Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 29-09-2011) 02-11-2011, n. 39551

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con sentenza 31/1/11 la quinta sezione penale della Corte di Cassazione rigettava il ricorso di S.F., avvocato, avverso l’ordinanza 5/1/10 della Corte di Appello di Catanzaro che dichiarava inammissibile il ricorso della stessa S. per la revisione della sentenza 16/5/06 della Corte di Appello di Potenza (irrev. il 4/3/08), che la condannava per una duplice fattispecie di bancarotta fraudolenta in concorso (distrazione di somma di pertinenza della società fallita, pari a L. 203 milioni, per metà in favore dell’A.D. della società e per l’altra metà in favore di se stessa).

Avverso la detta sentenza della S.C. la S. proponeva ricorso straordinario per errore materiale o di fatto ai sensi dell’art. 625 bis c.p.p. (estensore del ricorso l’avv. Luigi Colaleo del foro di Milano).

Nel ricorso si lamenta che la S.C., incorrendo in un equivoco (in ciò consistendo l’errore di fatto), aveva ritenuto fondate le considerazioni contenute nell’ordinanza della Corte di Appello di Catanzaro (che dichiarava inammissibile il ricorso per revisione) secondo cui, giusta anche la motivazione della sentenza della Corte di Appello di Potenza, le prove nuove prospettate dalla parte non avevano attitudine a dimostrarne l’innocenza, perchè, anche se le deduzioni difensive fossero risultate provate, sarebbe rimasto inalterato il carattere illecito delle condotte ascritte. Invece, sostiene l’odierno ricorrente, la Corte d’Appello di Potenza aveva dichiarato la colpevolezza dell’imputata non per il recupero della somma in favore della società (fatto pacifico, che la S. aveva compiuto quale legale della società medesima e su specifico mandato degli organi societari) ma per la sua effettiva utilizzazione (la somma, secondo la difesa, era stata versata in parte – L. 173 milioni – a società del socio di maggioranza che aveva anticipato un finanziamento e per altra parte – L. 30 milioni – alle maestranze;

secondo l’accusa, invece, essa sarebbe stata spartita tra l’A.D. della società, il coimputato N., e la professionista e ciò solo in base alla assenza di un riscontro documentale delle uscite).

Era su questo decisivo aspetto che incidevano le prove da valutare proposte dalla parte.

Inoltre, contrariamente all’assunto della S.C., la Corte di Appello Potenza non aveva considerato la posizione soggettiva dell’imputata, non essendovi in atti la prova di alcuna carica sociale da lei assunta nella fallita OROP spa (mentre vi era la prova del dovuto recupero della somma in questione).

Era stato poi inopinatamente negato anche il contrasto di giudicati lì dove la Corte di Appello di Potenza aveva ipotizzato una derubricazione dei fatti di distrazione in bancarotta preferenziale (laddove si fosse voluto dar credito a quanto affermato in altro processo da alcuni dipendenti della società fallita), qualificandola una limitata ipotesi di diversa valutazione dei fatti da parte di giudici diversi. L’errore di fatto della S.C. consisteva dunque nell’avere attribuito alla sentenza di Potenza considerazioni proprie dell’ordinanza di Catanzaro.

Con memoria 30/6/11 la difesa (avv.to Luigi Panella, anche per delega del Collega) chiariva i termini del ricorso, insistendo nel suo accoglimento (allegava copia della sentenza della CdA di Potenza).

Con ulteriore memoria in data 6/9/11 la medesima difesa precisava i contenuti della sola prova da rivalutare (peraltro assunta nell’ambito di un giudizio abbreviato), consistente nel fax (del 10/12/97) degli amministratori delegati della società, che davano mandato al legale della società medesima – l’avv. S. – di riscuotere le somme provenienti dal fallimento Memofil destinate alla OROP spa e di farle avere al socio di maggioranza ( F.) affinchè decidesse di continuare i finanziamenti. All’udienza camerale fissata per la discussione il PG concludeva per il rigetto del ricorso, le difese (entrambe presenti) per il suo accoglimento.

Il ricorso, manifestamente infondato, è inammissibile.

Il ricorso straordinario per errore materiale o di fatto ai sensi dell’art. 625 bis c.p.p., in quanto incide sul principio, fisiologicamente necessario al sistema, dell’irrevocabilità del giudicato, è strumento di eccezionale e selettiva utilizzazione, che non può andare oltre lo stretto perimetro normativo. Ciò vale in particolare per il soggetto legittimato ad agire, che la norma individua nel condannato.

Nel caso invece la sentenza oggetto del ricorso straordinario non pronuncia in merito ad una condanna, bensì ad una revisione. E ciò non è consentito (anche per la ragione che la reiezione di una richiesta di revisione non pregiudica il diritto di presentare una nuova richiesta fondata su elementi diversi: art. 641 c.p.p.).

La giurisprudenza di questa Corte è univoca sul punto. In proposito, oltre a S.U. del 27/2/02, sent. n. 16103, ric. Basile P., rv.

221281("In tema di correzione dell’errore di fatto, poichè la relativa richiesta è ammessa solo a favore del condannato e l’art. 625 bis c.p.p., ha natura di norma eccezionale, possono costituire oggetto dell’impugnazione straordinaria esclusivamente quei provvedimenti della Corte di Cassazione che rendono definitiva una sentenza di condanna e non anche le altre decisioni che intervengono in procedimenti incidentali"; conf. S.U. del 27/3/02, sent. n. 16104, rie. De Lorenzo, non massimata), vedi anche sez. 5, del 16/6/06, sent. n. 30373, ric. Nappi, rv. 235323 ("In tema di ricorso straordinario, l’art. 625 bis c.p.p., prevede che tale impugnazione è ammessa solo "a favore del condannato". Tale espressione deve essere intesa nel senso che una persona è legittimata a proporre l’impugnazione straordinaria contro una decisione della Corte di Cassazione solo quando questa, rigettando o dichiarando inammissibile il ricorso, rende definitiva la sentenza di condanna" (fattispecie in cui è stata esclusa la possibilità di esperire il ricorso straordinario ex art. 625 bis c.p.p. contro una sentenza in tema di revisione) e sez. 6, del 17/1/07, n. 4124, ric. Rossi, rv. 235612 (nei medesimi termini: "E’ inammissibile il ricorso straordinario per errore di fatto di cui all’art. 625 bis c.p.p., proposto nei confronti di decisione della Corte di Cassazione intervenuta in tema di revisione di sentenza di condanna").

Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso segue per legge ( art. 616 c.p.p.) la condanna della parte privata ricorrente al pagamento delle spese del processo e al versamento di una congrua somma (che si stima tale nella misura di Euro 1.000) alla Cassa delle ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del processo e al versamento della somma di Euro 1.000 alla Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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