Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 29-09-2011) 02-11-2011, n. 39554

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con ordinanza in data 7/4/11 il Tribunale del riesame di Torino in sede di appello confermava l’ordinanza 5/1/11 del Gip di quel Tribunale che rigettava l’istanza di D.F. volta alla declaratoria di inefficacia dell’ordinanza di custodia cautelare in carcere disposta nei suoi confronti il 13/8/10 dal Gip del Tribunale di Reggio Calabria per il reato di associazione mafiosa.

Si premetteva che il D. veniva fermato in (OMISSIS) per il detto reato il (OMISSIS) con successiva convalida ed emissione di ordinanza di custodia cautelare in carcere da parte del Gip di quel Tribunale; che in sede di riesame (29/7/10) il Tribunale dichiarava l’incompetenza dell’AG di Torino, ritenendo competente quella di Reggio Calabria; che il 13/8/10 il Gip di quel Tribunale emetteva ordinanza di custodia cautelare ai sensi dell’art. 27 c.p.p., confermata dal Tribunale del riesame; che poi, a seguito di una riunione di coordinamento presso la DDA, il Pm di Reggio Calabria trasmetteva gli atti del procedimento a carico del D. e di altri al Pm di Torino ex art. 54 c.p.p..

Tanto premesso, si rilevava come il 13/12/10, a seguito di un’istanza della difesa del D. al Gip di Reggio Calabria per l’autorizzazione ad un colloquio con la madre e all’accesso in carcere di un odontotecnico di fiducia, quel giudice dichiarasse la propria incompetenza a decidere sulle istanze e la restituzione degli atti al Pm in sede per il loro inoltro al Pm presso il giudice competente.

Da ciò la difesa medesima traeva ragione per chiedere al Gip di Torino la declaratoria di inefficacia della cautela in atto, richiesta che veniva respinta con l’atto appellato. Osservava infatti il giudice di appello che per declinare la competenza territoriale era necessario un atto formale e tale non poteva considerarsi la pronuncia del Gip di Reggio Calabria, espressamente limitata alle istanze poste al suo esame e determinata dall’indisponibilità degli atti.

Ricorreva per cassazione la difesa del D., deducendo: 1) vizio di motivazione in ordine alla pretesa natura non decisoria dell’ordinanza del Gip di Reggio Calabria, tesi contrastata dallo stesso suo contenuto che faceva riferimento all’individuazione di (OMISSIS) come focus commissi delicti, giusta il provvedimento ex art. 54 c.p.p., del Pm di Reggio Calabria cui il Gip di quel Tribunale faceva integrale rinvio; 2) violazione di norme processuali in materia di diritto di difesa, laddove l’interpretazione data alla situazione dal Tribunale comportava l’impossibilità per l’indagato di individuare il suo giudice naturale (in ipotesi tale rimanendo il Gip di Reggio Calabria per tutto ciò che non concernesse, a causa della materiale indisponibilità degli atti, i colloqui o gli accessi in carcere). Un eventuale richiamo interpretativo all’art. 27 c.p.p., come operato dal Tribunale in riferimento a diversa questione decisa dalla Corte costituzionale con sentenza 262/91, induceva a sollevare espressa questione di legittimità costituzionale dell’articolo medesimo.

All’udienza camerale fissata per la discussione il PG concludeva per l’annullamento dell’ordinanza con rinvio al Tribunale di Torino; la difesa per l’accoglimento del ricorso.

Il ricorso, infondato, va respinto.

Va ricordato in linea generale che durante la fase delle indagini preliminari il giudice procedente è il Pm e non il Gip (art. 30.2. op) e compete pertanto al primo decidere su autorizzazioni e permessi riguardanti indagati ed imputati detenuti (in quella fase il secondo interviene solo sulle richieste cautelari).

Nella specie, essendo competente il Pm, bene ha fatto il Gip del Tribunale di Reggio Calabria a trasmettere gli atti al Pm presso il Tribunale di Torino (competente – in possesso degli atti dopo la loro trasmissione ex art. 54 c.p.p. – per autorizzazioni e permessi).

In ciò non rileva l’art. 27 c.p.p. ed ogni sua possibile interpretazione, una volta che la Corte Costituzionale (con sentenza n. 262 del 1991) ha statuito che: "La trasmissione degli atti da parte del Pm procedente a quello incardinato presso il giudice ritenuto competente non è idonea nè a comportare la competenza di quest’ultimo giudice nè a escludere la competenza del giudice presso il quale il pubblico ministero trasmittente esercita le funzioni. Di conseguenza, tale traslazione degli atti non vale ad infirmare la validità della misura cautelare già disposta da quest’ultimo nè ad attribuirle un’efficacia solo interinale: pertanto non vi è ragione di ritenere che ad essa debba sovrapporsi – entro i venti giorni dall’ordinanza di trasmissione – un nuovo provvedimento di altro giudice, mancando, diversamente dall’ipotesi contemplata dall’art. 27 Cost., una pronuncia declinatoria di competenza. Non sono invocabili, pertanto, nè l’art. 3 Cost., trattandosi di situazioni diverse, nè l’art. 25 Cost., non essendo la traslazione degli atti attributiva di competenza; e nemmeno può dirsi violato il diritto di difesa, che ben può essere esercitato chiedendo la revoca della misura o al giudice presso il cui ufficio è il pubblico ministero che ha ricevuto gli atti ovvero qualora egli declini la propria competenza allo stesso giudice che l’ha emessa". (Non fondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’art. 27 c.p.p., sollevata in riferimento agli artt. 3, 24 e 25 Cost.).

Conformi a detta pronuncia in questa sede: Cass., sez. 2, sent n. 14787 del 5/2/01, Gelmini, rv. 218552 ("L’individuazione, a norma dell’art. 54 quater c.p.p., di un ufficio del Pm competente a procedere, diverso da quello requirente, non spiega alcuna incidenza sull’efficacia delle misure cautelari in corso di applicazione, la quale viene meno solo in caso di dichiarata incompetenza del giudice che le abbia disposte, non seguita dall’emissione, nei venti giorni successivi, di nuovo provvedimento cautelare; e ciò perchè, sino a quando non venga investito del procedimento – con ordinanza di un giudice suscettibile di dar luogo a conflitto a norma dell’art. 28 c.p.p. – un altro organo di giurisdizione, i provvedimenti, di natura organizzatoria, emessi da una parte, sia pure non privata (trasmissione degli atti da uno ad altro ufficio del pubblico ministero, decreto del Proc. Gen. risolutivo di contrasti di competenza tra organi dell’accusa), non hanno attitudine ad invalidare un atto giurisdizionale, a nulla rilevando che, per effetto del meccanismo di cui all’art. 54 c.p.p., segg. , altro Gip possa essere investito in seguito del procedimento) e, ancora, Cass., sez. 6, sent. n. 23819 del 12/3/04, Neumann, rv. 229519 ("La misura cautelare disposta nell’ambito di un procedimento i cui atti siano stati successivamente trasmessi dal Pm, in applicazione dell’art. 54 c.p.p., comma 1, all’ufficio di procura presso un diverso giudice, non perde efficacia qualora, entro venti giorni, non sia intervenuto nuovo provvedimento del giudice ritenuto competente, poichè l’inefficacia sancita dall’art. 27 c.p.p., presuppone che il trasferimento degli atti faccia seguito ad una formale dichiarazione di incompetenza del primo giudice").

Al rigetto del ricorso segue ( art. 616 c.p.p.) la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del processo.

Trattandosi di soggetto in custodia cautelare in carcere va disposto ai sensi dell’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Dispone trasmettersi, a cura della Cancelleria, copia del provvedimento al Direttore dell’Istituto penitenziario ai sensi dell’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *