Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 07-05-2012, n. 6875 Previdenza integrativa

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1.- Con ricorso al Tribunale di Firenze, giudice del lavoro, L. G. e altri convenivano in giudizio l’INPS per ottenerne la condanna alla restituzione delle somme trattenute sulla retribuzione, a titolo di contributo di solidarietà del 2% ai sensi della L. n. 114 del 1999, dell’art. 64, comma 5, siccome avente diritto, per il periodo successivo all’1.10.1999, al trattamento pensionistico integrativo erogato dal Fondo per la Previdenza Integrativa gestito dallo stesso Istituto: sostenevano i ricorrenti che tale contributo di solidarietà avrebbe dovuto essere applicato solamente sulle prestazioni integrative successive alla cessazione del servizio, e non anche sulla retribuzione percepita in costanza del servizio medesimo.

2.- Il Tribunale respingeva il ricorso, aderendo alla contraria interpretazione prospettata dall’Istituto, ma la Corte d’Appello di Firenze, con sentenza del 9 marzo 2010, accogliendo il gravame proposto dai lavoratori, dichiarava che questi non erano tenuti al versamento del predetto contributo di solidarietà fino alla data di cessazione dal servizio e condannava l’inps alla restituzione delle somme a tale titolo indebitamente trattenute sulle retribuzioni, oltre agli interessi legali. La Corte territoriale, a sostegno del decisimi, osservava che:

a) il diritto alla pensione matura solo al momento della cessazione del servizio nella contestuale sussistenza dei requisiti contributivo ed anagrafico, come confermato anche dall’art. 22 del regolamento del Fondo, cosicchè l’Inps non avrebbe dovuto estendere il contributo di solidarietà anche ai dipendenti in servizio mediante trattenute sulle loro retribuzioni, ancorchè i medesimi fossero in possesso dei requisiti contributivo ed anagrafico richiesti per il conseguimento della pensione a carico dell’assicurazione generale obbligatoria;

b) doveva quindi escludersi che la L. n. 144 del 1999, art. 64, comma 5, avesse introdotto un meccanismo tale da colpire una pensione solo virtuale, siccome non ancora entrata a far parte del patrimonio del dipendente.

3.- Avverso l’anzidotta sentenza l’Inps ha proposto ricorso per cassazione fondato su un unico motivo, illustrato con memoria. I lavoratori sono rimasti intimati.

Motivi della decisione

1.- Con l’unico motivo l’Istituto ricorrente denuncia violazione della L. n. 114 del 1999, art. 64, comma 5, sostenendo che erroneamente la Corte territoriale ha ritenuto che. per i dipendenti ancora in servizio, il diritto alle prestazioni del Fondo non fosse un diritto acquisito, nè un diritto perfezionato e non ancora esigibile, ma soltanto un’aspettativa, con ciò finendo per considerare equivalenti le espressioni "erogate" e "maturate" utilizzate disgiuntivamente dal legislatore; viceversa, interpretando il comma 5 non isolatamente, ma nel contesto del complesso delle previsioni contenute nel medesimo articolo, deve ritenersi che, per attribuirvi il giusto significato, va tenuto conto anche della previsione del comma 3, laddove riconosce il diritto alla pensione integrativa calcolata sulla base delle normative regolamentari e "delle anzianità contributive maturate" alla data dell’1.10.1999, che a tale data vennero cristallizzate; dunque il contributo in parola deve gravare sia sui trattamenti pensionistici integrativi (alla data suddetta) già erogati agli ex dipendenti, sia su quelli maturati dai dipendenti iscritti al Fondo stesso ancora in attività di servizio alla data del l’1.10.1999, e ciò in quanto questi ultimi hanno tutti indistintamente maturato non già il diritto alla pensione, cui fa riferimento il giudice di appello, bensì l’importo della prestazione integrativa determinata sulla base dell’anzianità contributiva che potevano fare valere a tale data nell’ambito del Fondo stesso, configurandosi quindi la relativa prestazione, per costoro, quale diritto acquisito ex lege e non come semplice aspettativa o pensione virtuale.

2.- Con la memoria depositata ai sensi dell’art. 378 c.p.c. l’Inps fa rilevare la sopravvenienza del D.L. n. 98 del 2011, convertito nella L. n. 111 del 2011, recante norma interpretativa autentica nel senso favorevole alla tesi dell’Istituto.

3.- Il ricorso va accolto, alla stregua della predetta, sopravvenuta, norma di interpretazione autentica. Ed infatti secondo il disposto del D.L. 6 luglio 2011, n. 98, art. 18, comma 19, convertito con modificazioni nella L. 15 luglio 2011, n. 111, "le disposizioni di cui alla L. 17 maggio 1999, n. 144, art. 64, comma 5, si interpretano nel senso che il contributo di solidarietà sulle prestazioni integrative dell’assicurazione generale obbligatoria è dovuto sia dagli ex dipendenti già collocati a riposo che dai lavoratori ancora in servizio", e "in questo ultimo caso il contributo è calcolato sul maturato di pensione integrativa alla data del 80 settembre 1999 ed è trattenuto sulla retribuzione percepita in costanza di attività lavorativa".

In merito, questa Corte, in analoghe controversie, ha precisato che è manifestamente infondata, con riferimento all’art. 111 Cost. e all’art. 117 Cost., comma 1, la questione di costituzionalità relativa a tale norma, in quanto, come enunciato dalla sentenza n. 257 del 2011 della Corte costituzionale, non viola i principi regolatori del giusto processo l’intervento legislativo d’interpretazione autentica che accolga una delle possibili opzioni ermeneutiche dell’originario testo normativo, con la finalità di superare un’incertezza oggettiva derivante dall’ambiguità del tenore letterale della norma, senza incidere su situazioni giuridiche soggettive definitivamente acquisite, non ravvisatali in mancanza di una consolidata giurisprudenza dei giudici nazionali (L.ass. n. 22973 del 2011, ord.).

Il dubbio di illegittimità costituzionale è stato escluso anche con riferimento agli artt. 3 e 53 Cost., atteso che la sottoposizione delle retribuzioni dei lavoratori in servizio sia all’imposta sui redditi che al contributo speciale è giustificata in relazione al carattere differenziato della loro posizione previdenziale rispetto a quella della generalità dei cittadini e dei lavoratori (Cass. n. 1497 del 2012, ord.).

4.- All’accoglimento del ricorso consegue la cassazione della sentenza impugnata. La causa può poi essere decisa nel merito, non essendo necessari ulteriori accertamenti, con il rigetto della domanda.

5.- Il formarsi recente dell’orientamento di legittimità sulla questione esaminata, e la stessa sopravvenienza della norma di interpretazione autentica, inducono alla compensazione delle spese di giudizio.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta la domanda. Compensa le spese dell’intero processo.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *