Cass. civ. Sez. I, Sent., 04-05-2012, n. 6798 Intermediazione finanziaria

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con atto di citazione notificato in data 9 maggio 2005, B. I. e M. convenivano in giudizio davanti al Tribunale di Udine la Banca Popolare Friuladria, per sentire dichiarare la nullità dell’operazione di acquisto di obbligazioni e l’illegittimità della condotta della Banca, incaricata di gestire parte del loro patrimonio immobiliare, con la condanna alla restituzione della somma di Euro 76.000,00, nonchè al risarcimento del danno Costituitosi il contraddittorio, La Banca chiedeva il rigetto della domanda.

Con sentenza in data 16 gennaio 2006, il Tribunale di Udine accoglieva la domanda degli attori, condannando la Banca al pagamento della somma capitale di Euro 74.689,58.

Proponeva appello la Banca.

Costituitosi il contraddittorio, gli appellati ne chiedevano il rigetto.

La Corte d’Appello di Trieste, con sentenza in data 12 gennaio – 10 agosto 2009, in riforma della sentenza impugnata rigettava ogni domanda proposta dai B..

Ricorrono per cassazione B.I. e M., sulla base di tre motivi.

Resiste, con controricorso, la Banca Popolare Friuladria.

Motivi della decisione

Con il primo motivo, i ricorrenti lamentano violazione degli artt. 1241, 1243, 1252, 1965 c.c., nonchè vizio di motivazione circa atto di transazione da essi prodotto nel giudizio di appello.

Il motivo va rigettato, in quanto infondato.

Va precisato che, secondo giurisprudenza ampiamente consolidata (per tutte, Cass., n. 14917 del 2011), l’interpretazione dei contratti costituisce valutazione di fatto, di spettanza del Giudice del Merito, insuscettibile di controllo in questa sede, se sorretta da motivazione adeguata e non illogica.

Pur prescindendosi dal contenuto della causale del bonifico di accredito sul conto corrente dei ricorrenti di parte della somma determinata dal primo Giudice (pagamento effettuato con riserva di impugnazione della sentenza) che i ricorrenti stessi dichiarano di non aver ricevuto, va osservato cha la Corte di Merito esamina il presunto atto di transazione nel suo tenore letterale come nel significato logico, ai sensi dell’art. 1362 c.c. e segg., e lo valuta come un mero ordine di disposizione, da parte dei B., della predetta somma, comunque riconducibile solo ad essi; non ravvisa la sentenza impugnata manifestazione alcuna di volontà, circa una pretesa transazione dei rapporti; la firma in calce (presumibilmente riferibile al titolare della filiale della Banca), non significa – secondo la Corte di Merito – nulla più di una presa d’atto di tale ordine di disposizione. Con il secondo motivo, i ricorrenti lamentano violazione dell’art. 21 T.U.F. e degli artt. 28, 29 Regolamento Consob, sull’adeguatezza dell’operazione e la propensione dei ricorrenti stessi al rischio. Il motivo va rigettato, in quanto infondato.

I ricorrenti, lungi dall’approfondire la tematica della violazione delle norme suindicate, si riferiscono per gran parte al vizio di motivazione. Tra l’altro, non è censurata l’affermazione (corretta) del Giudice a quo per cui il compimento di operazioni "inadeguate", si pone come momento attuattivo del "contratto-quadro" e può dar luogo, ove sussista violazione degli obblighi assunti dall’intermediario, al risarcimento del danno (al riguardo, tra le altre, Cass. S.U., n 26725 del 2007).

Con motivazione congrua e non illogica, la Corte d’Appello esclude, nella specie, l’"inadeguatezza" dell’operazione. Precisa la sentenza impugnata che, nella gestione patrimoniale concordata, l’acquisto di bond argentini si accompagnava a quello di obbligazioni internazionali ed azioni estere, in misura pressochè equivalente, e costituiva circa il 20% dell’intera somma incassata, a seguito di una vincita al Totocalcio.

Aggiunge il Giudice a quo che gli odierni ricorrenti avevano chiesto alla Banca un investimento con "rendimenti interessanti"; il prezzo d’acquisto dei bond, superiore al valore nominale, era tale da assicurare il gradimento e la fiducia dei mercati; il rating dello Stato Argentino era stabile e non si percepivano sintomi di una futura insolvenza, intervenuta circa due anni dopo l’ultimo acquisto.

Con il terzo motivo, i ricorrenti lamentano violazione del D.Lgs. n. 58 del 1998, art. 23, comma 6 e vizio di motivazione circa il nesso di causalità tra la violazione degli obblighi dell’intermediario e il danno all’investitore. Esso è palesemente assorbito, stante l’affermata "adeguatezza" dell’operazione in esame. Conclusivamente, il ricorso va rigettato. Le spese seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; condanna i ricorrenti in solido al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in Euro 3.000,00 per onorari ed Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali ed accessori di legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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