Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 04-10-2011) 31-10-2011, n. 39278

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Il Tribunale di Verona ha applicato, ex art. 444 c.p.p., nei confronti di G.H., T.R., V.B.M., la pena rispettivamente dagli stessi concordata con il pubblico ministero per i reati a loro contestati, attinenti la detenzione illecita di sostanze stupefacenti.

2. Avverso tale sentenza hanno presentato ricorsi per cassazione gli imputati, per il tramite dei rispettivi difensori.

2.1 G.H. deduce violazione di legge in relazione all’art. 81 cpv. c.p.; censura l’erronea qualificazione giuridica del fatto con riferimento all’istituto della continuazione e sostiene che la contestazione faceva riferimento a due distinte quantità di stupefacente in un medesimo contesto spazio temporale; in tale situazione si sarebbe dovuto escludere la continuazione e non considerarla esistente ed applicare – come avvenuto – un aumento di pena a tale titolo.

2.2 V.B.M. lamenta il difetto di motivazione in ordine alla sussistenza dei presupposti di cui all’art. 129 c.p.p.;

sostiene che l’iter argomentativo del giudice del merito in ordine alla sussistenza o meno delle condizioni per il proscioglimento ai sensi dell’art. 129 c.p.p., si esaurisce nel mero richiamo, per relazione, al contenuto dell’ordinanza cautelare, così da integrare un’ipotesi tipica di difetto assoluto di motivazione, sotto la specie di motivazione meramente apparente.

2.3 T.R. deduce il vizio di violazione di legge e carenza di motivazione in quanto la sentenza impugnata non reca traccia di una disamina quanto alla sussistenza di eventuali cause di non punibilità ex art. 129 c.p.p..

Motivi della decisione

1. I ricorsi sono inammissibili.

1.1 La questione posta da G.H. si risolve in una inammissibile censura in fatto, incompatibile con il rito del "patteggiamento". E’ stato lo stesso imputato, o il suo difensore, a sollecitare da parte del giudice il trattamento sanzionatorio poi effettivamente applicato in relazione alla contestazione dei reati formulata dal pubblico ministero, cui sostanzialmente ha aderito. Non gli è ora consentito, con il ricorso per cassazione, mettere in dubbio i presupposti di tale contestazione e del "patto" recepito dal giudice sostenendo che i fatti che gli sono stati contestati si sono svolti in un unico contesto e dunque costituivano un unico reato, in quanto tale censura presuppone un accertamento dei fatti che hanno dato origine al presente procedimento non solo incompatibile con il giudizio di cassazione, ma alla quale l’imputato ha rinunciato con la proposta da lui formulata ed il rilevante sconto di pena ottenuto.

1.2.3 Per quanto riguarda i ricorsi di T.R. e V.B. M., gli stessi sono inammissibili per manifesta infondatezza e genericità dei motivi. Come questa Corte ha ripetutamente affermato (cfr. ex plurimis Cass. S.U. 27 settembre 1995, Serafino), l’obbligo della motivazione della sentenza di applicazione concordata della pena va conformato alla particolare natura della medesima e deve ritenersi adempiuto qualora il giudice dia atto, ancorchè succintamente, di aver proceduto alla delibazione degli elementi positivi richiesti (la sussistenza dell’accordo delle parti, la corretta qualificazione giuridica del fatto, l’applicazione di eventuali circostanze ed il giudizio di bilanciamento, la congruità della pena, la concedibilità della sospensione condizionale della pena ove la efficacia della richiesta sia ad essa subordinata) e di quelli negativi (che non debba essere pronunciata sentenza di proscioglimento a norma dell’art. 129 c.p.p.).

In particolare, il giudizio negativo in ordine alla ricorrenza di una delle ipotesi di cui all’art. 129 c.p.p. deve essere accompagnato da una specifica motivazione soltanto nel caso in cui dagli atti o dalle deduzioni delle parti emergano concreti elementi circa la possibile applicazione di cause di non punibilità, dovendo, invece, ritenersi sufficiente, in caso contrario, una motivazione consistente nell’enunciazione, anche implicita, che è stata compiuta la verifica richiesta dalla legge e che non ricorrono le condizioni per una pronuncia di proscioglimento ai sensi della disposizione citata.

Nel procedimento speciale di applicazione della pena su richiesta delle parti, il giudice decide, invero, sulla base degli atti assunti ed è tenuto, pertanto, a valutare se sussistano le anzidette cause di proscioglimento soltanto se le stesse preesistano alla richiesta e siano desumibili dagli atti medesimi. Nella specie il giudice ha escluso una tale possibilità facendo richiamo alle risultanze istruttorie evidenziate nella ordinanza cautelare. Non è consentito, dunque, all’imputato, dopo l’intervenuto e ratificato accordo, proporre questioni in ordine alla mancata applicazione dell’art. 129 c.p.p., senza precisare per quali specifiche ragioni detta disposizione avrebbe dovuto essere applicata nel momento del giudizio.

2. Segue, a norma dell’art. 616 c.p.p., la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese del procedimento ed al pagamento a favore della cassa delle Ammende, non emergendo ragioni di esonero, della somma di Euro 1500,00 (millecinquecento/00) ciascuno a titolo di sanzione pecuniaria.

P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese del procedimento e ciascuno al versamento di Euro 1.000,00 in favore della cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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