Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 12-10-2011) 02-11-2011, n. 39576 Prova penale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1 – G.D., tramite difensore, ricorre per cassazione avverso l’ordinanza 29.12/15.2.2011 del tribunale di Reggio Calabria che, in sede di riesame, confermava l’ordinanza, emessa il 5.11.2010 dal gip presso il tribunale dei Locri, applicativa della misura cautelare della custodia in carcere emessa nei di lui confronti per il delitto di omicidio volontario ai danni di F.S., denunciando mancanza e manifesta illogicità della manifestazione.

2 – I giudici del riesame avevano svolto un discorso articolato pervenendo alla individuazione del responsabile dell’omicidio avvenuto il (OMISSIS) in seguito ad una serie di indizi tra loro collegati in funzione di un ritenuto apparato probatorio compiuto in relazione ai valori della probabilità propri della fase investigativa cautelare: a) l’esistenza di una causale personale – passionale tra l’indagato, l’epoca del fatto destinatario della misura cautelare dell’obbligo di presentarsi ai Carabinieri e la vittima che aveva intrattenuto una nascosta relazione sentimentale con la fidanzata del primo, tale G.J.; b) il fatto che l’omicidio, perpetrato con tre colpi di armi di pistola, di cui uno mortale esploso quando il F. attinto da due colpi di pistola nell’atto di fuggire era caduto a terra, era avvenuto in un luogo isolato, dove la vittima si sarebbe recato in seguito ad un appuntamento con l’indagato, evidenziato da una serie di telefonate sintomatiche, per i tempi prossimi al giorno e all’ora dell’omicidio ed i rapporti tra i tre interlocutori, tratte dai tabulati acquisiti, tra il F. e tale Z.S. e tra quest’ultimo e l’imputato, nel cui contesto lo Z. aveva rivestito la funzione di intermediario tra i due, persona offesa, in vita del richiesto dall’uno ed accettato dall’altro appuntamento chiarificatore; c) il fatto che dai tabulati telefonici correlati alle utenze dell’indagato e della vittima si accertava che al momento dell’uccisione, avvenuta secondo i giudici di merito, nell’arco temporale che va dalle 12,30, orario che segnava l’allontanamento del F. dal luogo di lavoro, alle 13,10, orario in cui tale V. scopriva il cadavere e telefonava alla centrale operativa dei Carabinieri, l’indagato, per l’individuazione della cella captante telefonate dalla sua utenza, si trovava proprio nella zona dove era avvenuto il delitto; d) la deposizione di V.R. un collaboratore di giustizia, che avrebbe ricevuto in carcere le confidenze di G. G. di (OMISSIS), vicino alla famiglia Giorgi, e deceduto il (OMISSIS), secondo le quali l’omicidio del F. era dovuto ad una storia di donne; e) da quanto rilevato e ritenuto, in base a puntuali circostanze di fatto,analiticamente riportate nell’ordinanza, dalla sentenza della corte di assise di Reggio Calabria in data 27.1.2009, e da quella, in sede dei giudizio abbreviato, del gup presso il tribunale della stessa città, quest’ultima in data 11.3.2010 e definitiva l’11.3.2010, in seguito alla decisione della corte di Cassazione Sez. 1 n. 13156 del 2010, sentenze che condannavano una serie di persone, legate da vincoli di parentela ed amicizia con la famiglia F., per l’omicidio, avvenuto il (OMISSIS), di G.A., fratello minore di D. come reazione, per vendetta, alla uccisione di F. S..

3- A fronte di un siffatto discorso giustificativo il ricorrente svolge censure, da un lato, articolate e puntuali sui principi giurisprudenziali ormai consolidati in punto di fatto di praticabilità e di limiti del controllo di legittimità sulla correttezza o meno della motivazione delle sentenze di merito, con specifico riferimento ai requisiti della testimonianza de relato ed al doveroso impegno giudiziale, in sede di legittimità, di tener conto dei elementi fattuali pertinenti e decisivi per la ricostruzione del fatto, dall’altro, concentrando, in concreto le sue critiche su tre dati di fatto come ricostruiti dai giudici del riesame: 1) la causale di natura sentimentale sarebbe un assioma indimostrato, dal momento che questa è negata dalla stessa G. M., fidanzata dell’indagato, dalla M.M.V., fidanzata del F. e si sorreggerebbe solo sulle dichiarazioni de relato di V. non potute riscontrare dalla testimonianza del teste diretto, perchè deceduto, e nemmeno da quella delle persone, indeterminate, che avrebbero a loro volta riferito il dato al Gi.; 2) In particolare le dichiarazioni del V. sarebbero inutilizzabili alla stregua del disposto di cui all’art. 197 ult. cpv. c.p.p. perchè il predetto non era stato in grado di indicare le persone che avrebbero riferito al Gi., deceduto, sulla causale sentimentale dell’omicidio de quo; 3) l’ora del delitto doveva gioco forza collocarsi dopo le ore 12,45, per avere la vittima proprio a quest’ora telefonato alla propria madre, con la conseguente impossibilità, desunta dai dati dei tabulati telefonici dell’utenza in uso all’indagato, di quest’ ultimo di trovarsi nel luogo del delitto.

4- Il ricorso non merita accoglimento perchè infondato nella misura in cui valorizza solo alcuni elementi sporadici deponenti per la plausibilità della ricostruzione difensiva e, di contro, omette ogni considerazione e valutazione sulle numerosissime circostanze, certo di più pregnante significato oggettivo, supportanti le conclusioni dei giudici del riesame. Così a fronte delle dichiarazioni delle fidanzate dell’indagato e dell’ucciso, si pongono, per consolidare l’ipotesi della causale dell’omicidio, il numero ed il contenuto delle telefonate del F. e della G.J., anche il giorno stesso dell’omicidio, che depongono con chiarezza di una relazione sentimentale tra i due, favorita anche dal periodo di detenzione dell’indagato. Nessuna attenzione presta poi il ricorso difensivo ai contenuti ed alle indicazioni di circostanze puntuali- quali conversazioni intercettate ed ambientali – contenute nelle sentenze, rispettivamente del gup del tribunale di Reggio Calabria in data in data 28.11.2007 e della corte di assise della stessa città in data (OMISSIS), che ha condannato numerosi imputati membri ed amici della famiglia F. del delitto di omicidio ai danni di G.A., fratello minore di D., delitto perpetrato per vendetta e ritorsione a fronte dell’omicidio oggetto del presente procedimento. Nessun riferimento difensivo, poi, volto a spiegare il pronto,successivamente all’omicidio, rifugio all’estero dell’indagato.

A fronte di un così solido apparato indiziario, costituito da una costellazione di elementi indizianti di spessore, del tutto ignorato dalle argomentazioni difensive, poco senso assume la critica difensiva volta a segnalare l’inutilizzabilità della testimonianza de relato di V.R. per via della indeterminatezza della fonte di riferimento delle confidenze sulla causale dell’omicidio fatte a G.G., deceduto, che a sua volta le aveva riferite al collaboratore di giustizia. Peraltro la difesa del ricorrente finisce per svalorizzare tutta l’argomentazione oggetto delle precedenti critiche giudiziali con il qualificare come decisiva, ai fini difensivi, la diversa considerazione dell’ora del delitto, collocata in un orario – dopo le 12,45 – incompatibile con la presenza dell’indagato nel luogo del delitto. Deduzione basata sulle dichiarazioni della madre della vittima, M.T. che ha dichiarato di aver chiamato dal cellulare della cognata, F.R., il figlio, senza ottenere risposta e di essere a sua volta stata chiamata poco dopo, alle ore 12,45, dal figlio. Dal che si dovrebbe dedurre che nell’ora dell’omicidio, posteriore dopo le 12,45, l’indagato si trovava, giusti gli esiti dell’accertamento attraverso i tabulati della sua utenza, "non già sul luogo del delitto, bensì in una zona amplissima ricadente sotto una cella telefonica che copre un notevole perimetro del territorio, ma anche l’abitazione del G. stesso". Ma sul punto i giudici del riesame si sono puntualmente soffermati non ritenendo credibile la deposizione della M.T. in merito agli orari delle due telefonate che i tabulati acquisiti collocano nelle diverse ore rispettivamente delle 10,20 e delle 10,33, senza che le deduzioni ed argomentazioni del ricorrente, adempiendo all’obbligo della auto- sufficienza del ricorso, offrano a questa Corte la possibilità di un loro riscontro attraverso l’indicazione di documenti e in genere di dati da cui trarre la certezza dei postulati di partenza del discorso giustificativo difensivo. A meno di voler aderire a – criticamente alla tesi secondo la quale, essendo la persona offesa in possesso di più utenze cellulari, le telefonate, in tesi successive alla ricostruita ora del delitto, sarebbero state fatte da una di queste.

Ma l’impossibilità di aderire ad una tale ricostruzione discende dai limiti cognitivi propri del giudice di legittimità che non può e non deve aderire a ricostruzione difensive che si dipanano sul piano del merito, valorizzando circostanze incerte a fronte di un discorso giustificativo giudiziale che rinviene nei suoi presupposti e nei suoi svolgimenti circostanze oltre modo significative e inequivocabilmente oggettive.

Ai sensi dell’art. 616 c.p.p., al rigetto del ricorso deve conseguire la condanna del ricorrente alle spese del procedimento.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Dispone trasmettersi, a cura della cancelleria, copia del provvedimento al direttore dell’istituto penitenziario, ai sensi dell’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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