Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 03-10-2011) 02-11-2011, n. 39581

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Il Giudice delle indagini preliminari presso il Tribunale per i minorenni di Bolzano, investito della richiesta del Procuratore della Repubblica presso quel Tribunale, di emettere – ai sensi del D.P.R. 22 settembre 1988, n. 448, art. 27 – sentenza di non luogo a procedere per irrilevanza del fatto, nei confronti di Z. A., cittadino extracomunitario, imputato: a) del reato di cui al D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 6 per non aver ottemperato, senza giustificato motivo, richiesto da ufficiali di polizia giudiziaria, all’ordine di esibizione del passaporto od altro documento d’identificazione e del permesso di soggiorno o altro documento attestante la regolare presenza nel territorio dello Stato, contestato come commesso in (OMISSIS); b) del reato di cui al D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 10 bis, per aver fatto ingresso nel territorio dello Stato in violazione delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione; con sentenza deliberata il 29 luglio 2010, dichiarava non doversi procedere nei confronti del predetto imputato minorenne in ordine alle contravvenzioni ascrittegli, "perchè i fatti non costituiscono reato", contestato come commesso in (OMISSIS).

1.1. Il giudicante, per quanto ancora rileva nel presente giudizio, fondava la sua decisione:

– per quanto attiene all’imputazione sub b), sul rilievo che il reato di cui al D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 10 bis non poteva essere legittimamente contestato all’imputato, in quanto minore degli anni diciotto e quindi persona che non può essere espulsa dallo Stato fino al raggiungimento della maggiore età; nonchè sull’ulteriore considerazione che la fattispecie di cui trattasi dovrebbe ritenersi in ogni caso assorbita nella aggravante ex art. 61 c.p., n. 11, contestata con riferimento al reato sub a), la quale si basa anch’essa sulla permanenza illecita nel territorio italiano; sul rilievo, infine, che il reato di cui al D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 10 bis non poteva essere contestato, essendo ignoti sia la data che il luogo d’ingresso dello Stato, evento che ben poteva essersi verificato in data antecedente all’entrata in vigore della norma incriminatrice;

– quanto all’imputazione sub a), sull’impossibilità di escludere l’esistenza di un giustificato motivo della mancata esibizione, ben potendo ipotizzarsi, in particolare, che l’imputato possa non aver conseguito un documento d’identità nel paese d’origine o averlo perduto per eventi successivi, senza contare che la sua condizione di immigrato clandestino gli impedirebbe di partecipare al processo e di esercitare il proprio diritto di difesa; sull’enorme carico di spese che comporta la celebrazione di un processo per un reato contravvenzionale ritenuto inidoneo a contribuire alla lotta contro l’immigrazione clandestina.

2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso il Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte di Appello di Trento – sezione distaccata di Bolzano, deducendone l’illegittimità per violazione ed erronea applicazione della legge penale e vizio di motivazione, deducendo nell’ordine: (a) l’erroneità del riferimento, quanto all’imputazione di cui al D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 10 bis, all’aggravante ex art. 61 c.p., n. 11, mai contestata all’imputato e comunque dichiarata illegittima dalla Corte Costituzionale, con sentenza n. 249/2010; (b) la non pertinenza, ai fini della sussistenza del suddetto reato, della considerazione svolta dal giudicante relativamente all’impossibilità di eseguire l’espulsione, per essere l’imputato minorenne, prescindendo la perseguibilità della condotta contestata dalle vicende relative all’esecuzione dell’espulsione amministrativa; (c) la genericità ed astrattezza del riferimento contenuto in sentenza, quanto all’imputazione ex D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 6, comma 3, ad una possibile sussistenza di una causa di giustificazione, stante l’assenza di allegazioni in tal senso dell’imputato e di acquisizioni probatorie al riguardo; (d) la non pertinenza del riferimento all’impossibilità per l’imputato, in quanto immigrato clandestino, a partecipare al processo, ben potendo l’imputato, in caso di esecuzione dell’espulsione, richiedere comunque un permesso per partecipare al processo; (e) l’incongruità sia dell’argomento relativo all’elevato ammontare delle spese di giustizia, che non possono costituire valida ragione per la non celebrazione di un processo, sia delle considerazioni svolte circa la pretesa "inefficacia" della sanzione penale comminata dalla legge;

(f) l’erroneità della tesi secondo cui il reato previsto dal D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 10 bis non poteva essere contestato a ragione della mancata indicazione della data in cui ha avuto luogo l’ingresso nel territorio dello Stato, dovendo ritenersi sufficiente l’indicazione della data di accertamento della permanenza dello straniero, condotta che pure integra il reato di cui trattasi, laddove la verifica di eventuali aspetti rilevanti ai fini della decisione, andava condotta in sede di assunzione di prove, fermo restando che la presenza dell’imputato risulta accertata ad oltre un anno di distanza dalla introduzione della nuova fattispecie; (g) l’errata applicazione del D.P.R. n. 448 del 1988, art. 27, posto che la richiesta di non luogo a provvedere risulta formulata dal PM ed accolta dal giudicante in mancanza di citazione delle parti e delle audizioni prescritte dalla legge; sul punto ben può avvenire in sede di assunzione delle prove; (h) la mancata riunione al presente procedimento di altro pure promosso nei confronti del minore, per fatti identici ma accertati in data diversa; (i) l’erronea applicazione dell’art. 129 c.p.p., in quanto, a prescindere dal carattere contraddittorio del riferimento al D.P.R. n. 448 del 1988, art. 27, da parte del giudicante non è stato precisato se nel caso in esame ricorresse l’ipotesi di cui al comma 1 ovvero del 2 comma della norma di cui trattasi, da ritenersi in ogni caso non applicabile nel caso in esame, difettando il requisito dell’evidenza dell’insussistenza dell’elemento soggettivo del reato, tale da giustificare la pronuncia di una sentenza predibattimentale.

Motivi della decisione

1. Il ricorso del Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte di Appello di Trento è fondato, nei termini meglio illustrati in prosieguo.

2. Ed invero, quanto all’imputazione di cui al capo a), il Collegio rileva che la sentenza impugnata va annullata senza rinvio, perchè il fatto non è previsto dalla legge come reato.

2.1 – Le Sezioni Unite di questa Corte (sentenza n. 16453 del 24 febbraio 2011, dep. 27/04/2011, Rv. 249546, imp. Alacev), con decisione condivisa dal Collegio, hanno stabilito che, a seguito della modifica del D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 236, art. 6, comma 3, (testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero) ad opera della L. 15 luglio 2009, n. 94, art. 1, comma 22, lett. h), i soggetti attivi del reato di inottemperanza "all’ordine di esibizione del passaporto o di altro documento di identificazione e del permesso di soggiorno o di altro documento attestante la regolare presenza nel territorio dello Stato", sono esclusivamente gli stranieri "legittimamente" soggiornanti nel territorio dello Stato.

Non integra, invece, nè questa, nè altra ipotesi di reato, l’omessa esibizione, da parte dello straniero extracomunitario, immigrato clandestinamente in Italia ed Irregolare, del permesso o della carta di soggiorno ovvero del documento di identificazione per stranieri di cui al citato D.Lgs., art. 6, comma 9, in quanto il possesso di uno di questi ultimi documenti è inconciliabile con la condizione stessa di "straniero clandestino" e, conseguentemente, ne è inesigibile l’esibizione.

3. La sentenza impugnata va altresì annullata con rinvio in relazione alla imputazione di cui al capo b), con conseguente trasmissione degli atti per nuovo giudizio alla Corte di Appello – sezione per i minorenni di Trento.

3.1 Ed invero l’impugnata sentenza rivela insuperabili vizi motivazionali e violazione di legge relativamente alla declaratoria di insussistenza della contravvenzione di cui al D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 10 bis, ove si consideri: – quanto all’impossibilità di espulsione dell’imputato perchè minorenne, per un verso, che tale divieto è intanto solo temporaneo e che comunque l’eseguibilità dell’espulsione non costituisce affatto un presupposto necessario per la configurabilità della fattispecie contestata;

– quanto al ritenuto assorbimento della condotta contestata nell’aggravante ex art. 61 c.p., n. 11, che preliminare ed assorbente risulta il rilievo che tale aggravante – dichiarata per altro costituzionalmente illegittima – non risulta mai contestata all’imputato;

– quanto al rilievo secondo cui la circostanza che risultano ignoti sia la data che il luogo d’ingresso dello straniero in Italia impedirebbe la possibilità di contestazione del reato, che, in tema di immigrazione, ai fini della sussistenza del reato contravvenzionale di illegale permanenza nel territorio dello Stato, prevedendo il D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, il rilascio di apposita documentazione autorizzativa per il soggiorno in Italia, è sufficiente da parte dell’accusa dimostrare che il cittadino straniero, presente nel territorio dello Stato, ne risulti sprovvisto ovvero che non sia in grado di allegare tale documentazione, essendo illogico pretendere che il PM, sostituendosi all’Imputato, fornisca la prova di un fatto storico (la richiesta di un visto ovvero di un permesso di soggiorno), in tesi, mai avvenuto.

3.2 Nè per altro, può assumere rilevanza che la sentenza impugnata sia stata pronunciata a seguito di richiesta del Procuratore della Repubblica presso il Tribunale per i minorenni, di emettere – ai sensi del D.P.R. 22 settembre 1988, n. 448, art. 27 – di emettere sentenza di non luogo a procedere per irrilevanza del fatto, sol che si consideri che il giudicante, oltre a non procedere alle citazioni ed audizioni previste dalla norma, non ha in alcun modo delibato sul merito di tale richiesta, dichiarando, illegittimamente, non doversi procedere nei confronti di Z.A., "perchè i fatti non costituiscono reato".

P.Q.M.

Sciogliendo la riserva di cui all’udienza del 3 ottobre 2011, così provvede: Annulla senza rinvio la sentenza impugnata, limitatamente all’imputazione di cui al capo A), perchè il fatto non è previsto dalla legge come reato. Annulla altresì la sentenza impugnata in relazione all’imputazione di cui al capo B) e rinvia per nuovo giudizio, alla Corte d’Appello – sezione per i minorenni di Trento.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *