato è ristretto, per l’inserimento nella cartella personale.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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