T.A.R. Sicilia Catania Sez. II, Sent., 01-12-2011, n. 2843 Rapporto di pubblico impiego

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo

Con l’atto introduttivo del giudizio parte ricorrente impugnava gli atti della selezione per il conferimento dell’incarico dirigenziale a tempo determinato di "dirigente bilancio e finanze" presso l’Università degli Studi di Messina ritenendo illegittima la sua esclusione per mancanza dei necessari requisiti di partecipazione.

Si costituiva l’amministrazione intimata e il controinteressato; in particolare quest’ultimo, con memoria del 4 agosto 2011, eccepiva in via preliminare il difetto di giurisdizione e nel merito chiedeva il rigetto del ricorso.

All’udienza pubblica del 19 ottobre 2011 la causa passava in decisione.

Motivi della decisione

1. Occorre preliminarmente esaminare la dedotta questione di inammissibilità del ricorso per difetto di giurisdizione del giudice amministrativo.

Per il controinteressato la giurisdizione sugli atti di conferimento degli incarichi dirigenziali spetterebbe al giudice ordinario secondo il chiaro disposto dell’art. 63, comma 1, d. lgs. 165/2001.

Per parte ricorrente, invece, si tratterebbe di procedura concorsuale ex art. 63, comma 4, d.lgs. cit., non sussistendo dubbio alcuno in ordine al’esercizio di poteri autoritativi da parte dell’amministrazione, con conseguente giurisdizione del giudice amministrativo.

2. Come è noto, con la c.d. privatizzazione del pubblico impiego si è proceduto sia ad una radicale modifica delle norme che regolano i rapporti di lavoro "privatizzati" alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni ("I rapporti di lavoro dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche sono disciplinati dalle disposizioni del capo I, titolo II, del libro V del codice civile e dalle legge sui rapporti di lavoro subordinato nell’impresa, fatte salve le diverse disposizioni contenute nel presente decreto, che costituiscono disposizioni a carattere imperativo", articolo 2, comma 2, d. lgs. 165/2001) sia al "trasferimentò della giurisdizione dal giudice amministrativo al giudice ordinario. Ai sensi dell’art. 63, comma 1, d. lgs. 165/2011, infatti, "sono devolute al giudice ordinario, in funzione di giudice del lavoro, tutte le controversie relative ai rapporti di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, ad eccezione di quelle relative ai rapporti di lavoro di cui al comma 4, incluse le controversie concernenti l’assunzione al lavoro, il conferimento e la revoca degli incarichi dirigenziali e la responsabilità dirigenziale, nonché quelle concernenti le indennità di fine rapporto, comunque denominate e corrisposte, ancorché vengano in questione atti amministrativi presupposti".

È importante precisare che per il legislatore della riforma i due aspetti – quello "sostanzialè e quello relativo alla giurisdizione – sono strettamente connessi. L’intento perseguito, infatti, è di modificare le norme che regolano il rapporto di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni (rendendolo, salve le eccezioni previste, omogeneo al lavoro alle dipendenze di datori privati) e conseguentemente di attribuire le relative controversie al giudice ordinario. A dimostrazione di ciò, va rilevato che per il personale in regime di diritto pubblico (articolo 3 d. lgs. cit.) permane la disciplina "sostanzialè di diritto pubblico e la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo (articolo 63, comma 4, d. lgs. cit.).

3. A fronte del chiaro dato letterale, non v’è dubbio che, una volta entrata a regime la privatizzazione del pubblico impiego, in giurisprudenza sono sorte diverse questioni in ordine all’esatto riparto di giurisdizione.

3.1. Circoscrivendo l’indagine agli aspetti che rilevano nella presente controversia, per l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato "…l’affermazione della residuale giurisdizione amministrativa sulle controversie inerenti a procedure concorsuali per l’assunzione, contemplata dal d.lgs. n.165 del 2001, art. 63, comma 4, deve essere limitata quindi a quelle procedure che iniziano con l’emanazione di un bando e sono caratterizzate dalla valutazione comparativa dei candidati e dalla compilazione finale di una graduatoria, la cui approvazione, individuando i "vincitori", rappresenta l’atto terminale del procedimento…" (Cons. st., A.P., 12 luglio 2011 n.11). In altri termini, non può configurarsi l’eventuale inerenza a procedure concorsuali, ai sensi dell’art. 63, comma 4, d.lgs. n.165 del 2001 attribuite alla cognizione del giudice amministrativo, se manca il bando, la procedura di valutazione e l’approvazione finale della graduatoria che individui i vincitori.

3.2. Passando ora all’interpretazione dell’articolo 63, comma 1, d. lgs. 165/2001, va rilevato che la "prima" riforma, ossia quella attuata con il d. lgs. 29/1993, aveva escluso dalla privatizzazione il rapporto di lavoro dei dirigenti generali (si vedano gli artt. 2, comma 4, e 68, comma 2, d. lgs. 29/1993 nel testo originario); solo successivamente il legislatore ha "privatizzato" tutti i rapporti di lavoro di tipo dirigenziale e ha modificato conseguentemente gli ambiti di giurisdizione prevedendo espressamente che le controversie relative al "conferimento" e alla "revoca" degli incarichi dirigenziali nonché alla "responsabilità dirigenziale" devono essere conosciute dal giudice ordinario all’evidente scopo di realizzare quell’omogeneità tra la disciplina "sostanziale" (di diritto privato) e la giurisdizione del giudice ordinario. Coerentemente al disegno perseguito dal legislatore la Corte Costituzionale ha affermato che quale che sia "… la configurazione del rapporto di lavoro dei pubblici dipendenti ed in particolare quello dei dirigenti (per i quali può riscontrarsi un elemento concorrente di preposizione ad un ufficio pubblico), certamente il legislatore delegante e quello delegato, in attuazione della delega, hanno voluto modellare e fondare tutti i rapporti dei dipendenti della amministrazione pubblica (compresi i dirigenti) secondo "il regime di diritto privato del rapporto di lavoro", traendone le conseguenze anche sul piano del riparto della giurisdizione, a tutela degli stessi dipendenti, in base ad una esigenza di unitarietà della materia…" (Corte costituzionale, 23 luglio 2001, n. 275).

3.3. Con specifico riferimento alle posizioni soggettive coinvolte, per una prima tesi "… il sistema dell’art. 68, d.lg. n. 29 del 1993, come sostituito dall’art. 29, d.lg. 31 marzo 1998 n. 80 (ora art. 63, d.lg. 30 marzo 2001 n. 165) istituisce, in un certo senso, una sorta di giurisdizione "esclusiva" del giudice ordinario, in funzione di giudice del lavoro, su tutte le controversie ivi previste, – relative ai rapporti di lavoro alle dipendenze delle P.A., incluse le controverse concernenti l’assunzione al lavoro, il conferimento e la revoca degli incarichi dirigenziali e la responsabilità dirigenziale, ancorché vengano in questione atti amministrativi presupposti (con la sola eccezione delle controversie in materia di procedure concorsuali per l’assunzione dei dipendenti delle P.A., che restano devolute alla giurisdizione del giudice amministrativo). Invero, tale tecnica di attribuzione di giurisdizione, per certi versi speculare a quella ante vigente attributiva della cognizione di tale materia al giudice amministrativo, segue il modello del riparto per blocchi di materia e prescinde, per definizione, dal criterio ordinario della consistenza della posizione soggettiva fatta valere…" (T.A.R. Campania Napoli, sez. III, 2 agosto 2010, n. 17204). Per altra opinione, che maggiormente si condivide, nel rapporto di lavoro "privatizzatò le posizioni giuridiche soggettive sono solo di diritto soggettivo e le eventuali scelte discrezionali lasciate al datore di lavoro vanno sindacate dal giudice ordinario con il parametro della buona fede ("…il legislatore ha voluto, sia pure tenendo conto della specialità del rapporto e delle esigenze di perseguimento degli interessi generali, che le posizioni soggettive dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni, compresi i dirigenti di qualsiasi livello, fossero riportate, quanto alla tutela giudiziaria, nell’ampia categoria dei diritti di cui all’art. 2907 cod. civ…", Corte costituzionale, 9 dicembre 2002, n. 525).

4. Venendo al caso di specie, non v’è dubbio che per il conferimento dell’incarico dirigenziale per cui è causa l’università ha pubblicato un apposito avviso ed ha proceduto ad una valutazione comparativa dei curricula presentati dai candidati, dopo aver accertato il possesso dei requisiti soggettivi di partecipazione.

Dalla lettura della relazione conclusiva si ricava, infatti, che la commissione, dopo aver escluso durante i lavori della seconda seduta i candidati che non possedevano i requisiti prescritti per la partecipazione, ha effettuato nella sesta riunione tenutasi il 31 agosto 2010 una valutazione largamente discrezionale stilando per ciascuno dei concorrenti un giudizio e poi motivando, sempre con un giudizio, la scelta dell’odierno controinteressato (si veda il verbale n. 6 del 31 agosto 2010). In altri termini, coerentemente alle indicazioni del bando e del regolamento di ateneo (che non prevedono la compilazione di una graduatoria) non vi è stata la redazione di una graduatoria vera e propria ma solo la formulazione di giudizi per i diversi concorrenti e l’estrinsecazione della motivazione per cui è stato selezionato il controinteressato. La scelta del "vincitore", dunque, non è stata effettuata in modo "classico" – ossia con l’attribuzione di punteggi e la redazione di una graduatoria – bensì con la formulazione di giudizi. Sotto tale aspetto la griglia allegata al verbale n. 6, in cui si individuano – senza tuttavia stilare una graduatoria – i titoli prodotti dai candidati e si assegna un punteggio non può considerarsi una vera e propria graduatoria sia perché ciò non era espressamente richiesto dal bando sia perché, come si ricava agevolmente dalla lettura del più volte richiamato verbale n. 6 del 31 agosto 2010, il vincitore è stato selezionato sulla base di un giudizio e non attraverso l’individuazione del soggetto che aveva riportato il punteggio maggiore.

5. La mancanza di una vera e propria graduatoria finale – non potendo considerare tale, per le ragioni prima dette, la griglia di punteggi allegata al verbale stilato dalla commissione – esclude dunque che si rientri nell’ambito delle procedure concorsuali e conseguentemente che la relativa controversia appartenga alla giurisdizione del giudice amministrativo.

6. Tale conclusione, a giudizio del Collegio, trova conferma sulla base di diverse considerazioni.

6.1. In primo luogo va rilevato che, diversamente opinando, non si comprenderebbe esattamente quale sia l’esatto ambito della giurisdizione del giudice ordinario con riferimento al "conferimento" degli incarichi dirigenziali.

6.2. In secondo luogo, accogliendo la diversa prospettazione, si "spezzerebbe" il disegno unitario e omogeneo previsto dal legislatore della riforma (e valorizzato anche dalle richiamate sentenze della Corte Costituzionale al punto 3.2 di questa sentenza) perché si attribuirebbe al giudice amministrativo la giurisdizione sugli atti di conferimento dell’incarico che seguono, sotto il profilo del diritto sostanziale, il regime del diritto privato del lavoro. Per altro verso, sempre ragionando diversamente, il giudice amministrativo conoscerebbe degli atti di conferimento dell’incarico e quello ordinario degli atti di revoca, così introducendo un’ulteriore asimmetria di sistema.

6.3. In terzo luogo, va ricordato che l’atto di conferimento dell’incarico dirigenziale nel diritto del lavoro è atto essenzialmente fiduciario che le amministrazioni compiono con i poteri e la capacità di diritto privato – soprattutto quando, come nel caso di specie, si tratta dell’attribuzione a tempo determinato dell’incarico – e che dunque deve coerentemente seguire le regole e la giurisdizione del diritto civile. Con il regolamento attualmente in vigore (21 luglio 2009 n. 8) l’Università di Messina ha voluto restringere gli spazi di discrezionalità del rettore prevedendo all’articolo 5 che la commissione "…al termine della selezione, individuerà quale vincitore della selezione il soggetto più idoneo a ricoprire l’incarico…". Tale autolimitazione della discrezionalità del rettore (a favore della scelta compiuta dalla commissione) prevista dal regolamento di ateneo e l’applicazione di regole d’azione simili a quelle di un procedimento, tuttavia, non può determinare lo spostamento della giurisdizione dal giudice ordinario a quello amministrativo. È ormai principio consolidato, infatti, che gli atti di autolimitazione degli spazi di "libertà" (così definiti in un recente studio) dell’amministrazione non possono "spostare" la giurisdizione da un plesso ad un altro. Proprio di recente l’Adunanza Plenaria, invero, in relazione alla giurisdizione in materia di procedure di evidenza pubblica, ha escluso che il richiamo alla disciplina dettata dal d. lgs. 163/2006 nella lettera di invito spedita da un soggetto non tenuto al rispetto della normativa comunitaria, nazionale o regionale in materia di evidenza pubblica possa determinare il radicarsi della giurisdizione innanzi al giudice amministrativo ("il c.d. autovincolo, se è idoneo a rendere applicabili le regole richiamate, è inidoneo a determinare spostamenti della giurisdizione", Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria, 1 agosto 2011 n. 16). In altri termini, anche se l’amministrazione (in modo condivisibile) decide di autovincolarsi per rendere più trasparenti le procedure di conferimento degli incarichi, ciò non può determinare né un mutamento delle posizioni giuridiche soggettive coinvolte (che, per Corte Cost. 525/2002 restano, come detto, di diritto soggettivo e tutelabili ex art. 2907 c.c.) né il "trasferimentò della giurisdizione al giudice amministrativo relativamente ad atti che invece devono rimanere sempre regolati dal diritto privato e assegnati dall’art. 63, comma 1, d. lgs. 165/2001 alla giurisdizione del giudice ordinario.

6.4. In quarto luogo, va rilevato che proprio con riferimento alla procedura selettiva pubblica per il conferimento, con contratto di lavoro subordinato a tempo determinato (triennale) di un incarico di direttore tecnico del centro servizi telematici di altra università, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno ritenuto esistente la giurisdizione del giudice ordinario (Cass., S.U., 20 ottobre 2009, n. 22159). Tale conclusione, peraltro, appare in linea sia con la giurisprudenza di questo Tar (si veda la sentenza Tar Sicilia, sez. Catania, 27 giugno 2011 n. 1535) sia con la giurisprudenza amministrativa di merito (Tar Puglia, Bari, 7 maggio 2010 n. 1750); ancor più di recente è stato affermato che "…in particolare, devono ritenersi attratte alla cognizione del giudice ordinario, secondo il criterio del cosiddetto petitum sostanziale, tutte quelle controversie, tra cui quella in esame, che, pur avendo ad oggetto provvedimenti amministrativi presupposti, tendano a conseguire utilità relative allo status del lavoratore e, segnatamente, al conferimento ed alla revoca di incarichi dirigenziali (ex multis, Cass. SS.UU. nn. 1807/2003, 6348/2003, 6635/2005), non denotando, tra l’altro, sia la sequenza di atti che la procedura che caratterizzano la fattispecie in giudizio elementi tali da poterli ricondurre nell’ambito di una procedimento selettivo (in tal senso T.A.R. Lazio, Sez. I ter, n. 6922/2011)…" (TAR Lazio – Roma, 22 settembre 2011, n. 7516; riprendendo principi espressi da S.U. 16 febbraio 2009 n. 3677 e SU 24 novembre 2010, n. 23781 ove testualmente "che in base al D.Lgs n. 165 del 2001, art. 63 le controversie in materia di pubblico impiego contrattualizzato restano devolute alla cognizione dell’AGO pure nel caso in cui vengano in questione degli atti amministrativi presupposti, che il giudice può disappplicare ove illegittimi e rilevanti ai fini della decisione").

Giova in ultimo osservare che ciò non determina un difetto di tutela potendo il giudice ordinario sindacare le scelte discrezionali sotto il profilo dell’osservanza delle regole di correttezza e buona fede, nell’esercizio di poteri privati (Tar Calabria, sez. Reggio Calabria, 30 aprile 2010 n. 458).

7. In conclusione, per le ragioni sino a qui esposte, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile per difetto di giurisdizione trattandosi di controversia attribuita al giudice ordinario.

8. La complessità delle questioni giuridiche affrontate costituisce giusta ragione per compensare tra le parti costituite le spese di giudizio.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia sezione staccata di Catania (Sezione Seconda) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo dichiara inammissibile per difetto di giurisdizione trattandosi di controversia attribuita al giudice ordinario.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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