Cass. civ. Sez. VI, Sent., 04-05-2012, n. 6829 Diritti politici e civili

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Con ricorso alla Corte d’appello di Perugia M.M. proponeva domanda di equa riparazione ai sensi della L. n. 89 del 2001 per violazione dell’art. 6 della C.E.D.U. a causa della irragionevole durata del giudizio di opposizione ad ordinanza- ingiunzione prefettizia instaurato dinanzi al Giudice di pace di Roma nell’ottobre 2005 e definito con sentenza resa pubblica nel gennaio 2008. La Corte d’appello, ritenuta la durata ragionevole del giudizio presupposto, ha rigettato la domanda, con onere a carico della parte ricorrente delle spese di lite.

Avverso tale decreto M.M. ha proposto ricorso a questa Corte per tre motivi.

Il Ministero della Giustizia non ha svolto difese.

2. Il collegio ha disposto farsi luogo a motivazione semplificata.

3. Il ricorrente denunzia, in primo luogo, la violazione e falsa applicazione di legge ( L. n. 89 del 2001, art. 2) deducendo che la Corte di merito ha ritenuto ragionevole una durata di due anni e tre mesi, senza considerare la semplicità del giudizio L. n. 689 del 1981, ex art. 23 dinanzi al Giudice di pace, per il quale non potrebbe valere il termine normalmente considerato di tre anni.

Denunzia, in secondo luogo, l’illogicità della motivazione esposta nel provvedimento impugnato, secondo cui dal momento (ottobre 2006) della lettura in udienza del dispositivo di annullamento dell’ordinanza prefettizia in accoglimento dell’opposizione ogni preoccupazione del ricorrente doveva ritenersi superata, anche se la sentenza è stata poi pubblicata dopo oltre un anno: deduce invece il ricorrente che il patema d’animo cessa solo quando viene a sapere che la sentenza è passata in giudicato, e che comunque il tempo decorso sino alla pubblicazione della sentenza deve essere considerato.

Censura, infine, sotto il profilo della insufficiente motivazione, la condanna alle spese, deducendo come, anche nella ipotesi di rigetto della domanda, sussistessero tutti i presupposti per la compensazione delle spese.

4. Tali doglianze sono prive di fondamento.

La determinazione della durata ragionevole del giudizio presupposto, onde verificare la sussistenza della violazione del diritto azionato, costituisce oggetto di una valutazione che il giudice di merito deve compiere tenendo presenti gli elementi indicati dalla L. n. 89 del 2001, art. 2, comma 2 anche alla luce dei criteri di determinazione applicati dalla Corte Europea e da questa Corte. Criteri ai quali ritualmente la Corte d’appello ha fatto riferimento, facendo riferimento al parametro tendenziale di tre anni per il primo grado per cause non complesse, dal quale non ha ritenuto, nella valutazione discrezionale riservata al giudice di merito, di doversi discostare fino a ritenere irragionevole una durata del processo inferiore di circa un terzo al suddetto parametro. Esclusa dunque la denunciata violazione della norma di legge indicata, deve anche osservarsi, quanto alla denunciata illogicità della motivazione, che il convincimento circa la infondatezza della domanda risulta anche sostenuto nel decreto impugnato da una valutazione in concreto che, inserita nel contesto complessivo della motivazione, non appare priva di logicità, non essendo peraltro condivisibile l’assunto del ricorrente secondo cui il dies ad quem del calcolo della durata del giudizio imputabile allo Stato dovrebbe estendersi oltre la data di deposito della sentenza sino al passaggio in giudicato (cfr. Cass. Sez. 1 n. l 1307/10; n. 5212/07).

Quanto poi alla critica in ordine alla scelta, implicitamente operata dalla Corte di merito, di non compensare le spese del giudizio e di applicare il criterio stabilito dall’art. 91 c.p.c., va osservato che l’applicazione del criterio della soccombenza si basa solo sulla sussistenza di tale situazione, essendo riservata alla valutazione discrezionale del giudice di merito l’esercizio della facoltà di compensazione prevista dall’art. 92 c.p.c., senza necessità di motivazione in caso di mancato esercizio.

5. Il ricorso deve dunque essere rigettato, senza provvedere sulle spese in assenza di attività difensiva della Amministrazione intimata.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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