Cass. civ. Sez. VI, Sent., 04-05-2012, n. 6833 Diritti politici e civili

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Rilevato che S.M.G. ricorre per cassazione nei confronti del decreto della Corte d’appello di Perugia, in epigrafe indicato, che ha rigettato la sua domanda di equa riparazione per violazione dei termini di ragionevole durata del giudizio civile instaurato nel luglio 2001 avanti al Giudice di pace di Roma e proseguito per saltum avanti alla Corte di Cassazione, che l’ha definito con sentenza nel febbraio 2008;

che il Ministero della giustizia non ha svolto difese;

Considerato che il Collegio ha deliberato l’adozione di una motivazione semplificata;

Ritenuto che con l’unico motivo si censura il decreto impugnato, sotto il profilo della violazione di legge (art. 6 Convenzione europea dei diritti dell’uomo), nella parte in cui, nella determinazione della durata ragionevole, non avrebbe considerato che il giudizio ha avuto solo due gradi e non tre; ed avrebbe detratto l’intero periodo di due anni utilizzato da essa ricorrente per proporre l’impugnazione, senza detrarre il termine stabilito dalla legge a tal fine;

che il ricorso è privo di fondamento;

che, in primo luogo, la Corte di merito ha rettamente considerato – alla luce della consolidata giurisprudenza della Corte Europea e di questa Corte – in cinque anni la durata ragionevole di un processo articolatosi in due gradi;

che, anche con riguardo all’accertamento della durata effettiva del processo imputabile allo Stato, la Corte d’appello ha rettamente applicato il consolidato orientamento di questa Corte (cfr.ex multis n. 23323/07; n. 8287/10; n. 11307/10) secondo cui, dovendo sempre procedersi ad una valutazione sintetica e complessiva del processo anche quando esso si sia articolato in gradi e fasi, in tal caso deve detrarsi il tempo ascrivibile alla parte – e per ciò non imputabile allo Stato -, quale il maggior tempo utilizzato dall’attore rispetto al termine stabilito dall’art. 163 bis c.p.c. nella fissazione della data dell’udienza di prima comparizione, ovvero per la notifica dell’atto di impugnazione oltre il termine stabilito dall’art. 325 c.p.c., in entrambe le ipotesi trattandosi di legittimo esercizio di una facoltà, che tuttavia non può ricadere sullo Stato;

che, applicando tale orientamento al caso in esame, si constata che la durata complessiva del processo, nei due gradi in cui si è svolto, dalla sua instaurazione in primo grado (31.7.2001) alla data (18.2.2008) di deposito della sentenza della Cassazione, è di sei anni e sette mesi circa; che da tale durata complessiva deve detrarsi il maggior tempo utilizzato dalla ricorrente per l’impugnazione rispetto al termine stabilito dall’art. 325 c.p.c.: e, quand’anche dovesse ritenersi tale maggior tempo pari a 22 mesi anzichè a 24 mesi, non si perverrebbe comunque a ritenere che la durata del giudizio presupposto (quattro anni e nove mesi) abbia superato il termine ragionevole;

che il ricorso va dunque rigettato, senza provvedere sulle spese nei limiti di cui in motivazione.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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