Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 22-09-2011) 31-10-2011, n. 39272

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1- B.A., S.B., H.A., M.A., C.S. e K.W. sono stati raggiunti da ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa il 3 marzo 2011 dal Gip del Tribunale di Bologna per numerose violazioni del D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, il B. anche per il delitto di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 74.

Nel provvedimento custodiate, il Gip ha richiamato numerose condotte di acquisto, cessione, detenzione e importazione di sostanze stupefacenti del tipo cocaina ed eroina attribuite ai predetti indagati, individuati grazie alle attività intercettative, ai prolungati servizi di osservazione, pedinamento e controllo, alle dichiarazioni auto ed etero accusatorie rese dal coindagato P. M., agli importanti riscontri costituiti dai numerosi arresti e dai cospicui sequestri di stupefacenti succedutisi nel corso delle indagini.

2- Il Tribunale di Bologna, adito da tutti gli indagati, con ordinanza dell’8 aprile 2011, ha respinto le richieste di riesame avanzate dal B., dall’ H., dal M. e dal K., confermando, nei confronti degli stessi, il provvedimento di custodia cautelare, ha parzialmente accolto quella proposta dal C., nei cui confronti è stato confermato il provvedimento custodiale limitatamente al delitto descritto sub capo 1.4, ha accolto la richiesta del S., del quale ha disposto la scarcerazione.

3 – Avverso detta ordinanza propongono ricorso per Cassazione H.A., M.A., C.S. e K.W..

A) H. e M., separatamente, ma negli stessi termini, deducono: a) Violazione di legge e vizio di motivazione dell’ordinanza impugnata, in relazione al rigetto della questione di legittimità costituzionale dell’art. 297 c.p.p., comma 3, sollevata in relazione all’art. 13 Cost., art. 13 Cost., comma 5, art. 27 Cost., comma 2, nella parte in cui non consente l’applicazione dell’istituto della retrodatazione dei termini di custodia cautelare in carcere qualora, per i fatti per i quali è stata emanata la prima ordinanza cautelare, l’indagato sia stato condannato con sentenza passata in giudicato prima dell’adozione del secondo provvedimento cautelare. Sostengono i due ricorrenti che il giudizio di genericità della proposta questione, espresso dal tribunale in quanto non illustrato in punto di rilevanza e di non manifesta infondatezza, sarebbe incongruo, posto che detta questione era stata proposta richiamando l’ordinanza di questa Corte n. 42017/2010 che, in relazione ad altro ricorso, l’aveva già sollevata, avendola ritenuta rilevante e non manifestamente infondata. Era evidente, secondo i ricorrenti, che le ragioni che stavano a fondamento della questione erano del tutto identiche a quelle considerate dal giudice di legittimità nella citata ordinanza; in ogni caso, il tribunale avrebbe dovuto affrontare la questione e motivare adeguatamente.

Questa Corte, sostengono ancora i ricorrenti, comunque dovrebbe valutare d’ufficio la ricorrenza dei requisiti di rilevanza e non manifesta infondatezza della questione sollevata; b) Violazione di legge e vizio di motivazione in punto di sussistenza di esigenze cautelari, in relazione alle quali il giudice del riesame avrebbe dovuto tener conto del tempo trascorso dalla commissione dei reati.

B) C.S. con unico motivo deduce vizio di motivazione del provvedimento impugnato, laddove il tribunale ha ritenuto ricorrere il requisito della gravità indiziaria nella presenza di un’impronta digitale dell’indagato sul sacchetto contenente lo stupefacente sequestrato, senza apprezzare letture alternative della richiamata circostanza; in particolare, non sarebbe stata considerata la possibilità che l’indagato possa avere avuto la disponibilità di quel sacchetto (una comune busta in uso ad una catena di negozi di abbigliamento) da altri poi utilizzato quale contenitore della droga.

C) K.W. deduce: a) Inutilizzabilità delle conversazioni intercettate a seguito di decreto intercettativo d’urgenza emesso dal PM, carente, a giudizio del ricorrente, dei requisiti della gravità indiziaria e della indispensabilità; b) Insussistenza di gravi indizi di colpevolezza, avendo il giudice del riesame solo valorizzato i contenuti delle conversazioni intercettate, equivoci o irrilevanti anche perchè non supportati da sequestri di stupefacente nè dagli esiti dei servizi di osservazione; mancherebbero, inoltre, i brogliacci delle intercettazioni e le sommarie trascrizioni delle stesse; c) Insussistenza di esigenze cautelari in relazione alla risalenza dei fatti all’anno 2007, ed all’assenza di qualsiasi pericolo di reiterazione anche in considerazione della buona condotta tenuta dall’indagato negli anni successivi a quella data.

Motivi della decisione

1 – A) H.A. – M.A..

I ricorsi rispettivamente proposti sono fondati nei termini di seguito esposti. a) Manifestamente infondate sono le doglianze, dedotte con il secondo dei motivi proposti, relative alla ritenuta presenza delle esigenze di cautela, che i ricorrenti ritengono insussistenti in vista del lasso di tempo trascorso dalla commissione dei fatti contestati, risalenti al 2008, laddove i provvedimenti cautelari sono stati emessi nel 2011.

Nulla rilevano, invero, i tre anni trascorsi dalla commissione dei fatti, ai fini della sussistenza delle richiamate esigenze, ove si consideri che le stesse, sotto il profilo del pericolo di reiterazione, sono state legittimamente ritenute esistenti, quanto al M., in considerazione della personalità dell’odierno ricorrente:

– già condannato per precedenti condotte di detenzione di cospicue quantità di eroina;

– presente clandestinamente nel territorio nazionale ed aduso fornire vari "alias" per sfuggire ai controlli delle forze di polizia;

– gravato di ulteriori condanne per vari reati, tra i quali, resistenza a PU, lesioni ed incendio;

– contiguo ad ambienti criminali dediti al narcotraffico.

Quanto all’ H., per considerazioni del tutto analoghe, essendo stato segnalato trattarsi di soggetto pure gravato da precedenti specifici e contiguo ad ambienti criminali dediti al traffico di sostanze stupefacenti; traffico al quale, ha ancora precisato il tribunale, egli è dedito non occasionalmente, poichè da esso trae i mezzi del proprio sostentamento. Soggetto ritenuto inaffidabile anche perchè incapace di modificare le proprie condotte di vita, malgrado le precedenti carcerazioni, l’ultima delle quali terminata appena un mese prima dell’ulteriore arresto per i fatti oggetto del presente giudizio.

Comportamenti e precedenti dei due indagati che giustamente i giudici del riesame hanno ritenuto indicativi di personalità dotate di elevata pericolosità sociale e di particolare proclività a delinquere, contenibile solo con la misura cautelare carceraria in corso. b) Con il primo dei motivi proposti, i due ricorrenti hanno denunciato la violazione di legge ed il vizio di motivazione dell’ordinanza impugnata in relazione al rigetto, da parte dei giudici del riesame, della questione di legittimità costituzionale dell’art. 297 c.p.p., comma 3, nella parte in cui impedisce la retrodatazione della custodia cautelare in carcere nei casi in cui, per i fatti oggetto di una prima ordinanza, l’imputato sia stato condannato con sentenza passata in giudicato; questione che, secondo gli stessi giudici, sarebbe stata proposta in termini generici, tali da non consentire di valutarne la rilevanza e di eccepirne, eventualmente, la fondatezza.

Orbene, osserva la Corte che la doglianza non è priva di fondamento, ove si consideri che analoga questione era già stata sollevata da questa Corte che, con ordinanza del 28.10.10, ne ha dichiarato la rilevanza e la non manifesta infondatezza; ordinanza che è stata prodotta ai giudici del riesame dalla difesa dei due odierni ricorrenti ed ai cui contenuti, circa le ragioni poste a fondamento della questione, gli stessi hanno evidentemente fatto riferimento per sostenere la proposta eccezione. La richiesta di retrodatazione, peraltro, era stata accompagnata dalla indicazione dei provvedimenti giurisdizionali che erano necessari ai fini della verifica della fondatezza della stessa.

Nelle more, peraltro, la Corte Costituzionale, con sentenza n. 233 del 2011, proprio a seguito del giudizio di legittimità costituzionale promosso da questa Corte con la citata ordinanza, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 297 c.p.p., comma 3, nella parte in cui – con riferimento alle ordinanze che dispongono misure cautelari per fatti diversi – non prevede che la regola in tema di decorrenza dei termini in esso stabilita si applichi anche quando, per i fatti contestati con la prima ordinanza, l’imputato sia stato condannato con sentenza passata in giudicato anteriormente all’adozione della seconda misura".

Si impone, quindi, alla luce della richiamata sentenza, l’ulteriore esame, da parte del tribunale, della situazione dei due ricorrenti con riguardo al tema della retrodatabilità della custodia in carcere in relazione a provvedimenti cautelari emessi per fatti per i quali sono già intervenute condanne passate in giudicato; i giudici del rinvio dovranno, cioè, accertare se sussistano le condizioni per applicare in favore dei due ricorrenti, per i casi indicati, l’istituto della retrodatazione, come inteso alla stregua della richiamata sentenza costituzionale.

B) C.S..

Infondato, ai limiti dell’inammissibilità, è il ricorso proposto dal C., che denuncia il mancato apprezzamento, da parte del tribunale, di "letture alternative" della circostanza costituita dalla presenza, su un sacchetto contenente lo stupefacente sequestrato, di una impronta digitale a lui stesso appartenente.

In realtà, pur tacendo della genericità della censura, che richiama "letture alternative" della predetta circostanza senza indicare concretamente come ed in che occasione l’impronta in questione, la cui provenienza dall’odierno ricorrente non viene contestata, è stata apposta sul sacchetto, e pur tacendo, ancora, della proponibilità, nella sede di legittimità, di "letture alternative", osserva la Corte che il contesto indiziario ritenuto significativo dal tribunale è costituito, anzitutto, dalle dichiarazioni etero accusatorie rese dal coindagato P.M., grazie alle quali è stato possibile ricostruire l’esistenza e l’operatività di un gruppo criminale dedito al traffico di eroina e cocaina e pervenire al sequestro di ingenti quantità di droga. Tra le persone dedite al traffico è stato indicato anche il C., individuato dal P. anche in fotografia, in relazione al quale sono stati individuati vari riscontri, uno dei quali costituito, appunto, dalla presenza dell’impronta digitale sul sacchetto contenente lo stupefacente.

Dichiarazioni e riscontro inseriti in un più ampio contesto che ha consentito anche di verificare la conoscenza e l’assidua frequentazione da parte del C. di altri esponenti del gruppo criminale e che legittimamente è stato ritenuto dai giudici del riesame, quantomeno allo stato delle indagini e con riguardo ad uno dei diversi capi d’imputazione formulati, significativo ed idoneo a giustificare l’adozione del provvedimento di custodia cautelare impugnato.

C) K.W..

Analogo giudizio d’infondatezza deve esprimersi quanto al ricorso del K..

Tale giudizio vale, anzitutto, per il primo dei motivi proposti, relativo alla sussistenza dei requisiti che autorizzano il PM a procedere, nei caso d’urgenza, all’intercettazione di conversazioni, costituiti dalla presenza di gravi indizi di reato e dall’assoluta necessità di ricorrervi. A tale proposito, il tribunale ha coerentemente rilevato che l’inserimento di B.A., coindagato e fornitore di droga del K., in una consorteria criminale dedita al narcotraffico ed i suoi costanti contatti con soggetti interessati allo stesso, nonchè le sospette modalità della fissazione di un imminente appuntamento (concordato per strada e senza alcuna indicazione delle ragioni dell’incontro e del nome dell’interlocutore) con un tunisino, poi individuato nell’odierno ricorrente, non potevano che riguardare il traffico di droga. In tale contesto i giudici del riesame hanno giustamente ritenuto la sussistenza, non solo dei gravi indizi di reato nei confronti dell’ancora ignoto interlocutore del B., ma anche delle ragioni di urgenza, che evidentemente consigliavano di intervenire immediatamente per individuare il luogo ed i tempi dell’appuntamento, per identificare l’interlocutore e per predisporre i relativi servizi di osservazione.

Ugualmente infondate sono le doglianze proposte in tema di gravità indiziaria e di esigenze cautelari.

Quanto alla gravità indiziaria, il tribunale ha richiamato i significativi contenuti delle intercettazioni intercettate, caratterizzati dalla tipica cripticità, serialità ed allusività dei riferimenti utilizzati per fissare tempi e modalità degli incontri, per concordare i contenuti degli accordi, per scambiarsi le informazioni necessarie per condurre in porto i diversi affari illeciti organizzati. Mentre le esigenze di cautela sono state legittimamente ritenute sussistenti, sotto il profilo del pericolo di reiterazione, in ragione della personalità dell’indagato, degli specifici precedenti registrati a carico dello stesso, della sua condizione di disoccupato, privo di permesso di soggiorno e di lecite fonti di reddito. Circostanze, queste ultime, che giustamente sono state considerate quali occasioni per la reiterazione del reato e che non possono essere considerate prive di rilievo, pur a fronte della risalenza dei fatti all’anno 2007 ed all’asserita mancanza, dopo tale data, di ulteriori condotte delittuose.

2 – In conclusione, l’ordinanza impugnata deve essere annullata nei confronti di M.A. e H.A., con rinvio al Tribunale di Bologna, per nuovo esame, nei termini sopra indicati.

Per il resto, i ricorsi devono essere rigettati, con condanna di C.S. e K.W. al pagamento delle spese processuali.

Copia del presente provvedimento deve essere inoltrata al direttore dell’istituto penitenziario competente affinchè provveda nei termini stabiliti dall’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata nei confronti di M.A. e H.A. con rinvio al Tribunale di Bologna per nuovo esame.

Rigetta i ricorsi di C.S. e K.W. che condanna al pagamento delle spese processuali.

La Corte dispone, inoltre, che copia del presente provvedimento sia trasmessa al direttore dell’istituto penitenziario competente perchè provveda a quanto stabilito dall’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

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