Cass. civ. Sez. VI, Sent., 04-05-2012, n. 6835 Diritti politici e civili

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Rilevato che R.A.M. e G.A.R. ricorrono per cassazione nei confronti del decreto della Corte d’appello di Perugia, in epigrafe indicato, che ha rigettato la loro domanda di equa riparazione per la durata irragionevole del giudizio in materia di lavoro instaurato nel marzo 2003 avanti al Tribunale di Frosinone, concluso in primo grado con la cancellazione dal ruolo nel marzo 2008;

che il Ministero della giustizia resiste con controricorso;

Considerato che il Collegio ha deliberato l’adozione di una motivazione semplificata;

Ritenuto che con i due motivi si censura il decreto impugnato, sotto il profilo della violazione di legge ( L. n. 89 del 2001, art. 2; art. 6, p.1, artt. 13 e 41 Convenzione Europea dei diritti dell’uomo, artt. 111 e 117 Cost.) nonchè del vizio di motivazione, nella parte in cui ha ritenuto ragionevole la durata ragionevole di cinque anni del giudizio presupposto, non applicando i criteri elaborati dalla giurisprudenza della Corte Europea e esponendo motivazioni errate, illogiche e contraddittorie;

che il ricorso è fondato;

che la determinazione della durata ragionevole del giudizio presupposto, onde verificare la sussistenza della violazione del diritto azionato, costituisce oggetto di una valutazione che il giudice di merito deve compiere caso per caso tenendo presenti gli elementi indicati dalla L. n. 89 del 2001, art. 2, comma 2 anche alla luce dei criteri di determinazione applicati dalla Corte Europea e da questa Corte; criteri dai quali è consentito discostarsi, purchè in misura ragionevole e dando conto delle ragioni che lo giustifichino;

che nel caso in esame la Corte di merito non si è attenuta a tale principi: ha ritenuto ragionevole un rilevante scostamento di due anni in più dal parametro tendenziale di tre anni per un processo di primo grado, sulla sola considerazione circa la opportunità di un rinvio della udienza di discussione della causa in attesa della decisione da parte della Corte Costituzionale di una questione (sollevata in altra causa avente lo stesso oggetto) rilevante ai fini della decisione, omettendo tuttavia di considerare che, alla data del rinvio, erano già trascorsi quattro anni dall’inizio della causa senza che questa avesse trovato definizione, e che quindi, se l’ulteriore protrazione era giustificata, non altrettanto poteva ritenersi per la violazione del termine ragionevole già verificatasi;

che il decreto è pertanto cassato e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito;

che va fatta applicazione della giurisprudenza di questa Corte (Sez. 1, 14 ottobre 2009, n. 21840), a mente della quale l’importo dell’indennizzo può essere di Euro 750 per anno per i primi tre anni di durata eccedente quella ritenuta ragionevole, in considerazione del limitato patema d’animo che consegue all’iniziale modesto superamento del termine ragionevole, mentre solo per l’ulteriore periodo deve essere richiamato il parametro di Euro 1.000 per ciascun anno di ritardo;

che, pertanto, il Ministero della giustizia deve essere condannato al pagamento in favore di ciascuno dei ricorrenti della somma di Euro 750,00 a titolo di equo indennizzo per il periodo di un anno di irragionevole durata;

che su tale somma sono dovuti gli interessi legali dalla data della domanda, in conformità ai parametri ormai consolidati ai quali questa Corte si attiene nell’operare siffatte liquidazioni;

che le spese di entrambi i gradi – liquidate come da dispositivo tenuto conto dell’importo riconosciuto – seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa il decreto impugnato e, decidendo nel merito, condanna il Ministero della giustizia a corrispondere in favore di ciascuno dei ricorrenti la somma di Euro 750,00 con interessi legali a decorrere dalla data della domanda, nonchè al pagamento delle spese processuali, che liquida, quanto al giudizio di merito, in complessivi Euro 775,00 (di cui 445 per onorari e 280 per diritti), e, quanto al giudizio di legittimità, in complessivi Euro 525,00 (di cui Euro 100 per esborsi), oltre, in ambo i casi, alle spese generali e agli accessori di legge.
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