Cass. civ. Sez. I, Sent., 04-05-2012, n. 6796

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Svolgimento del processo

Il Tribunale di Roma, su istanza dell’avv. C.R., ha liquidato in favore del medesimo il compenso per l’attività svolta quale curatore del fallimento del Consorzio I.R.E.C, a r.l. dall’11 maggio 1994 al 29 gennaio 2003, data delle dimissioni dall’incarico.

I giudici hanno determinato "definitivamente" il compenso – al lordo degli acconti già percepiti dal professionista – in Euro 45.000,00, di cui Euro 25.000,00 sull’attivo realizzato, pari ad Euro 3.254.266,96, ed Euro 20.000,00 sul passivo accertato, pari ad Euro 21.675.510,43.

L’avv. C. ha impugnato il provvedimento del Tribunale con ricorso per cassazione articolato in due motivi di censura, cui non ha resistito il (nuovo) curatore fallimentare.

Motivi della decisione

Premesso che la liquidazione del compenso è stata disposta dal Tribunale in via definitiva su conforme richiesta dell’avv. C., il quale aveva appunto domandato che venisse "liquidato il compenso spettantegli", e non un semplice acconto, deve rilevarsi d’ufficio, a prescindere dai motivi di ricorso, l’improcedibilità di tale domanda, con conseguente cassazione senza rinvio del decreto impugnato.

Ciò in conformità del principio enunciato dalle Sezioni Unite di questa Corte secondo cui, in tema di liquidazione del compenso al curatore cessato dalla carica prima della conclusione della procedura fallimentare, ai sensi della L. Fall., art. 39 (nel testo anteriore al D.Lgs. n. 5 del 2006, non applicabile alle procedure fallimentari pendenti – come quella per cui è causa – alla data della sua entrata in vigore), il provvedimento adottabile in quella fase dal tribunale può avere per oggetto solo acconti, ma non il compenso definitivo, poichè il contributo di ciascun curatore ai risultati della procedura può valutarsi solo con le operazioni di chiusura della stessa, allorchè diviene possibile una disamina unitaria dei fatti rilevanti ai fini della liquidazione; con la conseguenza che anche il criterio di commisurazione del compenso all’attivo realizzato ed al passivo accertato, secondo il D.M. 28 luglio 1992, n. 570, non è decisivo per imputare a ciascun curatore rispettive quote individuate con esclusivo riferimento alla data di cessazione dalla carica, operando esso solo come criterio di valutazione e di limite e dovendo le posizioni dei predetti curatori essere esaminate come concorrenti ed in termini omogenei.

Le spese processuali vanno dichiarate irripetibili date le ragioni della decisione.

P.Q.M.

La Corte, decidendo sul ricorso, cassa senza rinvio il decreto impugnato e dichiara irripetibili le spese processuali.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 24 gennaio 2012.

Depositato in Cancelleria il 4 maggio 2012

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