Cons. Giust. Amm. Sic., Sent., 02-12-2011, n. 986 Annullamento d’ufficio o revoca dell’atto amministrativo

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ricorso al T.A.R. Palermo, il ricorrente – già funzionario della carriera direttiva del Ministero dei Trasporti, in servizio presso la Direzione Comp.le della Motorizzazione Civile di Palermo, comandato a prestare servizio presso la Regione Siciliana ed inquadrato nella qualifica di Dirigente Superiore Amministrativo – impugnava il D.A. Presidenza n. 899/I del 4.02.1995, con il quale era stato disposto l’annullamento in autotutela del D.A. n. 9759/XV del 10/11/1987, di inquadramento dello stesso nella predetta qualifica di Dirigente Superiore Amministrativo, ed il suo reinquadramento nella qualifica di Dirigente Amministrativo; nonché, per quanto di ragione, la circolare Presidenza Regione n. 41801 del 29.7.1994, deducendo i seguenti motivi:

1) Violazione e falsa applicazione degli artt. 9 Statuto siciliano e 3, ult. co., D. Pres. Reg. 28 febbraio 1970 n. 70; incompetenza.

L’Assessore alla Presidenza non sarebbe stato competente all’adozione dei provvedimenti in autotutela, in assenza di specifica delega;

2) Violazione e falsa applicazione dell’art. 4, ult. co., D. Pres. Reg. 28 febbraio 1970 n. 70 e dell’art. 2, lett. p), L. 23 agosto 1988 n. 400.

Il provvedimento impugnato avrebbe dovuto essere preceduto da una deliberazione della Giunta di Governo;

3) Violazione dei principi generali in tema di provvedimenti di autotutela.

L’Amministrazione regionale non avrebbe rispettato i principi generali in tema di provvedimenti di autotutela, adottando l’atto impugnato in assenza di una adeguata comparazione tra l’interesse pubblico attuale alla rimozione dell’inquadramento disposto oltre sette anni prima e le posizioni giuridiche del ricorrente, consolidate dal lungo tempo trascorso;

4) Violazione dell’art. 5, co. 3, L.R. n. 53/1985; eccesso di potere sotto molteplici profili.

L’Amministrazione non avrebbe tenuto conto della circostanza che il ricorrente era preposto ad un Ufficio della Direzione Comp.le della Motorizzazione Civile di Palermo avente competenze ultraprovinciali in materie di rilievo superiore a quelle degli Uffici provinciali ed a questi sottratte.

Con ordinanza n. 453 del 13.2.1996, l’istanza di sospensione del provvedimento impugnato veniva accolta.

Con memoria depositata il 31.5.2000 l’Amministrazione regionale deduceva l’infondatezza del gravame.

Con memoria depositata il 23.6.2000, il ricorrente ribadiva l’asserita fondatezza del ricorso.

Con sentenza n. 1772/2000, il Tribunale adito respingeva il ricorso ritenendolo infondato.

Con l’appello in epigrafe il ricorrente ha impugnato la predetta sentenza deducendo i seguenti motivi:

1) Violazione dei principi generali in tema di annullamento d’ufficio. Eccesso di potere sotto il profilo dello sviamento. Illogicità ed ingiustizia manifesta. Insufficiente motivazione;

2) Violazione e falsa applicazione dell’art. 5, comma 3°, L.R. n. 53/1985, come modificato dall’art. 12 L.R. n. 21/1986. Eccesso di potere sotto il profilo dello sviamento. Illogicità manifesta. Travisamento dei fatti. Difetto di motivazione;

3) Violazione dell’art. 2 L.R. n. 21/1986, come modificato dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 185 del 17 – 23.5.1995.

Il ricorrente ha, infine, rilevato che avrebbe avuto titolo a detto inquadramento nella qualifica di Dirigente Superiore Amministrativo anche ai sensi della norma testé richiamata. Con successiva memoria, depositata il 13 luglio 2011, parte ricorrente ha sostanzialmente ribadito i suddetti motivi di impugnazione.

L’Amministrazione appellata, ritualmente intimata, non si è costituita in giudizio.

Alla pubblica udienza del 28 settembre 2011 la causa è stata trattenuta in decisione.

Motivi della decisione

Parte ricorrente eccepisce l’erroneità della sentenza impugnata per non avere accolto la propria istanza di annullamento del decreto dell’Assessore regionale alla Presidenza n. 899/1995, sopra richiamato, con il quale l’Amministrazione ha disposto l’annullamento in autotutela del decreto n. 9759/XV del 10/11/1987, in tal modo determinando la retrocessione del suddetto ricorrente, già inquadrato quale "Dirigente Superiore Amministrativo", "nelle posizioni giuridiche-economiche relative alla qualifica di "Dirigente amministrativo del R.S.T. di cui alla L.R. n. 53/1985", avendo rilevato che l’Ufficio retto dallo stesso non poteva essere considerato un "Ufficio autonomo", né "Ufficio periferico di dimensione provinciale della Regione o transitato alla Regione", bensì settore della … Direzione Compartimentale della M.C.T.C. di Palermo.

Detto ricorrente sostiene che, seppure il nostro ordinamento non fissi espressi limiti temporali all’esercizio della potestà di annullamento, l’Amministrazione non possa annullare una sua precedente manifestazione di volontà dopo un così notevole lasso di tempo e dopo che si siano consolidate posizioni soggettive ingenerate dal legittimo affidamento che il ricorrente ha riposto nell’atto annullato.

Il lungo lasso di tempo intercorso fra il provvedimento annullato ed il provvedimento di rimozione evidenzierebbe, da un lato, la mancanza di un interesse sostanziale attuale, concreto e specifico all’eliminazione dell’atto stesso (interesse che, a parere del ricorrente, non sarebbe identificabile tout court con quello generico di ripristino della legalità, che l’Amministrazione ritiene sia stato violato) e, dall’altro, la mancanza di adeguata ponderazione in ordine alla consolidata posizione giuridica del medesimo ricorrente, che risulterebbe ingiustificatamente incisa dall’Amministrazione in via di autotutela.

Le superiori censure sono destituite di fondamento.

La giurisprudenza, sia di questo C.G.A. (n. 499 del 21.11.1997), che del Consiglio di Stato (sez. V, n. 243 del 10.3.1999) è costante nel ritenere che – in ipotesi di annullamento d’ufficio di provvedimenti di inquadramento illegittimi – l’interesse pubblico debba prevalere rispetto a quello del privato, tanto da ritenere legittimo il provvedimento anche ove fosse privo di specifica motivazione in ordine alla comparazione tra gli interessi contrapposti. Infatti, se è vero che l’Amministrazione, allorché intenda procedere all’annullamento d’ufficio di propri atti, deve ponderare l’interesse privato in comparazione con quello pubblico, non identificabile con il mero ripristino della legalità, quando dall’annullamento consegua un danno per il privato che ha fatto affidamento sulla legittimità dell’azione amministrativa, è altrettanto vero che tale ponderazione non occorre quando dall’annullamento derivi il venir meno di vantaggi che, contrastando con le finalità dell’ordinamento, debbono, per ciò stesso, essere rimossi.

In particolare, una motivazione sull’interesse pubblico non occorre nel caso di annullamento d’ufficio di atti di inquadramento illegittimi, soprattutto quando si riferiscono a posizioni lavorative ad elevata professionalità (come nel caso di specie, con conseguente notevole esborso di denaro pubblico), in quanto in tali casi è assolutamente prevalente l’interesse pubblico alla copertura di tali posti nei modi diversi previsti dall’ordinamento.

L’annullamento d’ufficio di un inquadramento illegittimo si configura, pertanto, come atto dovuto, rispetto al quale non sono configurabili profili di eccesso di potere.

Con il secondo motivo di ricorso il ricorrente assume che le funzioni svolte quale preposto ad un Ufficio della Direzione Comp.le della M.C.T.C. di Palermo, gli avrebbero dato titolo all’inquadramento quale Dirigente Superiore, in quanto a detto Ufficio erano attribuite competenze pluriprovinciali sottratte a quelle dei singoli Uffici provinciali periferici.

Orbene, neppure questa censura risulta fondata.

L’Amministrazione intimata ha adottato il provvedimento impugnato in prime cure ai sensi dell’art. 5, comma 3, della L.R. n. 53/1985, a tenore del quale: "Sono altresì, collocati nella qualifica di dirigente superiore tutti coloro che alla data di entrata in vigore della legge regionale 29 ottobre 1985, n. 41 erano preposti ad uffici periferici di dimensione provinciale della Regione o transitati alla Regione, nonché il personale della carriera direttiva che da atti certi risulta avere svolto funzioni di capo settore per un periodo non inferiore a 10 anni" (comma inserito dall’articolo 12 della L.R. n. 21 del 9 maggio 1986).

Emerge, pertanto, che avevano titolo all’attribuzione della qualifica di "dirigente superiore" soltanto coloro che, alla data suddetta, risultavano preposti alla direzione di un ufficio provinciale periferico e non anche coloro che fossero a capo di unità operative (ancorché denominate "uffici"), costituenti mera articolazione interna di una Direzione Compartimentale, come nel caso dell’odierno ricorrente.

Quest’ultimo ritiene di avere titolo alla qualifica di Dirigente Superiore Amministrativo perché l’Ufficio al quale era preposto aveva competenza pluriprovinciale; sennonché, detto "Ufficio", interno alla Direzione Comp.le della Motorizzazione Civile di Palermo, non può essere considerato alla stessa stregua degli uffici di cui all’art. 5, comma 3, della L.R. n. 53/1985, sopra richiamato, soltanto in virtù di una competenza pluriprovinciale che, d’altronde, spetta alla sola Direzione Compartimentale nella sua unitarietà.

Infatti, ai fini che qui interessano, va considerata l’eventuale sussistenza di una autonoma rilevanza esterna, che viene riconosciuta, indubbiamente, alla Direzione Comp.le nella sua struttura unitaria, ma non certo alle singole articolazioni interne della stessa, ed anche ai singoli Uffici provinciali periferici, in quanto caratterizzati da riconosciuta autonomia gestionale.

Detti Uffici provinciali periferici, invero, differiscono dalla Direzione Comp.le per l’ampiezza della circoscrizione territoriale, più limitata nei primi rispetto alla seconda, e per le diverse competenze ad essi attribuite rispetto a quelle facenti capo all’organo superiore; essi, tuttavia, ed è quel che qui rileva, sono organi della P.A. alla stessa stregua della Direzione Comp.le in quanto istituzionalmente dotati di compiti, potestà e competenze propri, da esercitare nell’ambito della predetta circoscrizione territoriale, che consentono agli stessi, quali centri di imputazione finale dell’azione amministrativa, di adottare atti formali aventi efficacia e rilevanza esterna.

Pertanto, non conta l’ampiezza della competenza territoriale, provinciale o pluriprovinciale, assegnata all’Ufficio cui fa capo il "settore" (che può assumere anche le diverse denominazioni di ufficio, sezione, reparto, ecc.) bensì la natura dell’attività svolta dall’artico-lazione in argomento.

Il "settore", invero, nei termini che si evincono dal citato art. 5, comma 3, della L.R. n. 53/1985, si identifica con un’articolazione organizzativa interna alla Direzione Comp.le e, pertanto, in quanto investito di compiti di supporto volti alla predisposizione degli atti finali adottati dalla Direzione, risulta privo di competenze con rilevanza esterna. Concludendo sul punto, il Collegio esclude, quindi, che le articolazioni interne alla Direzione Compartimentale della M.C.T.C. per la Sicilia, comunque denominate, possano ritenersi alla stessa stregua degli uffici provinciali periferici di cui all’art. 5, comma 3, della L.R. n. 53/1985, come modificato dall’art. 12 della L.R. n. 21/1986.

Neppure può assumere rilievo, nel senso propugnato dall’interessato, il fatto che egli abbia retto più uffici provinciali sia prima che dopo l’inquadramento nella qualifica di "Dirigente superiore", in quanto ciò che rileva ai fini dell’attribuzione di detta qualifica è l’incarico rivestito alla data di entrata in vigore della legge regionale 29 ottobre 1985, n. 41, ed a quella data l’odierno ricorrente era privo del requisito richiesto; non era, cioè, preposto ad un ufficio periferico di dimensione provinciale della Regione, come richiesto dall’art. 5, comma 3, della L.R. n. 53/1985 sopra richiamata. Con il terzo motivo di ricorso, il ricorrente ha, altresì, eccepito che avrebbe avuto titolo a detto inquadramento, di Dirigente superiore, anche ai sensi dell’art. 2 L.R. n. 21/1986, come modificato dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 185 del 17 – 23.5.1995. Al riguardo, si rileva che l’eccezione non può essere accolta per tardività, in quanto essa non è stata articolata nel ricorso originario, ma soltanto successivamente nella memoria depositata innanzi al T.A.R. Palermo il 23.6.2000. Ritiene altresì il Collegio che ogni altro motivo od eccezione di rito e di merito possa essere assorbito in quanto ininfluente ed irrilevante ai fini della presente decisione.

Il ricorso deve, quindi, essere respinto.

Nulla si dispone per le spese del presente grado di giudizio non essendosi costituita l’Amministrazione intimata.

P.Q.M.

Il Consiglio di Giustizia amministrativa per la Regione siciliana, in sede giurisdizionale, definitivamente pronunciando, respinge l’appello in epigrafe. Nulla spese.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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