Cass. civ. Sez. VI, Sent., 04-05-2012, n. 6827 Diritti politici e civili

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Con ricorso alla Corte d’appello di Lecce M.V. proponeva domanda di equa riparazione ai sensi della L. n. 89 del 2001 per violazione dell’arto della C.E.D.U. a causa della irragionevole durata del giudizio instaurato nei confronti dell’I.N.P.S. dinanzi al Tribunale di Trani – sezione lavoro nel febbraio 2005, definito in primo grado con sentenza nel maggio 2008.

La Corte d’appello, ritenuta la durata ragionevole del giudizio presupposto, ha rigettato la domanda, con onere a carico della parte ricorrente delle spese di lite.

Avverso tale decreto M.V. ha proposto ricorso a questa Corte per tre motivi, cui resiste il Ministero della Giustizia con controricorso.

2. Il collegio ha disposto farsi luogo a motivazione semplificata.

3. Il ricorrente denunzia la violazione e falsa applicazione della L. n. 89 del 2001, art. 2 degli artt. 112 e 115 cod. proc. civ. e degli artt. 24 e 111 Cost. nonchè la mancanza, insufficienza e contraddittorietà della motivazione, deducendo che la corte territoriale:

a) ha considerato la sola durata complessiva (poco oltre tre anni) del procedimento presupposto, omettendo di tener conto – nonostante i criteri di valutazione indicati in premessa nel decreto – del lungo lasso di tempo intercorso tra il deposito del ricorso e la data della prima udienza e tra questa e quella di rinvio, per una causa non complessa che avrebbe potuto essere decisa in non più di dieci mesi invece che nei trentanove mesi impiegati; b) ha aggiunto l’affermazione, priva di indicazione delle prove a sostegno e neppure supportata da una specifica eccezione dell’Amministrazione, secondo la quale esso ricorrente avrebbe instaurato il giudizio presupposto quando era già stato soddisfatto della sua pretesa, quindi consapevole della infondatezza.

4. Tali doglianze sono prive di fondamento.

La determinazione della durata ragionevole del giudizio presupposto, onde verificare la sussistenza della violazione del diritto azionato, costituisce oggetto di una valutazione che il giudice di merito deve compiere caso per caso tenendo presenti gli elementi indicati dalla L. n. 89 del 2001, art. 2, comma 2 anche alla luce dei criteri di determinazione applicati dalla Corte Europea e da questa Corte.

Criteri ai quali rettamente la Corte d’appello ha fatto riferimento, applicando, nella sua valutazione discrezionale che non può costituire oggetto di riesame nel merito in questa sede senza violare i limiti del giudizio di legittimità, il parametro tendenziale di tre anni per il primo grado per cause non complesse, e rilevando come da tale parametro tendenziale sia consentito discostarsi, purchè in misura ragionevole. E, in effetti, non merita censura l’aver ritenuto ragionevole uno scostamento della durata contenuto in soli tre mesi.

Quanto poi alla critica in ordine alla ulteriore ratio deciderteli riguardante la consapevolezza nel ricorrente della infondatezza della sua pretesa, tale critica, ove anche fondata, non potrebbe comunque produrre in nessun caso l’annullamento del provvedimento impugnato, che resta validamente sorretto dalla ratto, infondatamente criticata, riguardante la ragionevolezza della durata del processo presupposto.

5. Il ricorso deve dunque essere rigettato, con la conseguente condanna del soccombente al pagamento delle spese, che si liquidano come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, in Euro 400,00 per onorari oltre le spese prenotate a debito.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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