T.A.R. Lombardia Milano Sez. IV, Sent., 01-12-2011, n. 3009

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Il ricorrente impugnava il provvedimento con cui gli era stato comunicato il giudizio di inidoneità attitudinale al servizio nella Polizia di Stato.

Faceva presente di essere un agente scelto della Polizia di Stato assunto in servizio nel 1996 che era stato sospeso dal servizio con decreto del 16.6.2006 a decorrere dal 1.8.2006 perché rinviato a giudizio innanzi al Tribunale di Milano per il reato di corruzione.

Con provvedimenti ministeriali del 13.7.2011 veniva disposta la riassunzione essendo quasi scaduto il termine massimo di sospensione cautelare pari a cinque anni e non essendosi ancora definita la vicenda penale.

La riammissione in servizio veniva subordinata all’accertamento della permanenza dei requisiti fisicopsichici ed attitudinali tenuto conto del lungo periodo di assenza dal servizio.

All’esito di tali verifiche il ricorrente risultava idoneo sul piano dei requisiti fisici e psichici, ma non idoneo sotto il profilo attitudinale con conseguente cessazione dal servizio.

Il ricorso si fonda su tre motivi.

Il primo denuncia la violazione dell’art. 2 D.M. 30.6.2003 nr. 198 dal momento che gli accertamenti attitudinali sono previsti solamente al momento del concorso per l’assunzione in servizio e non successivamente quando sarebbero possibile solo verifiche dei requisiti fisici e psichici ed a supporto di tale tesi venivano citati dei precedenti giurisprudenziali.

La riammissione in servizio non avendo valore novativo del rapporto di lavoro non consentirebbe pertanto la riconsiderazione dei requisiti attitudinali.

Il secondo motivo lamenta l’eccesso di potere per sviamento della causa tipica, difetto di motivazione, difetto dei presupposti, ingiustizia manifesta e irragionevolezza.

Anche nei casi in cui la giurisprudenza aveva ammesso la possibilità di effettuare una verifica dei requisiti attitudinali dopo la costituzione del rapporto di servizio, l’aveva subordinata alla presenza di elementi sintomatici che potevano far dubitare della permanenza degli stessi.

Nel caso in esame, invece, lo scopo di tali accertamenti era solo quello di impedire il reintegro nelle funzioni dopo il periodo di sospensione dal servizio dal momento che il mero decorso del tempo non può essere considerato un elemento sintomatico che giustifichi un accertamento della permanenza dei requisiti attitudinali tenuto conto oltretutto che quando era in servizio il ricorrente aveva ricevuto attestati di stima e nei suoi confronti era stata redatta documentazione caratteristica con giudizio lusinghieri.

Infine va detto che le caratteristiche attitudinali ineriscono alla personalità ed alle inclinazioni del soggetto e non sono soggette a modificarsi nel tempo.

Il terzo motivo censura la mancata applicazione del DPR 339\1982 per non essere stato disposto il passaggio ad altri ruoli del personale della Pubblica Sicurezza o di altre amministrazioni dello Stato come previsto per il personale non più idoneo al servizio.

Il Ministero dell’Interno si costituiva in giudizio chiedendo il rigetto del ricorso.

Il ricorso non è fondato.

La possibilità di disporre accertamenti attitudinali nei confronti del personale in servizio è stata oggetto di difformi pronunce giurisprudenziali tanto da indurre l’amministrazione a chiedere un parere consultivo alla Commissione Speciale istituita presso il Consiglio di Stato (parere nr. 2206/2010 del 04.10.2010) che così si era espressa in merito: "In primo luogo va osservato che la legge considera in modo unitario il giudizio di idoneità al servizio; ciò si ricava dalla disposizione di cui all’art. 25 della legge 1 aprile 1981 n. 121, che prevede che "i requisiti psicofisici e attitudinali, di cui debbono essere in possesso gli appartenenti ai ruoli della Polizia di Stato, che esplicano funzioni di polizia, sono stabiliti con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell’interno".

Giova poi osservare a livello esegetico che la formulazione letterale della norma di cui all’art. 2 del d.m. n. 198/2003 non esclude affatto la possibilità di sottoporre il dipendente riammesso in servizio, in esecuzione di un giudicato amministrativo, anche ad accertamento attitudinale, oltre che psicofisico, in costanza di rapporto.

L’art. 2 del d.m. n. 198/2003, infatti, nella rubrica recita testualmente "accertamento dell’idoneità fisica, psichica ed attitudinale degli appartenenti ai ruoli della Polizia di Stato", con ciò confermandosi quale disposizione che mira a disciplinare anche gli accertamenti attitudinali.

E sebbene al primo ed al secondo comma la disposizione si riferisca solo all’idoneità fisica e psichica, disciplinando le modalità con cui la stessa può essere accertata, in costanza di rapporto; al comma terzo il testo normativo disciplina genericamente il giudizio di idoneità al servizio di polizia (con ciò comprendendo anche il giudizio sull’idoneità attitudinale per coerenza con la rubrica) che può essere accertata dalla pubblica amministrazione – oltre che in alcuni tassativi casi enunciati dalla norma – opportunamente e specificamente motivando, anche qualora sussistano circostanze che lo rendano obiettivamente necessario.

In disparte – stante la sua irrilevanza logica – la questione relativa alla novazione del rapporto legata alla riammissione (novazione che non sembra sussistere alla luce dell’effetto ripristinatorio proprio dell’annullamento giurisdizionale cui consegue l’efficacia ex tunc dell’eliminazione del provvedimento di destituzione annullato e che era stata erroneamente supposta dalla vecchia giurisprudenza che la sezione sesta volle superare con la decisione n. 909/2010) – questione che risulta mal posta una volta ammessa, sulla base della testuale formulazione della norma, la possibilità di un accertamento dell’idoneità attitudinale anche in costanza di rapporto – va rilevato che nulla osta ad ammettere, sul piano normativo, che l’accertamento dell’idoneità attitudinale possa avvenire in costanza di rapporto ove sussistano peculiari condizioni.

Tale possibilità di rinnovare il giudizio di idoneità, in particolare, va ammessa ove sussistano "specifiche circostanze" che devono essere fatte oggetto di "adeguata motivazione", ai sensi dell’art. 2, comma 3, del d.p.r. n. 198 del 2003….. D’altra parte non può trarsi alcun argomento circa la natura del giudizio di accertamento delle attitudini che possa confinarlo solo alla fase prodromica all’instaurazione del rapporto.

L’accertamento dell’idoneità attitudinale al servizio è un istituto giuridico e come tale esso è conformato unicamente dalla norma (non da una sua supposta "natura" che lo voglia coessenziale unicamente all’accesso all’impiego), con l’unico limite del canone costituzionale, che, nella specie, deve essere individuato essenzialmente nell’art. 97 Cost. e nel principio di buon andamento dell’amministrazione.

Inoltre va considerato che le vicende umane sono soggette a cambiamenti e, pertanto, in speciali evenienze, non può considerarsi irragionevole rinnovare in costanza di rapporto il controllo sull’attitudine del prestatore al servizio; poiché non vi è dubbio che le attitudini, come i requisiti psicofisici, siano soggette a mutare nel tempo.

I requisiti in parola riguardano infatti caratteristiche dell’individuo (livello evolutivo, controllo emotivo, capacità intellettive, socialità) che non costituiscono realtà innate né immutabili nel tempo e che sono suscettibili di subire variazioni anche apprezzabili, eventualmente in senso sfavorevole al soggetto interessato….. Quanto alle "specifiche circostanze" che possono essere, alla luce del principio del buon andamento dell’azione amministrativa, poste a base obiettivamente della ritenuta necessità di riesaminare l’attitudine al servizio, possono menzionarsi:

1) l’esistenza di un periodo lungo di assenza dal servizio che possa avere inciso sulla concreta idoneità a prestare servizio;

2) l’esistenza di fatti di particolare gravità (anche se già valutati sotto il profilo disciplinare, ma in quest’ultimo caso andrà particolarmente considerata la gravità dei medesimi e la loro astratta capacità di autonoma incidenza sui requisiti attitudinali), che possano incidere sui predetti requisiti, e debbano essere presi in considerazione sotto il profilo della loro incidenza sulla permanenza dell’attitudine a prestare servizio.".

Le sentenze che hanno affrontato la questione successivamente all’emanazione del parere hanno condiviso l’orientamento espresso dal Consiglio di Stato ed anche il Collegio in questa sede non vede ragioni per discostarsene. Ciò comporta l’infondatezza sia del primo che del secondo motivo di ricorso.

Infatti non solo è ammissibile, contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, la verifica della permanenza dei requisiti attitudinali anche in costanza di rapporto, ma nel caso di specie vi erano quelle specifiche circostanze che, secondo il menzionato parere, sono necessarie per riesaminare il profilo attitudinale.

Il ricorrente veniva da un lungo periodo di assenza dal servizio per effetto della sospensione cautelare che era determinata da fatti gravi disciplinarmente rilevanti anche se ancora non valutati perché sub iudice.

Non vi sono poi ragioni per sindacare il giudizio espresso dalla commissione manifestazione di una discrezionalità tecnica rispetto alla quale non emergono vizi sintomatici dell’eccesso di potere né sotto il profilo dell’illogicità né sotto quello dell’ingiustizia manifesta.

La motivazione è sufficientemente articolata e da conto dell’esito dei test effettuati per valutare i singoli aspetti della personalità del ricorrente e sotto nessun profilo lo stesso ha raggiunto un giudizio di sufficienza.

Non è fondato neanche il terzo motivo di ricorso che lamenta la mancata prospettazione della possibilità di essere trasferito a domanda ad altri ruoli nell’amministrazione dell’Interno o comunque in altri settori della pubblica amministrazione.

Tale possibilità è prevista dal DPR 339\1982 che nei primi tre articoli individua i presupposti per poter chiedere detto passaggio: in nessuna delle ipotesi ivi indicate si fa riferimento all’inidoneità per mancanza dei requisiti attitudinali, poiché il riferimento è sempre a circostanze di sopravvenuta inidoneità fisica.

In mancanza di un’espressa previsione l’amministrazione non ha potuto prospettare al ricorrente un’eventualità del genere ed il provvedimento sotto questo profilo è pertanto esente da censure.

Il ricorso deve in conclusione essere respinto.

Le spese possono essere compensate in considerazione dell’oscillazione giurisprudenziale che esiste sul punto centrale del ricorso.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia Sezione IV, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo rigetta.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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