Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 04-10-2011) 31-10-2011, n. 39279

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

P.P. ricorre in Cassazione avverso l’ordinanza, in data 12.05.2011, del Tribunale del Riesame di Roma che ha rigettato l’appello dal medesimo proposto avverso l’ordinanza del 2.03.2011 del GUP presso il Tribunale di Latina di rigetto dell’istanza di sostituzione della misura della custodia in carcere con quella degli arresti domiciliari. Con un unico motivo si eccepisce la violazione del giudicato cautelare endopro-cessuale, nonchè vizio di motivazione e violazione di legge con riferimento all’art. 274 c.p.p., lett. b) in ordine al giudizio astratto e presuntivo della sussistenza del pericolo di fuga.

Si premette che il giudice della cautela ha ritenuto permanere il pericolo di fuga in relazione al ruolo avuto dall’imputato nel fatto reato contestato, desumendo, da ciò, in via presuntiva, un suo inserimento in ambienti dediti al narcotraffico e, dunque, alla possibilità di sottrarsi alla esecuzione della condanna. Pur non essendo contestato il pericolo di recidiva il Tribunale utilizza argomentazioni che sono proprie di un giudizio prognostico sfavorevole all’imputato quanto al pericolo di reiterazione. E’ evidente la violazione di legge poichè si è formato un giudicato cautelare endoprocessuale che limita l’appello non già al pericolo di recidiva o di inquinamento probatorio, ma al solo pericolo di fuga. Il Tribunale ha, invece, travalicato il limite del giudicato cautelare utilizzando argomentazioni e valutazioni che sono proprie di un giudizio di pericolosità sociale e non già inerenti al pericolo di fuga, basato per altro su giudizi meramente presuntivi e non già su di un giudizio che abbia come presupposto la concretezza del pericolo di sottrarsi alla giustizia. Si eccepisce la carenza di motivazione in relazione alla mancata valutazione degli elementi concreti offerti dalla difesa circa la insussistenza del paventato pericolo di fuga essendo sufficiente rilevare che la spontanea consegna dell’indagato all’A.G., venendo dalla Spagna in Italia, elimina in nuce il pericolo di in questione. I motivi esposti sono infondati sicchè il ricorso va rigettato.

In realtà la questione del giudicato cautelare con riferimento al pericolo di recidiva e non a quello di fuga è del tutto mal posta.

E’ noto che, secondo costante giurisprudenza di legittimità (ex multis SS.UU. 12 ottobre 1993 – 11 gennaio 1994, n. 23), soltanto un successivo apprezzabile mutamento del fatto evita l’effetto preclusivo di un precedente giudizio cautelare; pertanto le questioni dedotte, in difetto di nuove acquisizioni probatorie che implichino un mutamento della situazione di fatto sulla quale la decisione era fondata, restano precluse nel procedimento cautelare attivato da una richiesta di revoca della misura dell’indagato (vedi anche SS.UU. 31 marzo 2004 – 20 aprile 2004, n. 18339, CED 227359, che si riferisce ad una nuova richiesta di misura cautelare del Pubblico Ministero nei confronti dello stesso soggetto e per lo stesso fatto), e ciò non solo in riferimento alla gravità indiziaria ma anche alla sussistenza delle esigenze di cui all’art. 274 c.p.p., lett. b).

Correttamente il Tribunale ha evidenziato che l’unico fatto nuovo rappresentato dall’imputato, rispetto agli elementi valutati in sede di riesame della misura cautelare, con riguardo al pericolo di fuga, è la possibilità di ovviare all’assenza di una residenza nel territorio nazionale, attraverso la disponibilità manifestata dal responsabile di Convento di Cori ad accogliere il P., quale luogo degli arresti domiciliari.

Ebbene, inevitabilmente, il Tribunale, nel considerare in maniera globale sia la pericolosità di una recidiva che di una fuga, ha dovuto far riferimento a quelle valutazioni esposte su tali punti in sede di riesame della misura cautelare, giungendo alla conclusione, con motivazione congrua, che "le pressanti e persistenti esigenze di cui all’art. 274 c.p.p., lett. b) individuate nelle precedenti ordinanze, non possono ritenersi allo stato fronteggiabili con la misura gradata prospettata dal ricorrente.

In effetti, nelle precedenti ordinanze la scelta della misura carceraria già era stata indicata quale unica idonea a garantire le esigenze cautelari e l’aver evidenziato che, tra l’altro, il P. P. non disponeva in Italia di un luogo di dimora è stato un rilievo del tutto marginale.

Ed è proprio in ragione di tale argomentazione che l’avere individuato tale luogo non può ritenersi "fatto nuovo" rispetto a quanto già valutato in sede di riesame della misura cautelare.

E d’altronde, le circostanze valorizzate nella richiesta di sostituzione della misura cautelare in carcere con quella degli arresti domiciliari, concretizzanti, a dire del ricorrente, l’attenuazione delle esigenze cautelari, quali la presentazione spontanea dell’indagato all’A.G. di Latina, la sua incensuratezza, ed il fatto di essere dedito ad importanti e prestigiose attività professionali, sono state analiticamente già considerate nelle richiamate ordinanze prese in sede di riesame.

Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. La Corte dispone inoltre che copia del provvedimento sia trasmesso al Direttore dell’Istituto penitenziario competente, perchè provveda a quanto stabilito dall’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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