Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 06-10-2011) 31-10-2011, n. 39288 Coltivazione Detenzione, spaccio, cessione, acquisto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

P.P. ricorre, a mezzo del suo difensore avverso la sentenza 31 maggio 2010 della Corte di appello di Roma (la quale ha confermato la sentenza 22 ottobre 2009 del Tribunale di Latina di condanna alla pena di anni 3 di reclusione ed Euro 14 mila di multa per il delitto ex D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, commi 1 e 1 bis), deducendo vizi nella motivazione nella decisione impugnata, nei termini critici che verranno ora riassunti e valutati.

2.) i motivi di impugnazione e le ragioni della decisione di questa Corte.

Nella specie l’imputato è accusato di aver detenuto 2.223 dosi di canapa indiana coltivata e 59 dosi di hashish. Con un unico motivo di impugnazione si prospetta violazione di legge, con riferimento all’applicazione della norma dell’art. 81 cpv. c.p., posto che nella specie, attesa l’unitarietà della condotta e nella ricorrenza di detenzione contestuale di sostanze stupefacenti di natura e tipo diversi, il reato doveva considerarsi unico, senza alcun aumento per la continuazione, nella specie applicato nella misura di mesi 6 di reclusione ed Euro 3 mila di multa (ridotti del terzo per il rito a mesi 4 ed Euro 2 mila).

Il motivo, suggestivo, non ha fondamento e va rigettato.

Invero, non provato che – nella specie – lo stupefacente detenuto fosse un "prodotto" di quella "coltivazione", va ribadita la regola che, pur dopo la L. n. 46 del 2006, che ha soppresso la distinzione tabellare fra droghe "leggere" e droghe "pesanti", tra attività di coltivazione, punita dal D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, commi 1 e 3 e la generica condotta di detenzione di stupefacente, diverso da quello derivato dalla coltivazione, non può esservi "assimilazione", trattandosi di ipotesi delittuose non omogenee, con conseguente corretta affermazione della sussistenza di due reati, suscettibili di considerazione se ed in quanto astretti dal vincolo della continuazione nei termini fatti propri dalla decisione impugnata.

In proposito va considerato:

a) che, anche con riguardo all’ipotesi di coltivazione non autorizzata di piante, dalle quali sia ricavabile sostanza stupefacente, è configurabile sia la fattispecie attenuata prevista dal cit. D.P.R., art. 73, comma 5 (Cass. pen. sez. 3, 12381/2010 Rv.

246463), sia la sussistenza dell’aggravante di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 30, comma 2, (Cass. pen. sez. 4, 9402/2011 Rv.

249814);

c) che, peraltro, a differenza di quello che avviene per la mera detenzione, la provata destinazione, del "prodotto stupefacente della attività non autorizzata di coltivazione di piante", anche quando sia programmata e realizzata appunto per la fruizione esclusivamente personale del prodotto, integra condotta penalmente rilevante e non scriminabile (Cass. pen. sez. 6, 49528/2009 rv. 245648).

Circostanza quest’ultima che rende ragionevole conto della diversità della mera condotta di detenzione, rispetto alla disomogenea condotta di coltivazione non autorizzata, con conseguente realizzazione di due illeciti, apprezzabili, ricorrendone le condizioni, ex art. 81 cpv. c.p..

Il ricorso pertanto risulta infondato, valutata la conformità del provvedimento alle norme stabilite, nonchè apprezzata la tenuta logica e coerenza strutturale della giustificazione che è stata formulata.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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