Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 04-05-2012, n. 6747 Contratto a termine

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza in data 28.4.2009/27.1.2010 la Corte di appello di Bologna confermava la decisione di primo grado che aveva dichiarato che fra la società Autostrade Centro Padane e F.D. si era instaurato un rapporto di lavoro a tempo indeterminato con decorrenza 1.9.1993, essendo stata ritenuta illegittima la proroga (sino al 31.8.1993) del contratto stipulato per il periodo 14.5/15.7.1993, ai sensi dell’art. 2 del CCNL ("per sopperire alle maggiori esigenze del servizio di esazione pedaggi, connesse con l’espansione del traffico autostradale stagionale").

Osservava in sintesi la Corte territoriale che l'(unico motivo di) appello doveva ritenersi inammissibile, dal momento che introduceva nel giudizio una prospettazione difensiva (incentrata sulla considerazione che, nel settore dell’esazione stradale, il requisito di legittimità del contratto a termine è del tutto equivalente a quello della sua proroga) del tutto nuova rispetto a quella svolta in primo grado (incentrata, invece, sulla considerazione che, nel mese di luglio, si era verificato un traffico più intenso di quello previsto) e che, comunque, la legittimità della proroga non poteva prescindere dalla sussistenza di esigenze contingenti ed imprevedibili, per come richiesto dalla L. n. 230 del 1962, art. 2.

Per la cassazione della sentenza propone ricorso la società Autostrade Centro padane con due motivi.

Resiste con controricorso F.D..

Entrambe le parti hanno depositato memorie.

Motivi della decisione

1. Con il primo motivo, svolto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, la ricorrente lamenta violazione dell’art. 345 c.p.c., osservando che la Corte territoriale aveva erroneamente supposto che fosse stato introdotto nel giudizio un nuovo tema di decisione, nonostante che la domanda di gravame si fondasse sui medesimi presupposti di fatto che avevano sorretto le difese di primo grado, supportate solo da ulteriori argomenti difensivi, e non anche da attività processuali precluse in grado di appello.

Con il secondo motivo la società ricorrente, deducendo ancora violazione di legge e della contrattazione collettiva applicabile ( art. 360 c.p.c., n. 3, in relazione alla L. n. 230 del 1962, art. 2, alla L. n. 79 del 1983, art. 8 bis, all’art. 2 del CCNL del 1990), osserva che le esigenze contingenti ed imprevedibili connesse all’aumento del traffico nel periodo maggio – ottobre dovevano presumersi sussistenti, in tale arco temporale, senza necessità di un accertamento caso per caso, e che le stesse potevano essere verificate, nel loro concreto accadimento, solo ex post, essendo l’accrescimento del traffico autostradale una circostanza assolutamente imprevedibile, con la conseguenza che la legittimità tanto del contratto quanto delle proroghe andava verificata solo con riferimento alla collocazione temporale di tali contratti e alla finalizzazione delle relative assunzioni.

2. Gli argomenti del primo motivo possono condividersi.

Come noto, infatti, possono qualificarsi come eccezioni vere e proprie o riconvenzionali solo quelle che sono riservate alla disponibilità della parte nei casi previsti dalla legge o quando concernono fatti estintivi, impeditivi o modificativi dell’altrui pretesa, mentre tale qualificazione non compete alle mere difese, rivolte solo a contrastare la fondatezza della domanda, anche attraverso nuove argomentazioni che non introducono, tuttavia, un tema di indagine diverso e sostanzialmente più ampio di quello oggetto del precedente grado del giudizio.

Ciò deve ritenersi anche nel caso in esame, se si considera che la prospettazione difensiva svolta dalla società ricorrente in sede di gravame era pur sempre diretta ad individuare l’esatta portata precettiva della norma contrattuale, attraverso argomenti funzionali a contestare l’interpretazione offerta dalla parte avversa, e, quindi, si manteneva nell’ambito del tema oggetto di originaria cognizione, con conseguente devoluzione al giudice dell’impugnazione.

3. La plausibilità del primo motivo non può tuttavia condurre all’accoglimento del ricorso.

Infatti la sentenza impugnata si fonda su due argomenti autonomi, il secondo dei quali è idoneo a sorreggere da solo il dispositivo. Esso è oggetto del secondo motivo di ricorso, che non è fondato.

Ritiene, infatti, la Corte che debba darsi continuità all’orientamento della giurisprudenza di legittimità che assume che la regola posta dalla L. n. 230 del 1962, art. 2 è applicabile anche all’ipotesi di proroga del termine di un contratto di lavoro a tempo determinato stipulato ai sensi della L. n. 56 del 1987, art. 23 (v. ad es. Cass. n. 645/2008) o, come quello in esame, a norma della L. n. 18 del 1978, di conversione del D.L. n. 876 del 1977, successivamente prorogata e, da ultimo, estesa ad ogni settore dal D.L. n. 17 del 1983, art. 8 bis, come introdotto dalla Legge di Conversione n. 79 del 1983 (v. Cass. n. 19365/2010).

Per come si è, infatti, osservato queste disposizioni si limitano a introdurre nuove ipotesi di legittima apposizione di un termine finale al rapporto di lavoro in aggiunta a quelle già previste dalla L. n. 230 del 1962, ma non derogano, per il resto, alla disciplina da essa prevista, per ciò che riguarda la possibile proroga del termine, consentita solo in presenza di esigenze contingenti ed imprevedibili diverse da quelle che avevano giustificato l’originaria assunzione.

Soluzione che appare coerente non solo rispetto alla lettera della legge, ma anche alla sua ratio, dal momento che la stipulazione di un contratto di lavoro per un periodo inferiore a quello temporalmente consentito lascia presumere che ciò sia avvenuto per necessità temporalmente ridotte rispetto a quelle prese originariamente in considerazione e che esauriscono il relativo potere.

Ne deriva che la disciplina della eventuale proroga non può che rinvenire la sua sede regolativa nella L. n. 230 del 1962, art. 2 e presuppone, fra l’altro, l’onere a carico del datore di lavoro della prova delle prescritte esigenze giustificative, che non possono ricollegarsi causalmente all’originaria assunzione, ma devono assumere carattere di straordinarietà ed imprevedibilità.

Per come si osserva nella sentenza impugnata, la società ricorrente non ha affatto assolto a tale onere, se si considera che, a fondamento del gravame, la stessa ha prospettato che, nel settore autostradale, il requisito di legittimità del contratto a termine è del tutto equivalente a quello della sua proroga, incentrandosi sul solo elemento cronologico-funzionale.

4. Con riguardo, infine, alle conseguenza economiche dell’accertata nullità della clausola di durata, la difesa della società ricorrente ha, in sede di note, prospettato l’applicazione dello ius superveniens, rappresentato dalla L. 4 novembre 2010, n. 183, art. 32 commi 5, 6 e 7.

In ordine a tale questione, va premesso, in via di principio, che costituisce condizione necessaria per poter applicare nel giudizio di legittimità i nuovi criteri di determinazione del danno, introdotti dai commi 5 e 6 dello stesso testo, lo ius superveniens, che la nuova disciplina del rapporto controverso sia pertinente alle censure formulate col ricorso, tenuto conto della natura del giudizio di legittimità, il cui perimetro è limitato dagli specifici motivi del ricorso (cfr. Cass. n. 10547/2006).

In tal contesto, è necessario che il motivo del ricorso, che investa, anche indirettamente, il tema coinvolto dalla disciplina sopravvenuta, oltre ad essere sussistente, sia, altresì, ammissibile, secondo la disciplina sua propria.

In particolare, con riferimento alla disciplina invocata, la necessaria sussistenza della questione ad essa pertinente presuppone, nel giudizio di cassazione, che i motivi del ricorso investano specificatamente le conseguenze patrimoniali dell’accertata nullità del termine, che non siano tardivi, generici, o affetti da altra causa di inammissibilità, ivi compresa la mancata osservanza del precetto dell’art. 366 bis c.p.c., ove applicabile ratione temporis.

In caso di assenza, come nella fattispecie, o inammissibilità di una censura in ordine alle conseguenze economiche della clausola di durata, illegittimamente apposta, il rigetto per tali cause dei motivi non può, quindi, che determinare la stabilità e irrevocabilità delle statuizioni di merito contestate.

5. Il ricorso va, pertanto, rigettato.

Le spese seguono la soccombenza e vanno distratte in favore dei difensori anticipatari.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la società ricorrente al pagamento delle spese che liquida in Euro 50,00 per esborsi ed in Euro 3.000,00 per onorari, oltre a spese generali, I.V.A. e C.P.A., con distrazione in favore degli avvocati Giovanni Giovannelli e Pierluigi Panici.
Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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