Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 15-07-2011) 02-11-2011, n. 39358

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. La Corte di Appello di Brescia, con sentenza del 14 aprile 2010, ha confermato la sentenza del Tribunale di Bergamo, Sezione Distaccata di Treviglio del 14 gennaio 2008 con la quale B. M.P. era stata condannata per il delitto di furto aggravato.

2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputata, a mezzo del proprio difensore, lamentando, quale unico sostanziale motivo, la contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione sul punto dell’affermazione della penale responsabilità basata su prove indiziarie.

Motivi della decisione

1. Il ricorso è inammissibile.

2. In primo luogo, in quanto le doglianze testè proposte risultano sostanzialmente le stesse di quelle già proposte avanti la Corte territoriale e dalla stessa disattese con motivazione pienamente logica.

3. In secondo luogo, come ribadito costantemente da questa Corte (v. a partire da Sez. 6^ 15 marzo 2006 n. 10951 fino di recente a Sez. 5^ 6 ottobre 2009 n. 44914), pur dopo la nuova formulazione dell’art. 606 c.p.p., lett. e), novellato dalla L. 20 febbraio 2006, n. 46, art. 8, il sindacato del Giudice di legittimità sul discorso giustificativo del provvedimento impugnato deve essere volto a verificare che la motivazione della pronunzia:

a) sia "effettiva" e non meramente apparente, ossia realmente idonea a rappresentare le ragioni che il giudicante ha posto a base della decisione adottata;

b) non sia "manifestamente illogica", in quanto risulti sorretta, nei suoi punti essenziali, da argomentazioni non viziate da evidenti errori nell’applicazione delle regole della logica;

c) non sia internamente contraddittoria, ovvero sia esente da insormontabili incongruenze tra le sue diverse parti o da inconciliabilità logiche tra le affermazioni in essa contenute;

d) non risulti logicamente "incompatibile" con "altri atti del processo" (indicati in termini specifici ed esaustivi dal ricorrente nei motivi posti a sostegno del ricorso per Cassazione) in termini tali da risultarne vanificata o radicalmente inficiata sotto il profilo logico.

Al Giudice di legittimità resta, infatti, preclusa, in sede di controllo sulla motivazione, la pura e semplice rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione o l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, preferiti a quelli adottati dal Giudice di merito, perchè ritenuti maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità esplicativa.

Queste operazioni trasformerebbero, infatti, la Corte nell’ennesimo giudice del fatto e le impedirebbero di svolgere la peculiare funzione assegnatale dal legislatore di organo deputato a controllare che la motivazione dei provvedimenti adottati dai Giudici di merito rispetti sempre uno standard di intrinseca razionalità e di capacità di rappresentare e spiegare l’iter logico seguito dal giudice per giungere alla decisione.

Nella specie, in punto di fatto, la ricorrente contesta la valutazione operata dai Giudici del merito non solo quanto agli indizi per l’affermazione della sua penale responsabilità ma anche circa la mancata considerazione delle asserzioni defensionali sul suo alibi.

Il mero esame dell’impugnata decisione dimostra, al contrario, come la Corte di Appello abbia ben tenuto presente, nella ricostruzione dei fatti, non solo quanto già accertato dal primo Giudice e che abbia, altresì, sottoposto tale valutazione ad ulteriore vaglio critico, sulla base delle asserzioni defensionali avanzate con l’impugnazione (v. pagine 4-5 della motivazione), per cui non si può chiedere a questa Corte di legittimità di rimettere in discussione l’esperita attività di raccolta della prova e di elaborazione della decisione allorquando quest’ultima si appalesi conforma ai principi in tema di gravità degli indizi nonchè sorretta dalla necessaria e logica motivazione.

Lo stesso può dirsi in merito alla mancata considerazione dell’alibi della ricorrente che, al contrario, è stato sottoposto al necessario esame di validità che, purtroppo per la stessa ricorrente, non ha dato l’esito sperato (v. pagina 6 della motivazione).

4. L’inammissibilità del ricorso determina, per concludere, la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle Ammende.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 500 in favore della Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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