Cass. civ. Sez. VI, Sent., 07-05-2012, n. 6899 Diritti politici e civili

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Rilevato che R.A. ricorre per cassazione nei confronti del decreto della Corte d’appello di Genova, in epigrafe indicato, che, liquidando Euro 11.000,00 per anni undici di ritardo, ha accolto parzialmente la domanda di riconoscimento dell’equa riparazione per violazione dei termini di ragionevole durata del procedimento relativo al fallimento della s.n.c. GDM GRAFICHE DI MARRADI di Bandini e R. e dei suoi soci illimitatamente responsabili (fra i quali il ricorrente), svoltosi avanti al Tribunale di Firenze dall’ottobre 1990 all’ottobre 2008;

che il Ministero della giustizia resiste con controricorso;

che in prossimità dell’udienza la parte ricorrente ha depositato memoria illustrativa.

Considerato che il Collegio ha deliberato l’adozione di una motivazione semplificata;

Ritenuto che con il secondo, terzo e quarto motivo si censura il decreto impugnato, sotto il profilo della violazione di legge ( L. n. 89 del 2001, art. 2, art. 6, par. 1 e art. 41 CEDU) e del difetto di motivazione, nella parte in cui ha ritenuto ragionevole la protrazione della procedura de qua per sette anni, in violazione degli standards europei e senza adeguata motivazione in ordine alla complessità della procedura;

che tali censure sono infondate, atteso che, in tema di ragionevole durata del procedimento fallimentare e tenendo conto della sua peculiarità, il termine è stato ritenuto elevabile fino a sette anni allorquando il procedimento si presenti particolarmente complesso: ipotesi, questa, che è ravvisabile in presenza di un numero particolarmente elevato dei creditori, di una particolare natura o situazione giuridica dei beni da liquidare, di pluralità di procedure concorsuali indipendenti ovvero – come è pacifico si sia verificato nel caso in esame – di proliferazione nella procedura di giudizi connessi (nella specie, un consistente ed articolato contenzioso con gli Istituti di credito) ma autonomi;

che infondato è anche il primo motivo con il quale si censura, perchè in contrasto con la giurisprudenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, la considerazione, nella determinazione dell’indennizzo, della sola durata irragionevole anzichè della intera durata del giudizio presupposto;

che infatti, premesso che la Corte di merito ha seguito la modalità di calcolo dell’indennizzo prevista dalla L. n. 89 del 2001, art. 2, comma 3, va osservato che – fermo il principio generale enunciato dalle Sezioni Unite di questa Corte (n. 1338 del 2004) in virtù del quale il giudice italiano, chiamato a dare applicazione alla L. n. 89 del 2001, deve interpretarla in modo conforme alla CEDU per come essa vive nella giurisprudenza della Corte europea – tale dovere opera entro i limiti in cui detta interpretazione conforme sia resa possibile dal testo della stessa L. n. 89 del 2001; e che, d’altra parte, la compatibilità della normativa nazionale con gli impegni internazionali assunti dalla Repubblica Italiana va verificata con riguardo alla complessiva attitudine della L. n. 89 del 2001 ad assicurare l’obiettivo di un serio ristoro per la lesione del diritto ad una ragionevole durata del processo: come la stessa Corte europea ha riconosciuto, la limitazione, prevista dall’art. 2 della legge nazionale, dell’equa riparazione al solo periodo di durata irragionevole del processo di per sè non esclude tale complessiva attitudine della legge stessa (cfr.in tal senso ex multis Cass. n. 16086/2009; n. 10415/2009; n. 3716/2008);

che con il quinto, sesto e settimo motivo si censura la liquidazione dell’indennizzo in Euro 1.000 per anno di ritardo, denunciando la violazione di legge ( L. n. 89 del 2001, art. 2, in relazione all’art. 6, par. 1 CEDU, artt. 2056 e 2059 c.c.) ed il vizio motivazionale in ordine alla valutazione della posta in gioco;

che anche tali censure sono prive di fondamento, atteso che: a) la corte di merito ha tenuto conto dei criteri di determinazione della riparazione applicati dalla Corte europea e da questa corte, ai quali ha fatto riferimento, liquidando un indennizzo che rientra nel range delle liquidazioni normalmente adottate; b) la critica che la parte ricorrente muove a tale valutazione discrezionale, quella cioè di non essere aderente al caso specifico in esame, non è, da un lato, sussumibile nell’ambito della denuncia di un vizio di violazione di legge (cfr. S.U. n. 1340/2004) essendo piuttosto riferita ad una errata ricognizione della fattispecie concreta in esame, cioè ad un vizio di motivazione; dall’altro, sotto quest’ultimo profilo non merita ingresso, essendo in effetti diretta a sollecitare un riesame del merito non consentito a questa Corte;

che fondato è invece l’ottavo motivo, con il quale si censura la liquidazione delle spese di lite per violazione delle tariffe professionali vigenti, giacchè – tenendo conto del valore della controversia – l’importo di Euro 400,00 per diritti si mostra inferiore agli importi indicati nelle voci della tariffa relative agli atti compiuti e quello di Euro 450,00 per onorari inferiore ai minimi inderogabili;

che pertanto il decreto impugnato è cassato limitatamente a tale punto, e, sussistendone le condizioni ex art. 384 c.p.c., deve procedersi ad una nuova liquidazione – come da dispositivo- delle spese del giudizio di merito, tenuto conto dei limiti di tariffa;

che l’accoglimento della sola censura sulla liquidazione delle spese giustifica la compensazione tra le parti nella misura di due terzi delle spese del giudizio di cassazione, e la condanna del resistente al pagamento del residuo terzo, che si liquida come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso limitatamente all’ottavo motivo, cassa il decreto impugnato e, decidendo nel merito, liquida in complessivi Euro 1.150,00 – di cui Euro 600,00 per diritti e Euro 500,00 per onorari-, oltre spese generali ed accessori di legge, le spese del giudizio di merito poste a carico del Ministero della giustizia, da distrarsi in favore dell’avv. Riccardo Nalin. Compensa tra le parti, nella misura di due terzi, le spese di questo giudizio di cassazione e condanna il Ministero della Giustizia al pagamento della residua quota di un terzo, che liquida in Euro 330,00 – di cui Euro 300,00 per onorari – oltre spese generali ed accessori di lesse.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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