Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 04-10-2011) 31-10-2011, n. 39261

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

C.D. ricorre in cassazione avverso la sentenza, in data 21.12.2010, della Corte d’Appello di Catanzaro di conferma della sentenza di condanna emessa nei suoi confronti il 17.07.2008 dal Tribunale di Lamezia Terme in ordine ai reati di tentativo di furto aggravato ed evasione.

Denuncia vizio di motivazione in ordine al delitto di furto tentato in quanto la Corte del merito, sebbene sollecitata sul punto con specifico motivo, non ha dato conto delle contraddizioni esistenti tra le dichiarazioni della teste P., che aveva riferito di aver visto il ricorrente nel cortile nel mentre sollevava la serranda del garage e quelle dei poliziotti intervenuti nell’immediatezza, che hanno, invece, riferito di aver visto il C. mentre rovistava tra le cose custodite nel locale. Censura, altresì, la motivazione ritenendola del tutto apodittica laddove si è ritenuto che l’imputato avesse aperto la serranda con chiavi contraffatte non essendo stato fatto alcun accertamento in tal senso sulle chiavi rinvenute in suo possesso.

Con un secondo motivo si censura la sentenza in ordine alla sussistenza del delitto di evasione non essendo state considerate le giustificazioni del ricorrente secondo cui egli era in possesso di un permesso di allontanarsi dalla propria abitazione ove era ristretto agli arresti domiciliari.

Motivi della decisione

Il ricorso è inammissibile perchè fondato su motivi manifestamente infondati.

Il compito del giudice di legittimità è quello di verificare se i giudici di merito abbiano logicamente giustificato la loro valutazione sulla sufficienza degli elementi di natura indiziaria acquisiti al processo al fine di pervenire all’affermazione che il ricorrente doveva ritenersi l’autore del tentato furto e se abbiano correttamente applicato i criteri di valutazione della prova indiziaria previsti dall’art. 192 c.p.p..

Il vizio dedotto dal ricorrente non è riconducibile al ed.

"travisamento del fatto" perchè, con il proposto ricorso, si pone il problema dell’individuazione dei criteri che il giudice deve utilizzare per valutare l’idoneità indiziaria dei fatti accertati e l’efficacia probatoria di questi indizi nonchè la loro capacità individualizzante.

Non viene quindi in considerazione il tema della ricomposizione del quadro probatorio ormai "fotografato" con la ricostruzione del fatto compiuta dal giudice di merito che sarebbe inammissibile in questa sede. Compito del giudice di legittimità non è infatti quello di ricostruire e valutare i fatti diversamente da quanto compiuto dal giudice di merito, ma di sindacare la correttezza del ragionamento di questi sulla valutazione relativa alla efficacia indiziaria dei fatti accertati. Il sindacato di legittimità sul procedimento logico che consente di pervenire al giudizio di attribuzione del fatto con l’utilizzazione di criteri di inferenza, o massime di esperienza, è diretto a verificare se il giudice di merito abbia indicato le ragioni del suo convincimento e se queste ragioni siano plausibili.

E, per giungere a queste conclusioni, è necessario verificare se siano stati rispettati i principi di completezza (se il giudice abbia preso in considerazione tutte le informazioni rilevanti), di correttezza e logicità (se le conclusioni siano coerenti con questo materiale e fondate su corretti criteri di inferenza e su deduzioni logicamente ineccepibili).

Ebbene, relativamente alla prima censura del ricorso, la motivazione dell’impugnata sentenza è esaustiva e condivisibile non rilevandosi alcuna contraddittorietà circa l’analisi delle dichiarazioni testimoniali, come eccepita, essendo del tutto plausibile che i poliziotti, avvertiti da altri condomini, abbiano trovato l’imputato all’interno del locale, in quanto intervenuti in un momento successivo a quello in cui la teste P., dalla sua finestra che affaccia nel cortile, ha visto il ricorrente armeggiare vicino alla serranda. Quanto alle chiavi la Corte del merito rileva che gli agenti hanno affermato che esse erano visibilmente contraffatte. Del resto, alla base vi è una deduzione logica, atteso che la serratura non è stata forzata, per forza di cose è stata aperta con chiavi contraffatte.

Anche sul secondo motivo si condivide l’assunto del giudice d’appello: una volta acquisita la prova del furto, la giustificazione resa in ordine al delitto di evasione dagli arresti domiciliari non ha rilevanza difensiva in quanto, se è vero che il C., sulla base di un’autorizzazione specifica, poteva allontanarsi dal domicilio, ciò poteva fare solo per le ragioni indicate nel provvedimento autorizzativo e non certo per commettere un furto.

Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1000,00 in favore della cassa delle ammende.

P.Q.M.

Dichiara il ricorso inammissibile e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1000,00 in favore della cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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