Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 21-10-2011) 02-11-2011, n. 39319

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Ha personalmente proposto ricorso per cassazione B.B., avverso la sentenza della Corte di Appello di Ancona del 9.7.2008, che in riforma della sentenza di assoluzione pronunciato nei suoi confronti dal gup del locale Tribunale il 9.7.2008, lo dichiarò colpevole del delitto di rapina in concorso con altro soggetto in danno di J.J., titolare di un negozio di abbigliamento e oggettistica varia in (OMISSIS), e concesse le attenuanti di cui all’art. 62 bis c.p. e art. 62 c.p., nr. 4, prevalenti sulle contestate aggravanti, lo condannò alla pena, condizionalmente sospesa, di anni uno e mesi sei di reclusione ed Euro 300 di multa.

Nel corso del procedimento l’imputato aveva affermato di essere stato coinvolto incolpevolmente nei fatti, perchè al momento dell’irruzione della polizia nell’esercizio preso di mira dal suo presunto complice, egli stava riponendo la somma di Euro 15 nella cassa in corrispettivo dell’acquisto di una maglietta, e il sua gesto era stata equivocato. La Corte rilevava però che dalle fonti dichiarative assunte in giudizio risultava che l’imputato aveva già in precedenza concluso il suo acquisto con il versamento della somma dovuta, talchè doveva ritenersi che al sopraggiungere della polizia egli aveva piuttosto cercato di disfarsi della sua parte della refurtiva, consegnatagli dal complice. Il ricorrente deduce, con il primo motivo, il vizio di contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in ordine all’affermazione della sua penale responsabilità per la rapina in contestazione.

La Corte territoriale avrebbe seguito un percorso argomentativo soltanto congetturale, senza considerare che egli non avrebbe avuto alcuna "necessità" di commettere il reato in danno di un esercente dal quale peraltro era personalmente conosciuto, mentre il "plurale" usato dalla persona offesa con riferimento all’ambito soggettivo delle responsabilità dovrebbe ritenersi frutto di un mero errore di trascrizione o di traduzione, avendo la persona offesa indicato solo a carico del coimputato elementi concreti di colpevolezza. Con il secondo motivo, lamenta il vizio di violazione della legge penale in relazione alla valorizzazione, in termini di illiceità penale, da parte dei giudici di appello, di una condotta al più di semplice connivenza passiva con l’unico autore della rapina. Il ricorso è manifestamente infondato, ed oppone comunque alternative valutazioni di merito al percorso argomentativo della sentenza impugnata, lineare e coerente con le risultanze istruttorie analizzate, di cui lo stesso ricorrente finisce con il riconoscere una significativa concludenza, quanto meno nella direzione della rilevazione della sua "mera" connivenza con l’altro soggetto accusato del fatto.

Alla stregua delle precedenti considerazioni, il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1000,00 alla Cassa delle Ammende, commisurata all’effettivo grado di colpa dello stesso ricorrente nella determinazione della causa di inammissibilità.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1000,00 alla Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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