Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 04-10-2011) 31-10-2011, n. 39297

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Svolgimento del processo – Motivi della decisione

T.L., ricorre, a mezzo del suo difensore avverso il decreto di archiviazione 23 marzo 2011 del G.I.P. presso il Tribunale di Brescia, nei confronti di persona da identificare, con riferimento alle lesioni, subite in occasione di un intervento sanitario realizzato nei suoi confronti (da personale sanitario, vigili urbani e Carabinieri), lesioni consistite nella frattura di quattro costole, abrasioni toraciche e contusioni in zona lombo sacrale, deducendo vizi e violazioni nella motivazione della decisione impugnata, nei termini critici che verranno ora riassunti e valutati.

1.) i motivi di impugnazione e le richieste del Procuratore generale.

La sig.ra T.L., madre di un uno schizofrenico con lei convivente, ha presentato denuncia-querela in relazione alle lesioni subite in occasione del ricovero coatto del figlio disabile, S.F., ed il G.I.P. ha provveduto nei termini dianzi indicati.

Con un unico motivo di impugnazione la difesa della persona offesa prospetta testualmente: violazione degli art. 410 e 415 c.p.p. in relazione al provvedimento di rigetto di opposizione alla richiesta di archiviazione, essendovi nella specie una notizia di reato certa e autori del reato, pur compiutamente identificabili, ma non generalizzati, non iscritti nel registro degli indagati e estranei ad ogni attività istruttoria.

Con ulteriore sviluppo della medesima doglianza sì contesta la valutazione della irrilevanza della investigazione difensiva in relazione al solo delitto di lesioni dolose.

In particolare il ricorrente lamenta il giudizio di superfluità delle investigazioni suppletive, considerato:

a) che non sono stati identificati i Carabinieri ed il personale della polizia locale intervenuti nella circostanza del secondo accesso all’abitazione della T., per cui il procedimento risulta a carico di persona da identificare;

b) che non si è apprezzata l’inverosimiglianza di una reazione di una donna ultrasettantenne capace di esigere per la sua "sedazione" l’intervento di "più uomini";

c) che non sia stata indagata la compatibilità delle lesioni provocate, anche rispetto alla reale necessità dell’intervento, per il quale vi potevano essere stati eccessi colposi;

d) che si sia esclusa, senza indagini, la ricerca delle ragioni della iniziale prospettata presenza di un’arma nella disponibilità della donna e non sia stato fatto un quadro delle denunce presentate dalla Polizia giudiziaria nei confronti della donna e dei suoi figli;

e) che si sia aprioristicamente esclusa l’azione concausale dei Carabinieri in relazione alle indicazioni della persona offesa sull’abbigliamento degli intervenuti Ad avviso del Procuratore generale, invece, il giudice ha correttamente esercitato il suo potere-dovere di valutazione, con riferimento alla opposizione proposta dal ricorrente, atteso che il G.I.P. si è fatto carico di entrambi gli oneri che gravano in materia: da un lato, quello di esaminare il contenuto dell’opposizione, osservando che nel caso di specie mancava la prospettazione di investigazioni idonee a porre in discussione il fondamento della richiesta del pubblico ministero, dall’altro, mostrando di condividere l’analisi oggettiva delle risultanze con valutazione di infondatezza della notizia di reato, addivenendo così alla richiesta archiviazione, dovendosi intendere quale dichiarazione di inammissibilità il rigetto della proposta opposizione.

2.) le ragioni della decisione di questa Corte.

Il ricorso proposto dalla parte civile è inammissibile.

Nella specie invero, il provvedimento impugnato, erroneamente indicato come "decreto" va in realtà qualificato come "ordinanza", dal momento che il giudice si è nella specie pronunciato, al di fuori dei casi previsti dall’art. 410 c.p.p., comma 2 (che impongono la decisione di archiviazione nella forma del "decreto"), con provvedimento che ha natura di ordinanza ed esito di archiviazione, decisione comunque ricorribile per cassazione (ex art. 409 c.p.p., comma 6) solo nei casi di nullità previsti dall’art. 127 c.p.p., comma 5, nella specie non sussistenti e comunque non dedotti.

Da ciò la declaratoria di inammissibilità del ricorso.

All’inammissibilità del ricorso stesso consegue, ex art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende che si stima equo determinare in Euro 300.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 300,00 in favore della Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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