Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 14-07-2011) 02-11-2011, n. 39351 Disegno criminoso

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Propongono ricorso per cassazione L.M. e Z.M. avverso la sentenza della Corte di appello di Trieste in data 21 giugno 2010 con la quale è stato riformato il solo trattamento sanzionatorio stabilito dal primo giudice in riferimento alla ritenuta responsabilità per il reato di furto aggravato in concorso, commesso ai danni dei proprietari di auto parcheggiate in Lignano Sabbiadoro, fuori dalla discoteca (OMISSIS).

Deducono entrambi la erronea applicazione dell’art. 62 c.p., n. 4, essendo stata negata, a parere della difesa ingiustamente, la attenuante del danno di lieve entità. Oltre a ciò la difesa dello Z. deduce anche la violazione dell’art. 81 c.p., per avere, i giudici, negato il cumulo giuridico ai sensi della citata norma, con riferimento alla pena relativa al reato in esame e a quella inflitta con sentenza del Tribunale di Treviso in data 19 maggio 2005, per altro episodio di furto risalente al mese di maggio 2004.

I ricorsi sono infondati e debbono essere rigettati.

La Corte di appello ha , con motivazione congrua e plausibile, affermato che la refurtiva da considerare ai fini della valutazione della domanda in esame fosse tutta quella rinvenuta in un unico capiente sacco trovato nel portabagagli dell’auto sulla quale viaggiavano i ricorrenti all’atto del controllo da parte della PG. Sia il singolare luogo della custodia, che la circostanza dell’essere stati i beni riposti assieme, sia ancora la natura dei beni in relazione al luogo di custodia (pluralità di occhiali da sole, autoradio, orologio, due telecomandi, portafogli privi di documenti ma contenenti denaro) hanno indotto la Corte a formulare una conclusione del tutto logica circa la provenienza di tutti i detti beni dalla stessa tipologia di reato commessa nelle circostanze di tempo e luogo segnalate dalla PG operante: oltretutto si era trattato di un rinvenimento che le forze dell’ordine avevano realizzato dopo che un condomino della zona aveva segnalato il passaggio della vettura degli imputati, in loco, con fare sospetto ed era stata altresì accertata la forzatura di più di una serratura delle vetture ivi parcheggiate.

Il ragionamento seguito dai giudici del merito è dunque coerente e plausibile e non tale da potere essere inficiato dalla circostanza segnalata dalla difesa, peraltro versata in fatto e in sè ambivalente, che solo due dei proprietari delle vetture sul cui parabrezza la Polizia aveva lasciato l’invito a presentarsi, si erano effettivamente recati in questura ed avevano riconosciuto la refurtiva che li riguardava. Una simile circostanza razionalmente non è stata reputata atta ad invalidare la forte rilevanza indiziaria delle modalità di custodia dei beni sopra descritti i quali, dunque, con ragionamento non ulteriormente censurabile da questa Corte, sono stati tutti ritenuti di provenienza da furto.

Consegue da tale accertamento in punto di fatto che la valutazione – negativa – sulla operatività della attenuante ex art. 62 c.p., n. 4 è da definirsi ugualmente congrua e ineccepibile atteso che quantomeno l’autoradio è un bene dal valore certamente non modesto nè specialmente lieve.

Infondato è anche il motivo di ricorso formulato dal solo Z..

La costante giurisprudenza di questa Corte osserva che ai fini del riconoscimento della continuazione, costituisce, in sede di giudizio di cognizione, un vero e proprio onere della prova a carico dell’imputato l’allegazione degli specifici elementi dai quali possa desumersi l’unicità del disegno criminoso (Rv. 229826; massime precedenti conformi: N. 1721 del 1992 Rv. 190806, N. 898 del 1993 Rv.

193996, N. 1315 del 1994 Rv. 197429, N. 4437 del 1994 Rv. 199661, N. 77 del 1995 Rv. 202533, N. 5518 del 1995 Rv. 200212, N. 342 del 2003 Rv. 227172).

Nella specie la difesa ha indicato dati che la Corte ha giustamente giudicato generici ed equivoci, quali la stessa natura delle azioni delittuose, o la distanza di un mese nella relativa perpetrazione. Si tratta infatti di elementi capaci di dimostrare , come rilevato dai giudici del merito, soltanto, semmai, un generico programma di vita.

Invero ha sottolineato la giurisprudenza di questa Corte che l’identità del disegno criminoso necessaria per la riduzione ad unità delle diverse violazioni non è ravvisabile in mere circostanze inerenti alla persona del colpevole, quali la capacità o la tendenza a delinquere e neppure in un generico programma di attività delinquenziale riconducibile ad un sistema o abitudine di vita delinquenziale correlata al bisogno economico perchè, ai fini di cui all’art. 81 cod. pen.,, comma 2, è essenziale che i singoli reati siano tutti previsti e preordinati, sin dall’origine, sia pure nelle linee essenziali, come momenti di attuazione di un programma unitario (vedi Rv. 213197; massime precedenti conformi: N. 3386 del 1990 Rv. 183613, N. 7205 del 1990 Rv. 184370, N. 9517 del 1991 Rv.

188189, N. 2763 del 1992 Rv. 191465).

E di tale unitaria preordinazione certamente non risulta – come rilevato dal giudice a quo, con ragionamento non suscettibile di emenda – che l’interessato abbia quantomeno allegato specifici elementi dimostrativi.

P.Q.M.

Rigetta i ricorsi e condanna ciascun ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.

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