Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 06-10-2011) 31-10-2011, n. 39290

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

D.C.G.C. e N.R. ricorrono avverso la sentenza 23 dicembre 2010 della Corte di appello di Milano (che ha confermato la sentenza 25 maggio 2010 del Tribunale di Milano di condanna alla pena di anni 6 di reclusione ed Euro 40 mila di multa per il delitto ex D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73), deducendo vizi e violazioni nella motivazione della decisione impugnata, nei termini critici che verranno ora riassunti e valutati.

1.) i motivi di impugnazione di D.C. e N..

1.1) il ricorso di D.C. e le ragioni della decisione di questa Corte.

Con un unico motivo di impugnazione si prospetta violazione di legge con riferimento alla sanzione applicata ed alla sottesa motivazione che si lamenta come non rispettosa dei canoni valutativi indicati nell’art. 133 c.p..

Il motivo è inammissibile.

Invero, per ciò che attiene alla determinazione della sanzione finale la critica involge profili di assoluta infondatezza ed inammissibilità.

Tali critiche risultano infatti inammissibili nella misura in cui involgono censure di mero fatto; invero per risalente ed immutata giurisprudenza (Cass. Penale sez. 5, 9074/1983, Siani; v. anche mass. 158977; 158834; 157655; 156961; 158285), in tema di determinazione della pena, la valutazione del giudice di legittimità, in ordine all’efficacia ed alla completezza degli argomenti svolti in sede di merito, non può andare scissa dal risultato decisorio, sotto il duplice profilo della pena in concreto irrogata e del giudizio globalmente espresso, come manifestazione del convincimento del giudice di merito.

Tali statuizioni inoltre sono censurabili in cassazione solo quando siano frutto di mero arbitrio o ragionamento illogico (Cass. Penale sez. 3, 26908/2004, Rv. 229298 Ronzoni), nella specie non rilevabile tenuto conto della adeguatezza e correttezza della giustificazione in concreto espressa dai giudici di merito con conforme doppia statuizione.

1.2) il ricorso di N.R. e le ragioni della decisione di questa Corte.

Con un unico motivo di ricorso viene prospettato vizio di motivazione e violazione di legge per omessa notifica del decreto che dispone il giudizio d’appello al codifensore avv. Minasi.

La Corte d’Appello di Milano, infatti, con il decreto di citazione datato 15.11.2010 ha disposto la celebrazione del processo d’appello a carico di N.R. ed ha avvisato, per tale incombenza, soltanto l’Avv. Antonio D’Amelio, non già l’avv. Minasi, pure nominato difensore dalla N. presso la Casa Circondariale di San Vittore il 25 maggio 2010, circa 6 mesi prima della fissazione dell’udienza di appello.

Da ciò la dedotta nullità della sentenza.

Il motivo è palesemente infondato avuto riguardo alla presenza del solo codifensore avv. D’Amelio.

E’ noto infatti che la nullità a regime intermedio, derivante dall’omesso avviso dell’udienza a uno dei due difensori dell’imputato, è sanata dalla mancata proposizione della relativa eccezione a opera dell’altro difensore comparso, pur quando l’imputato non sia presente.

Le S.U. (sentenza 39060/2009 Rv. 244187) hanno invero sul punto precisato che è onere del difensore presente, anche se nominato d’ufficio in sostituzione di quello di fiducia regolarmente avvisato e non comparso, verificare se sia stato avvisato anche l’altro difensore di fiducia ed il motivo della sua mancata comparizione, eventualmente interpellando il giudice).

In ogni caso l’omessa notifica dell’avviso della data fissata per il giudizio d’appello ad uno dei due difensori di fiducia dell’imputato comporta una nullità a regime intermedio che, non attenendo alla fase del giudizio, bensì a quella degli atti preliminari, deve essere eccepita, in analogia a quanto previsto per il procedimento di primo grado dall’art. 180 c.p.p., prima della deliberazione della sentenza (Cass. pen. sez. 2, 44363/2010 Rv. 249184).

Da ciò l’inammissibilità del motivo sul punto.

Entrambi i ricorsi quindi, nella palese verificata coerenza logico- giuridica ed adeguatezza della motivazione, quale proposta nella decisione impugnata, vanno dichiarati inammissibili.

All’inammissibilità consegue, ex art. 616 c.p.p., la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e ciascuno a quello di una somma in favore della Cassa delle ammende che si stima equo determinare in Euro 1000,00 (mille).

P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000, 00 (mille) in favore della Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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