T.A.R. Lombardia Brescia Sez. II, Sent., 01-12-2011, n. 1691

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La società ricorrente opera nel settore della progettazione, realizzazione, produzione e posa in opera di cartellonistica pubblicitaria e segnaletica stradale per conto terzi.

Nell’ambito dell’esercizio di tale attività essa ha richiesto, il 13 luglio del 2005, il rilascio di due autorizzazioni per l’installazione di altrettanti cartelli pubblicitari lungo la SS 45 Bis "Gardesana Occidentale", rispettivamente al km 53+840 lato destro, km 54+630 lato sinistro, km 57+380 lato destro e al km 64+910 lato destro.

A seguito del preavviso di diniego, motivato con riferimento alla pretesa esistenza, a distanza inferiore a quella prevista dall’art. 51 del regolamento di esecuzione e attuazione del codice della strada, di altri manufatti pubblicitari regolarmente autorizzati e di un segnale stradale di prescrizione (direzione obbligatoria) e nonostante le osservazioni presentate, le istanze sono state rigettate, precisando, in punto di motivazione, gli estremi dei provvedimenti autorizzativi dei suddetti cartelli già presenti in loco.

Ritenendo illegittimi tali provvedimenti negativi, gli stessi sono stati impugnati con il ricorso in esame in cui sono stati dedotti i seguenti vizi:

1. violazione, falsa ed errata applicazione degli artt. 51 e 77 del regolamento di esecuzione e attuazione del codice della strada. I dinieghi impugnati si fondano sulla presenza di segnali stradali di prescrizione, la distanza minima dai quali risulterebbe violata dalla installazione richiesta, collocati, però, in spregio ed in violazione dell’art. 77 del citato regolamento. A norma di tale disposizione, infatti, ogni cartello di prescrizione dovrebbe riportare, sul retro, la specificazione dell’ente proprietario della strada, il marchio della ditta che lo ha fabbricato, l’anno di fabbricazione e gli estremi dell’ordinanza di apposizione in esecuzione del progetto di installazione previsto dal codice della strada. Secondo parte ricorrente, non la semplice irregolarità della formale assenza delle suddette indicazioni sui cartelli, ma il mancato rispetto del suddetto iter procedimentale determinerebbe l’illegittimità del posizionamento dei segnali e, conseguentemente, dei dinieghi fondati proprio sulla presenza dei segnali stessi;

2. violazione, falsa ed errata applicazione degli artt. 51, 53 e 58 del regolamento di esecuzione e attuazione del codice della strada, che subordina la legittimità della presenza di un cartello pubblicitario al regolare rinnovo della validità dell’autorizzazione che ha una durata di tre anni. Nel caso di specie il posizionamento dei nuovi cartelli sarebbe stato negato senza dare conto dell’eventuale rinnovo dell’autorizzazione rilasciata per la collocazione di quelli già esistenti.

Le autorizzazioni degli impianti preesistenti recherebbero come data del rilascio un periodo in cui la strada in questione non era ancora stata inaugurata e comunque avrebbero avuto una durata di soli tre anni, per cui dovrebbero essere ritenute decadute;

3. violazione, falsa ed errata applicazione dell’art. 51, comma secondo, del regolamento di esecuzione e attuazione del codice della strada, per aver utilizzato metodologia e criteri di misurazione nell’accertamento del tutto generici.

Si è costituita in giudizio l’Amministrazione intimata, senza, però, dispiegare alcuna specifica difesa.

Con ordinanza n. 1729/06, questo Tribunale ha accolto la domanda cautelare, disponendo il riesame delle istanze alla luce di quanto da parte ricorrente dedotto in ordine alla validità delle preesistenti autorizzazioni.

In vista della pubblica udienza, la difesa erariale ha depositato una relazione nella quale ANAS s.p.a. ha evidenziato come "pur in assenza del progetto di cui all’art. 77, comma 2 del Regolamento C.d.S., permane l’obbligo per l’ente proprietario della strada di disciplinare la circolazione mediante l’installazione degli appositi segnali", l’obbligo del posizionamento dei quali sarebbe imposto dagli altri articoli del codice della strada. Ne discenderebbe che "E’ la stessa esistenza del segnale, a prescindere dall’eventuale suddetto progetto, a rendere necessaria l’applicazione delle prescritte distanze legali". Inoltre i titolari dei cartelli già esistenti e la cui presenza è stata ritenuta ostativa al rilascio delle richieste autorizzazioni, hanno sempre provveduto ad un regolare rinnovo dei propri titoli legittimanti. A comprova di ciò ANAS s.p.a. ha depositato copia delle istanze di rinnovo relative all’ultimo triennio e la fatturazione che attesta il pagamento del canone annuo.

Proprio in ragione di ciò l’ente proprietario della strada ha ritenuto di confermare i dinieghi censurati.

Parte ricorrente ha, quindi, replicato sottolineando come, a parere della stessa, i segnali stradali non potrebbero essere collocati se non sussista, a monte, un atto deliberativo dell’ente che manifesti l’esigenza di sicurezza e come le adeguate motivazioni dei dinieghi, con specifico riferimento alla validità delle autorizzazioni relative ad altri impianti, siano state prodotte solo dopo il sopra citato provvedimento cautelare.

Alla pubblica udienza del 16 novembre 2011 la causa, su conforme richiesta dei procuratori delle parti, è stata trattenuta in decisione.

Motivi della decisione

L’art. 77 del DPR 495/92 (regolamento di attuazione del codice della strada) introduce un sistema di armonizzazione della segnaletica stradale che passa attraverso il subordinare l’apposizione dei segnali di indicazione e prescrizione alla previa predisposizione di un progetto, interessante un’intera strada o una parte di essa, in modo da garantire omogeneità nelle segnalazioni, evitare l’eccessiva concentrazione di segnali che potrebbero inficiarne l’efficacia, assicurare la corrispondenza tra apposizione ed effettive condizioni della strada ed esigenze della sicurezza.

La stessa disposizione, inoltre, impone di riportare, sul retro del segnale di prescrizione, la specificazione dell’ente proprietario della strada, il marchio della ditta che lo ha fabbricato, l’anno di fabbricazione e gli estremi dell’ordinanza di apposizione.

Incontestato, anche da parte ricorrente, che il rispetto di tale formalità non può ritenersi inficiante la legittimità dell’eventuale ordinanza che avesse prescritto il posizionamento del segnale, sarebbe, invece, rilevante l’assenza di tale titolo giustificativo.

Nel ricorso in esame si sostiene che a tale carenza non sarebbe possibile sopperire facendo ricorso all’interpretazione della normativa operata dalla Corte di Cassazione laddove la stessa, nelle controversie tra privati in termini di ascrivibilità della responsabilità a quanti avessero disatteso segnalazioni prescrittive di guida, ancorchè illegittimamente posizionate, ha affermato il principio della salvaguardia degli effetti delle prescrizioni impartite dal segnale. Per quanto di interesse, infatti, oggetto del contendere sarebbe la regolarità dell’esercizio del potere, che dovrebbe avvenire nel rispetto della rispondenza al regolamento che lo disciplina. Diversamente si incorrerebbe, sempre secondo la tesi della P., nel rischio di un proliferare di segnali stradali non muniti di progetto al solo scopo di impedire la posa di cartelli pubblicitari.

Il Collegio ritiene, però, che la mancata adozione di un progetto per il posizionamento del segnale possa essere configurata come una mera irregolarità.

Premesso che la norma non individua alcuna sanzione in caso di mancato rispetto dell’iter progettuale, la ratio della disposizione è evidentemente quella di garantire, anche attraverso il contenimento del loro numero e l’individuazione della posizione più confacente, la maggiore efficacia in termini di sicurezza della segnaletica. Tutto il procedimento disciplinato dall’art. 77, quindi, ha come scopo principale quello del perseguimento di una regolamentazione del traffico che abbia come unico obiettivo la sicurezza della circolazione stradale.

Ciò chiarito, l’assenza di una specifica ordinanza di apposizione del segnale potrebbe, invero, in linea di principio, inficiarne la legittimità, ma il Collegio ritiene che l’eventuale rimozione del segnale o l’esclusione della sua efficacia prescrittiva (anche in termini di obbligo di rispetto delle distanze) non possano prescindere, data la particolare rilevanza del bene perseguito – e cioè la sicurezza della circolazione stradale – dall’accertare se la presenza dello stesso sia giustificata da ragioni oggettive o oggettivamente riscontrabili (la presenza di un incrocio, di un tratto di strada pericoloso ecc.). Ciò che dovrebbe ritenersi determinante, al fine di valutare l’eventuale possibilità di posizionamento di impianti pubblicitari, non sarebbe, quindi, la presenza o meno dell’ordinanza legittimante il posizionamento del segnale, ma la sussistenza o meno della condizione oggettiva che ha determinato l’apposizione del segnale stesso. L’obbligo di rispetto delle distanze imposte deve, quindi, ritenersi sussistere fino all’eventuale rimozione del segnale stesso, previo accertamento dell’illegittimità della sua presenza, perché non giustificata dalle specifiche condizioni che la legittimerebbero.

Parte ricorrente, però, non entra nel merito delle singole prescrizione e, quindi, della legittimità dei singoli segnali, censurando l’eventuale assenza delle condizioni giustificanti la loro apposizione, ma si limita a dedurre una mera violazione formale che, in ragione di quanto già detto, non appare sufficiente a far venire meno l’obbligo di rispetto delle distanze conseguente alla mera presenza del segnale.

Ne discende che la fisica esistenza dei segnali in parola determina l’operare dell’obbligo di rispetto delle distanze minime da essi e, quindi, la legittimità del diniego di apposizione di cartelli pubblicitari in violazione di esse (sulla prevalenza del regime giuridico della strada, rispetto alla eventuale irregolarità dell’apposizione del segnale si veda T.A.R. Lombardia Milano Sez. IV, 20 dicembre 2010, n. 7596). Legittimità che avrebbe potuto essere negata solo laddove, nel ricorso, fosse stato richiesto l’accertamento dell’illegittimità dei segnali stradali esistenti e la conseguente rimozione degli stessi, dimostrando a tal fine l’assenza delle condizioni di fatto che ne giustificherebbero il posizionamento.

Solo la rimozione dei segnali di prescrizione farebbe venire meno l’obbligo di rispetto delle distanze che, invece, non può non sussistere finché il cartello si deve presumere legittimo, perché di fatto presente, a prescindere dalla circostanza che la sua apposizione non sia stata preceduta dall’approvazione dell’apposito progetto di cui all’art. 77 del DPR 495/92.

Per quanto attiene agli effetti della presenza di altri impianti pubblicitari si deve precisare come, diversamente da quanto asserito da parte ricorrente, ANAS s.p.a. non ha, successivamente al ricevimento del provvedimento cautelare adottato in esito all’istanza incidentale di sospensione, integrato la motivazione degli originari dinieghi ritenuti illegittimi dalla ricorrente.

Essa si è limitata, infatti, in sede di riesame imposto dalla suddetta ordinanza (n. 1729/06), a riconfermare le ragioni ostative al rilascio – rappresentate dal mancato rispetto delle distanze minime imposte dal regolamento di esecuzione e attuazione del codice della strada rispetto ad altri cartelli esistenti – specificando quanto originariamente dato per implicito e cioè la permanenza della validità dell’autorizzazione relativa agli impianti pubblicitari già presenti sull’asse viario in prossimità delle collocazioni individuate dalla odierna ricorrente per i propri cartelli pubblicitari.

Nessuna delle violazioni denunciate può, quindi, essere ravvisata nel caso in esame, essendo stata provata la validità delle autorizzazioni e la conseguente legittimità della permanenza di impianti pubblicitari appartenenti a soggetti terzi, la cui presenza determina, di per sé, l’obbligo di garantire il rispetto di distanze minime che, nel caso di specie, risultano incontestatamente mancare.

Ne discende il rigetto della domanda di annullamento, anche sotto questo specifico profilo.

Le spese del giudizio possono, però, trovare compensazione tra le parti in causa, attesa la particolarità della controversia e la sua definizione in via interpretativa.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione staccata di Brescia (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Dispone la compensazione delle spese del giudizio, compreso il contributo unificato dalla parte ricorrente anticipato ai sensi del comma 6 bis dell’articolo 13 del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 e che deve rimanere a carico della stessa.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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