Cons. Giust. Amm. Sic., Sent., 02-12-2011, n. 990

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ricorso al T.A.R. Catania, n. 1723/97 R.G., il dott. Gu.To., dipendente di ruolo dell’Università degli Studi di Catania con la qualifica di professore associato di fisiopatologia chirurgica, rappresentava di avere prestato, quale ricercatore universitario, la propria attività assistenziale, dal 30 dicembre 1987 al 31 agosto 1989, presso istituti universitari di ricovero e cura convenzionati con il S.S.N. e che perciò l’Università, con D.R. n. 2581/91, gli aveva corrisposto la somma di Lire 4.409.430 a titolo di indennità di equiparazione ospedaliera ex art. 31 D.P.R. n. 761/1979.

Esponeva, altresì, di aver chiesto, con istanza del 13/2/95, il pagamento delle ulteriori somme dovute a titolo di indennità di equiparazione, calcolata secondo i parametri ritenuti corretti, nonché il pagamento di quanto spettante per lavoro straordinario, notturno, festivo e indennità di reperibilità, relativi ai medesimi anni 1988 e 1989.

Con nota n. 10324 dell’11/8/1995, l’Università riconosceva le pretese del ricorrente e determinava in Lire 17.741.870 la somma ancora dovuta, con esclusione delle indennità per guardie, reperibilità e straordinari, senza tuttavia provvedere ad effettuare la conseguenziale liquidazione.

A sostegno del ricorso deduceva la "violazione dell’art. 31 del D.P.R. n. 761/79" soprarichiamato, atteso che l’Università degli Studi di Catania, malgrado fosse tenuta ad effettuare la richiesta equiparazione economica di cui al suddetto art. 31, non provvedeva, dopo averlo fatto in parte, omettendo, altresì, di corrispondere al ricorrente i compensi costituenti remunerazione delle guardie attive assicurate al di fuori del normale orario di lavoro e dei turni di pronta disponibilità cui si era sottoposto.

Le amministrazioni intimate, costituite in giudizio, eccepivano, in via preliminare, la prescrizione delle pretese fatte valere in giudizio e, nel merito, chiedevano il rigetto del ricorso.

Il Tribunale adito, con l’impugnata sentenza in epigrafe indicata, accoglieva in parte il ricorso del dott. Gu. e, per l’effetto, condannava l’Università intimata a corrispondere allo stesso le somme dovute a titolo di indennità di equiparazione stipendiale, giusta quantificazione contenuta nella nota n. 10324/95, con rivalutazione monetaria ed interessi, come per legge.

Con l’appello in epigrafe, l’Amministrazione ha ribadito l’eccezione di prescrizione delle pretese avanzate dal ricorrente in primo grado ed, inoltre, ha dedotto che la nota dell’11 agosto 1995, cui dovrebbe attribuirsi portata meramente interlocutoria, lungi dal costituire riconoscimento del debito, come ritenuto dal Giudice di prime cure, potrebbe valere solo come atto di rinuncia alla prescrizione che, come è noto, è preclusa alla P.A.

Infine, il mancato riscontro da parte dei presidi sanitari dell’attività assistenziale effettivamente svolta dall’interessato darebbe ragione dell’infondatezza, anche nel merito, delle originarie pretese dell’appellato.

Conclusivamente, ha chiesto, in riforma dell’impugnata sentenza del T.A.R. Catania, di rigettare le domande tutte originariamente proposte dall’odierno appellato, siccome prescritte e/o infondate, con ogni conseguenziale statuizione in ordine alle spese di lite.

Si è costituita parte appellata per affermare il proprio diritto alla erogazione dell’indennità di equiparazione ex art. 31 D.P.R. n. 761/79.

Quanto alla tesi di parte appellante, secondo cui la nota n. 10324/95 potrebbe valere solo come rinuncia alla prescrizione già maturata, l’appellato deduce che dalla stessa emerge con evidenza una chiara inconciliabilità tra il comportamento dell’Università, che riconosce il debito, e l’intenzione della stessa, non rinvenibile in alcun modo, di avvalersi della causa estintiva del diritto vantato dal dott. Gu.

Sarebbe indubbio, inoltre, che alla nota n. 10324/95 dell’Università degli Studi di Catania debba attribuirsi soltanto natura di "riconoscimento di debito", non potendosi di certo ritenere che essa abbia portata meramente interlocutoria, come sostenuto da controparte, posto che in essa si dà per scontato di dovere liquidare l’indennità di equiparazione ospedaliera.

Il fatto che la nota in questione abbia contenuto non equivoco, di riconoscimento del diritto del dott. Gu. a detta indennità, si evincerebbe dal tenore letterale della stessa e, d’altra parte, non si comprenderebbe per quale motivo l’Università avrebbe trasmesso all’Azienda Ospedaliera Vittorio Emanuele II – Ferrarotto – S. Bambino di Catania (subentrata ex lege nei rapporti dell’ex USL 35 di Catania relativi all’ospedale S. Marta e Villermosa) i conteggi e chiesto la liquidazione delle relative somme ove non avesse considerato ancora esistente ed azionabile il diritto del dott. Gu.

Infine, l’odierno appellato evidenzia che con la nota n. 5913/95, cui fa riferimento l’Amministrazione per sostenere l’infondatezza del ricorso di primo grado, non si mette affatto in dubbio che egli abbia effettivamente svolto l’attività assistenziale in argomento, ma si chiede di conoscere soltanto i servizi connessi (guardie, reperibilità straordinaria …) dallo stesso espletati.

Invero, dalla successiva nota n. 10324/95 si evincerebbe senza alcun dubbio che l’Università era a conoscenza dell’attività effettivamente svolta dal dott. Gu.

Conclusivamente, ha chiesto, il rigetto dell’appello e la conferma della sentenza ex adverso impugnata.

Alla pubblica udienza del 29 settembre 2011 la causa è stata trattenuta in decisione.

Motivi della decisione

L’appello è fondato e, pertanto, va accolto.

Il motivo del contendere riguarda l’esatta portata che deve essere attribuita alla nota dell’11 agosto 1995, sopra richiamata in fatto, e cioè se abbia significato meramente interlocutorio e, quindi, potrebbe valere solo come atto di rinuncia alla prescrizione, come sostiene l’appellante, ovvero costituisca riconoscimento del debito, secondo l’interpretazione che ne fornisce l’appellato.

Orbene, è incontestato tra le parti che il credito maturato negli anni 1988 e 1989 si sia prescritto avendo il prof. Gu. rivolto la propria istanza all’Università solamente in data 13/2/1995 e quindi, all’evidenza, dopo lo spirare del prescritto termine quinquennale.

Ne consegue, pertanto, l’onere di stabilire solo se sia preclusa all’Amministrazione la possibilità di rinunciarvi oppure se tale possibilità sussista e questa l’abbia esercitata con la suddetta nota dell’11 agosto 1995, con la quale avrebbe riconosciuto la sussistenza del credito in favore dell’odierno appellato.

L’appellato, citando autorevole giurisprudenza, tuttavia risalente agli anni 2002 e 2003, sostiene che, avendo l’amministrazione ammesso di dover dare, le affermazioni successive, con le quali è stata eccepita l’avvenuta prescrizione, non possono dissolvere il significato sostanziale dell’ammissione; il che implica, tra l’altro, per dovere di correttezza (al quale la P.A. non può sottrarsi a meno di scadere nell’arbitrio) e per la necessità di non violare il principio dell’affidamento, il divieto di venire contra factum proprium. Senza contare poi che la rinuncia tacita alla prescrizione è stata considerata applicabile anche alla P.A.

Sennonché, il Collegio ritiene di aderire alla più recente giurisprudenza amministrativa, altrettanto autorevole, secondo cui: "in tema di crediti di lavoro dei pubblici dipendenti la possibilità di rinuncia, espressa o tacita, alla prescrizione prevista dall’art. 2937 c.c., è preclusa per la P.A. dall’art. 3 D.L. 19 gennaio 1939 n. 295, conv. in L. 2 giugno 1939 n. 739 e, prima ancora, da principi di contabilità pubblica che escludono tale potere dispositivo con la conseguenza che, una volta maturata la prescrizione, l’amministrazione ha l’obbligo, e non la facoltà, di farla valere" (Consiglio di Stato, sez. V, 23 gennaio 2008, n. 157).

Conclusivamente – ritenuto che, ai sensi dell’art. 3 D.L. 19 gennaio 1939 n. 295, conv. in L. 2 giugno 1939 n. 739, la P.A. non può rinunciare alla prescrizione di cui all’art. 2937 c.c. – va affermata l’avvenuta prescrizione del credito vantato dal prof. Gu.

Il ricorso, quindi, deve essere accolto.

Ritiene il Collegio che ogni altro motivo od eccezione di rito e di merito possa essere assorbito in quanto ininfluente ed irrilevante ai fini della presente decisione.

Sussistono giusti motivi per disporre la compensazione tra le parti delle spese del presente grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Giustizia amministrativa per la Regione siciliana, in sede giurisdizionale, definitivamente pronunciando, accoglie l’appello in epigrafe.

Spese compensate.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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