Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 04-10-2011) 31-10-2011, n. 39273

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

L’avv. M.P.D., in proprio, ricorre in Cassazione, con separati atti, avverso le ordinanze del Tribunale di Potenza, entrambe in data 17.06.2010, rispettivamente di rigetto: a) del ricorso avverso il decreto di revoca del patrocinio a spese dello Stato emesso dalla Corte d’Assise di Potenza il 20.04.2009 (reg. Gen. Cass. N.7509/2011); b) del ricorso avverso il decreto di rigetto dell’istanza di liquidazione degli onorari richiesti dall’avv. M.P.D. in relazione all’attività prestata in favore di Z.P., emesso dal GIP presso il medesimo Tribunale il 29.05.2009 (reg.Gen. Cass. N. 7522/2011).

Preliminarmente è stata disposta la riunione dei procedimenti.

I ricorsi hanno contenuto identicò, si denuncia violazione di legge nella specie della disposizione di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 76, comma 4 bis, come introdotta dalla L. n. 125 del 2008, art. 12, ed interpretata dalla sentenza n. 139/10 della Corte Costituzionale, nonchè vizio di motivazione.

La censura riguarda l’applicazione retroattiva della disposizione normativa di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, comma 4 bis, introdotta dalla L. n. 125 del 2008, art. 12 ter, che impone la presunzione del superamento dei limiti di reddito previsti per l’ammissione al beneficio per i soggetti condannati per alcuni reati, tra cui quello di cui all’art. 416 bis c.p., disposizione entrata in vigore successivamente all’ammissione dello Z. al beneficio revocato.

Si rappresenta altresì la risalenza nel tempo delle condanne poste a base del provvedimento di revoca del beneficio e la mancata considerazione dello stato di detenzione ininterrotta dallo Z. sin dall’anno 1995, ed inoltre, si evidenzia la mancanza di prova della percezione dei redditi da parte dello Z. e la mancanza di riscontri e di giustificazioni alla presunzione della disponibilità di redditi anche illeciti da parte sua.

I motivi esposti sono infondati sicchè i ricorsi vanno rigettati.

Va ricordato che il D.P.R. n. 115 del 2002, art. 76, comma 4 bis (T.U. Spese di Giustizia), stabilisce che "Per i soggetti già condannati con sentenza definitiva per i reati di cui all’art. 416 bis c.p., D.P.R. 23 gennaio 1973, n. 43, art. 291 quater, art. 73, limitatamente alle ipotesi aggravate ai sensi del D.P.R. n. 309 del 1990, art. 80, e art. 74, comma 1, nonchè per i reati commessi avvalendosi delle condizioni previste dal predetto art. 416 bis c.p. ovvero alfine di agevolare l’attività delle associazioni previste dallo stesso articolo, ai soli fini del presente decreto, il reddito si ritiene superiore ai limiti previsti". La disposizione, come reso palese dalla lettera della legge, prevede una presunzione di superamento del limite di reddito per quei soggetti già condannati per gravissimi reati, in relazione alla commissione dei quali, secondo massime di esperienza, si ritiene che l’autore abbia beneficiato di redditi illeciti.

La sentenza della Corte Costituzionale del 14 aprile 2010 n. 139, richiamata dal ricorrente ha evidenziato, come rilevato nella impugnata ordinanza, che detta presunzione deve ritenersi relativa e non assoluta, determinando semplicemente una inversione dell’onere della prova. Ciò premesso, il ricorrente pretende di riscontrare una violazione di legge ed un difetto di motivazione nei mancati approfondimenti sul suo reddito e ciò in palese contrasto con la chiara disposizione normativa che onera il ricorrente, in tali casi, a fornire una convincente prova della insussistenza di redditi.

Ed altrettanto correttamente è stato evidenziato dal Tribunale che l’introduzione del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 76, comma 4 non pone un problema di retroattività della disposizione proprio alla luce della richiamata sentenza della Corte Costituzionale. In effetti prima dell’entrata in vigore di tale norma già era costante l’orientamento della giurisprudenza di legittimità, la quale ha sempre affermato che, ai fini del diniego dell’ammissione al gratuito patrocinio e della revoca del beneficio già riconosciuto, rilevano anche i redditi da attività illecite, che possono essere accertati con gli ordinari mezzi di prova, tra cui le presunzioni semplici di cui all’art. 2729 c.c..

Il rigetto dei ricorsi comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

La Corte, previa riunione del procedimento N. 7522/2011 al procedimento connesso n. 7509/2011, rigetta i ricorsi e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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