Cass. civ. Sez. V, Sent., 04-05-2012, n. 6729

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Gli atti del giudizio di legittimità.

Il giorno 15.11.2010 è stato notificato al comune di Gassino Torinese e ad Equitalia Nomos spa il ricorso di D.B.M. per la cassazione della sentenza descritta in epigrafe (depositata il 1.7.2010), che ha respinto l’appello della medesima D.B. contro la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Torino n. 42/07/2008 che aveva integralmente disatteso il ricorso della predetta contribuente avverso ruolo e cartella di pagamento relativi ad ICI 1997.

Non hanno svolto attività difensiva in questo grado di giudizio le parti intimate.

La controversia è stata discussa alla pubblica udienza del 27.3.2012, in cui il PG concluso per il rigetto del ricorso.

2. I fatti di causa.

Il ruolo relativo ad ICI per un totale importo di Euro 389,39, reso esecutivo in data 24.11.2006 è stato notificato alla D.B. a mezzo di cartella esattoriale in data 9.3.2007. Avverso sia l’uno che l’altra è stato proposto ricorso da parte della contribuente – che ha formulato sei distinti motivi di impugnazione – avanti alla CTP di Torino che – nel contesto delle costituite parti intimate – ha integralmente disatteso le doglianze di parte contribuente, compensando le spese di lite.

La contribuente ha riproposto tutte le ragioni di doglianza avanti alla CTR Piemonte e nel secondo grado del processo si sono nuovamente costituite entrambe le parti intimate.

Anche l’adita CTR ha integralmente disatteso le doglianze della parte contribuente, condannandola alla refusione delle spese di lite a favore delle due intimate.

3. La motivazione della sentenza impugnata.

La sentenza della CTR oggetto del ricorso per cassazione – per quanto qui ancora interessa- è motivata nel senso che -da una parte- i lamentati vizi di notifica della cartella esattoriale non sussistevano, apparendo la procedura conforme alle norme ed efficace in relazione alle finalità del provvedimento (la completa informazione sulla pretesa dell’ente comunale); e che – dall’altra – non sussisteva il vizio di carenza di motivazione e di contenuto, atteso che la cartella riportava tutti gli elementi essenziali contenuti nel ruolo, elementi che la contribuente aveva di certo conosciuto, atteso che ne aveva fatto menzione negli atti processuali.

4. Il ricorso per cassazione.

Il ricorso per cassazione è sostenuto con due motivi d’impugnazione e – dichiarato il valore della causa nella misura di Euro 389,39 – si conclude con la richiesta che sia cassata la sentenza impugnata, con ogni conseguente statuizione anche in ordine alle spese processuali.

Motivi della decisione

5. Il primo motivo d’impugnazione.

Il primo motivo d’impugnazione è collocato sotto la seguente rubrica: "Violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 267 del 2000, art. 50 commi 2 e 3 art. 107, commi 2 e comma 3; violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 11; violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c.; denuncia ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 62 e art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5".

Premesso di avere censurato nei gradi di merito l’inesistenza dell’atto per carenza della qualifica in capo al soggetto che lo aveva sottoscritto (che non risultava essere nè il sindaco nè un dirigente) e che la delibera di Giunta Municipale relativa nomina del funzionario ICI non era stata depositata in giudizio dall’Amministrazione intimata, la parte ricorrente evidenziava che non vi era alcuna prova del fatto che il D.C. (identificato dalla Commissione di primo grado come i funzionario responsabile che aveva sottoscritto il ruolo) fosse stato debitamente autorizzato allo svolgimento di detta funzione.

In tal modo la parte ricorrente ha sostanzialmente gravato di censura la sentenza qui impugnata nella parte in cui (richiamando i motivi della pronuncia di primo grado) ha ritenuto che il ruolo fosse regolare, perchè sottoscritto dal funzionario responsabile Dott. D.C.G., "designato a svolgere tali funzioni (v. doc. 5) in armonia con le prescrizioni del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 11, punto 4".

La censura è inammissibilmente formulata, per inidonea identificazione dell’archetipo del vizio valorizzato, rispetto all’argomento posto dal giudicante a fondamento della statuizione, e cioè la sussistenza degli elementi di fatto utili a consentire che si identificasse il D.C. come titolare delle funzioni ad esso affidate per la sottoscrizione dei ruoli.

Ed invero, è giurisprudenza costante di questa Corte (per tutte Cass. Sez. L, Sentenza n. 16698 del 16/07/2010) che: "In tema di ricorso per cassazione, il vizio di violazione di legge consiste nella deduzione di un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge e quindi implica necessariamente un problema interpretativo della stessa; viceversa, l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa è esterna all’esatta interpretazione della norma di legge e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, la cui censura è possibile, in sede di legittimità, sotto l’aspetto del vizio di motivazione. Il discrimine tra l’una e l’altra ipotesi – violazione di legge in senso proprio a causa dell’erronea ricognizione dell’astratta fattispecie normativa, ovvero erronea applicazione della legge in ragione della carente o contraddittoria ricostruzione della fattispecie concreta – è segnato dal fatto che solo quest’ultima censura, e non anche la prima, è mediata dalla contestata valutazione delle risultanze di causa. (Principio enunciato dalla S.C. in tema di violazione procedimentale, in riferimento alla ricostruzione dell’"iter" processuale fornito dalla corte di merito riguardo alla mancata comunicazione di un’ordinanza emessa fuori udienza dal giudice di primo grado)".

Orbene, è manifesto che la parte ricorrente contesta proprio la valutazione delle risultanze di causa fatta dal giudice del merito, dal momento in cui afferma che tra i documenti depositati in causa non si rinviene quello contenente la giustificazione del poteri del D.C., poteri che il giudicante ha ritenuto di rinvenire nel documento n. 5 di parte convenuta.

Non resta che concludere per l’inammissibilità del motivo. 5. Il secondo motivo d’impugnazione.

Il secondo motivo d’impugnazione è collocato sotto la seguente rubrica: "Violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 26 comma 1, periodo 2; violazione e falsa applicazione dell’art. 148 c.p.c.; denuncia ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 62 e art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5".

Col motivo qui in esame la parte ricorrente, dopo avere premesso di avere nei gradi di merito eccepito l’inesistenza della notificazione per essere assenti nella relata tutti gli elementi prescritti dalla norma dei menzionati artt. 26 e 148 (e cioè il soggetto notificante e la sottoscrizione del medesimo attestante l’avvenuta notificazione tramite il servizio postale) si duole del fatto che la CTR, richiamando la motivazione della pronuncia di primo grado, abbia ritenuto che "la cartella in discussione è stata notificata in applicazione delle norme vigenti in materia ( D.P.R. n. 602 del 1973, art. 26), con consegna a mani della destinataria da parte di agente postale che ha sottoscritto la relata".

In specie, la parte ricorrente censura di erroneità la pronuncia di appello per avere consentito che il concessionario dimostrasse "l’avvenuta notificazione a mani del contribuente limitandosi a produrre una cartolina di ricevimento e non anche la copia della cartella esattoriale che assume essere stata notificata", ciò che non poteva avere consentito di intendere "come possa essere stata sottoscritta la relata di notifica sulla cartella esattoriale".

La censura in esame è inammissibile, siccome intimamente incoerente e non correlata con le ragioni fatte proprie dal giudicante per disattendere il gravame, ma anche per non essere state debitamente identificate le disposizioni normative che si assumono violate.

Ed invero il menzionato art. 26, nella versione all’epoca vigente, prevedeva quanto segue:

"La cartella è notificata dagli ufficiali della riscossione o da altri soggetti abilitati dal concessionario nelle forme previste dalla legge ovvero, previa eventuale convenzione tra comune e concessionario, dai messi comunali o dagli agenti della polizia municipale. La notifica può essere eseguita anche mediante invio di raccomandata con avviso di ricevimento; in tal caso, la cartella e1 notificata in plico chiuso e la notifica si considera avvenuta nella data indicata nell’avviso di ricevimento sottoscritto da una delle persone previste dal secondo comma o dal portiere dello stabile dove è l’abitazione, l’ufficio o l’azienda".

Si desume agevolmente dalla menzionata norma che la procedura di notifica della cartella esattoriale può anche avvenire a mezzo di invio di semplice lettera raccomandata con avviso di ricevimento, e così appare essere avvenuto nella specie di causa, atteso che il giudice di primo grado, richiamato da quello di secondo grado ha dato atto che la consegna è avvenuta "da parte di agente postale".

Ma, in tal caso, la relata di notifica, come impropriamente la definisce la pronuncia del giudice di primo grado, consiste nella mera sottoscrizione dell’avviso di ricevimento, a cui infatti si è attenuto il giudicante per dare atto dell’intervenuta notificazione della cartella, come esplicitamente riconosce la stessa odierna ricorrente.

Ciò implica che anche questo secondo aspetto di impugnazione, siccome inammissibile, non possa trovare accoglimento.

Nulla sulle spese, poichè la parte intimata non si è costituita.

P.Q.M.

la Corte rigetta il ricorso. Nulla sulle spese.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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