Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 15-07-2011) 02-11-2011, n. 39362

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. La Corte di Appello di Catania, con la sentenza del 28 settembre 2010, ha confermato la sentenza del Tribunale di Caltagirone del 3 dicembre 2008 che aveva condannato P.A. e D.F.G. per il delitto di illecita interferenza nella vita privata altrui, di cui all’art. 615 bis c.p., nonchè al risarcimento dei danni alle costituite parte civili, da liquidarsi nel giudizio civile, previa concessione di una provvisionale.

2. Avverso tale sentenza hanno proposto ricorso per cassazione entrambi gli imputati, a mezzo del loro comune difensore, lamentando:

a) l’inosservanza di norme processuali con riferimento alla non accertata decadenza dalla costituzione di parte civile;

b) la mancanza e manifesta illogicità della motivazione sul punto della prova della responsabilità;

c) la violazione di legge e la omessa motivazione sul punto della tempestività della querela;

d) la mancata assunzione di una prova decisiva e cioè della testimonianza di M.R.;

e) la illogicità della motivazione in merito alla mancata conversione della pena detentiva in quella pecuniaria ai sensi della L. n. 689 del 1981, art. 53.

Motivi della decisione

1. L’impugnata sentenza deve essere annullata senza rinvio per essere il reato estinto per intervenuta prescrizione.

Invero, applicando alla fattispecie (art. 615 bis c.p.) i termini di cui all’art. 157 c.p. nel nuovo testo a cagione della data di emissione della sentenza di prime cure (3 dicembre 2008) si ottiene alla data del 3 settembre 2010 la scadenza dei sette anni e mesi sei con decorrenza dal 3 marzo 2003, data di commissione del reato, a cui devono però aggiungersi mesi 1 e giorni sei di sospensione nel giudizio di primo grado con termine finale prescrizionale al 9 ottobre 2010 e, pertanto, successivamente alla sentenza di secondo grado (28 settembre 2010).

Alla dichiarazione di prescrizione si perviene anche per l’impossibilità di addivenire ad una sentenza di proscioglimento nel merito, ai sensi dell’art. 129 c.p.p. nonchè per la non manifesta inammissibilità dei proposti ricorsi.

3. A tal proposito, con riferimento agli effetti civili nascenti dall’impugnata sentenza, i ricorsi devono essere rigettati in quanto:

a) secondo la pacifica giurisprudenza di questa Sezione (v. Cass. Sez. 5 27 ottobre 2000 n. 12718 e 13 dicembre 2006 n. 4972) gli artt. 79 e 484 c.p.p. consentono alla parte civile di costituirsi in giudizio fino a quando non siano compiuti gli adempimenti di cui all’art. 484 c.p.p., cioè prima dell’apertura del dibattimento; nel caso in esame, però, all’udienza del 5 novembre 2007, il Tribunale, avendo rinviato il processo per consentire la trattazione da parte del Magistrato tabellarmente previsto non può aver chiuso la fase preliminare; soltanto il 5 marzo 2008, il giudicante, in formazione processualmente corretta, ha potuto effettuare la verifica della costituzione delle parti e passare successivamente al dibattimento;

ne deriva, in conclusione, che la costituzione di parte civile delle parti lese è stata effettuata in forma regolare, prima di dare inizio al dibattimento;

b) il secondo motivo attiene ad una rilettura non consentita nella presente fase di legittimità dell’attività istruttoria compiuta avanti i Giudici del merito;

c) del pari, il motivo relativo alla presunta tardività della querela si posa sulle dichiarazioni di un testimone ( G.) e come tale non essendo la motivazione della Corte territoriale sul punto manifestamente illogica in quanto legittimamente basata sulla ritenuta maggiore attendibilità delle dichiarazioni delle parti offese rispetto a quella dell’indicato testimone non può essere rimessa in discussione;

d) il motivo di doglianza relativo alla mancata assunzione di una prova decisiva non coglie neppure nel segno in quanto dalle stesse asserzioni defensionali, contenute a pagina 7 del ricorso, si comprende come la suddetta testimonianza non potesse essere considerata decisiva;

e) l’ultimo motivo di ricorso, che denuncia il mancato accoglimento della richiesta di conversione della pena detentiva in quella pecuniaria ai sensi della L. n. 689 del 1981, art. 53, si appalesa ai limiti dell’inammissibilità in quanto entrambi i Giudici del merito hanno, da un lato, risposto alla relativa richiesta, con ciò rendendo evidente l’inesistenza di omissione alcuna, e, d’altro canto, risposto pure in maniera logica e conformemente ai principi della materia.

4. Dal rigetto dei ricorsi, agli effetti civili, deriva l’ulteriore conseguenza dell’obbligo per i ricorrenti di rifondere in solido le spese sostenute nel giudizio dalla parte civile, liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte annulla senza rinvio la sentenza impugnata perchè il reato è estinto per prescrizione. Rigetta i ricorsi agli effetti civili e condanna i ricorrenti in solido alla rifusione delle spese sostenute nel grado dalla parte civile, liquidate in complessivi Euro 1.500 per onorario, oltre accessori come per legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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