Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 30-09-2011) 02-11-2011, n. 39562

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ordinanza del 17/6/2010, depositata il 26/8/2010, il Tribunale di Reggio Calabria, costituito ex art. 310 c.p.p., ha rigettato l’appello proposto dal P.M. avverso l’ordinanza 28/7/2009 con la quale il GIP del medesimo Tribunale aveva accolto la richiesta avanzata da E.G.G. di sostituzione della misura della custodia cautelare in carcere con quella degli arresti domiciliari.

Il Tribunale ha motivato la propria statuizione facendo proprie le considerazioni del GIP che aveva rilevato come nei confronti dell’imputato, condannato all’esito di giudizio abbreviato alla pena di anni cinque di reclusione ed Euro 800,00 di multa quale responsabile del reato di cui alla L. n. 497 del 1974, art. 9, fosse stata esclusa l’aggravante di cui alla L. n. 203 del 1991, art. 7 e come, peraltro, fossero già trascorsi due anni dall’inizio dell’esecuzione della misura custodiale, dati che, unitariamente considerati fra loro e con la incensuratezza dell’imputato, portavano a ritenere che le pur permanenti esigenze cautelari si fossero notevolmente affievolite e fossero salvaguardabili con la misura attenuata di detenzione. Avverso tale ordinanza ha proposto ricorso il Pubblico Ministero in data 27/9/2010 deducendo erronea applicazione di legge e difetto di motivazione. Il ricorrente ha rilevato che il Tribunale aveva indebitamente attribuito rilievo al mero decorso del tempo per affermare l’attenuazione delle esigenze cautelari nonchè all’entità della pena inflitta come criterio di valutazione della proporzionalità della misura in atto; ha altresì lamentato difetto di motivazione in ordine all’adeguatezza della misura adottata nonostante l’aggravamento del quadro indiziario a seguito della condanna di primo grado.

Motivi della decisione

Il ricorrente P.M., dopo una accurata sintesi della vicenda processuale e della decisione assunta dal G.I.P. e fatta segno ad appello dello stesso P.M. ex art. 310 c.p.p., pur accuratamente sintetizzato, ha poi riservato a sei righe della terza pagina del ricorso per cassazione le sue censure avverso l’ordinanza 26/8/2010 del Tribunale di Reggio Calabria, censure che si risolvono nella affermazione per la quale il Tribunale non avrebbe considerato come la condanna irrogata in primo grado avesse non attenuato ma aggravato il quadro indiziario rendendo priva di "adeguatezza" la misura degli arresti domiciliari indebitamente sostituita.

La censura deve ritenersi priva di pertinenza al decisum, posto che, limitandosi alle poche riferite generiche proposizioni, non si fa carico di contestare legittimità e/o congruità logica ai chiari passaggi argomentativi dell’ordinanza, per i quali l’indiscutibile accertamento della responsabilità per i gravi fatti si accompagnava però al biennio decorso in carcerazione e, soprattutto, alla esclusione – di tutto rilievo – della aggravante di cui alla L. n. 203 del 1991, art. 7, sì da consentire al giudicante di formulare una valutazione di adeguatezza della misura sostituita. Si rigetta pertanto il ricorso, senza provvedere sulle spese.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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