Cass. civ. Sez. VI, Sent., 08-05-2012, n. 7020 Diritti politici e civili

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Rilevato che M.G. ricorre per cassazione nei confronti del decreto della Corte d’appello di Roma, in epigrafe indicato, che – rilevata l’omessa esecuzione, da parte della ricorrente, nel termine assegnatole con il decreto di fissazione di udienza, della notifica alla controparte del ricorso e del decreto – ha dichiarato inammissibile il ricorso, ritenendo che l’inesistenza della notifica precluda la concessione di un nuovo termine, pur inizialmente concesso dalla Corte stessa;

che il Ministero della Giustizia resiste con controricorso;

che in prossimità dell’udienza parte ricorrente ha depositato memoria illustrativa;

Considerato che il Collegio ha deliberato l’adozione di una motivazione semplificata;

Ritenuto che con l’unico motivo la ricorrente denuncia violazione di legge (L. n. 89 del 2001, art. 3, comma 4 e art. 4) per avere la Corte di merito – applicando allo speciale procedimento di cognizione regolato da detta legge un principio di elaborazione giurisprudenziale (peraltro non pacifico) relativo a procedimenti impugnatori di provvedimenti giurisdizionali – ritenuto perentorio il termine per la notifica stabilito dal giudice nel decreto di fissazione di udienza; che il ricorso è fondato;

che la Corte territoriale ha fatto riferimento ad una pronuncia delle Sezioni Unite (n. 20604/08) circa la perentorietà del termine fissato dall’art. 435 c.p.c. e dall’art. 415 c.p.c. rispettivamente per l’appello e per l’opposizione a decreto ingiuntivo in materia di lavoro;

che tale orientamento non è ritenuto di generale applicazione dalla giurisprudenza di questa Corte, che, anche in relazione a procedimenti di natura "lato sensu" impugnatoria (a differenza di quello in unico grado regolato dalla L. n. 89 del 2001), lo ha spesso disatteso (cfr. ex multis Sez. 1 n. 11301/10; n. 17670/10; n. 12983/09);

che, in relazione al giudizio sulla domanda di equa riparazione per la durata irragionevole del processo, questa Corte ha già affermato (cfr. Sez. 1 n. 22153/11; n. 22154/11) che la L. n. 89 del 2001, art. 3, non attribuisce espressamente, a norma dell’art. 152 c.p.c., comma 1, natura perentoria al termine stabilito dal giudice per la notifica del ricorso e del decreto di fissazione dell’udienza, limitandosi a prevedere il termine dilatorio di comparizione di quindici giorni per consentire la difesa all’Amministrazione, ed a collegare la sanzione della improponibilità della domanda (art. 4) soltanto al deposito del ricorso oltre il termine di sei mesi dal passaggio in giudicato della sentenza che ha concluso il procedimento presupposto;

che peraltro l’interpretazione costituzionalmente orientata di tali disposizioni normative non può limitarsi a considerare il richiamo, contenuto nell’art. 111 Cost., al principio della ragionevole durata del processo – cui la Corte di merito ha fatto riferimento per escludere nella specie un’interpretazione estensiva dell’art. 291 c.p.c. che protragga ingiustificatamente i tempi del giudizio, ma deve tener conto anche e soprattutto del principio, elaborato dalla giurisprudenza della Corte EDU in via di interpretazione dell’art. 6, p.1 della CEDU (il cui rispetto è imposto al giudice nazionale dall’art, 117 Cost.), secondo cui il diritto di accesso ai Tribunali ed alle Corti implica l’esigenza, nell’applicare le regole della procedura dettate dalle norme di legge interne, di evitare che un’interpretazione troppo formalista impedisca, in effetti, l’esame del merito dei ricorsi; principio tanto più rilevante nel caso in esame, in cui la Corte territoriale aveva in un primo momento accolto l’istanza del ricorrente di concessione di un nuovo termine per la notifica, ed a seguito di ciò la Amministrazione si era costituita formulando anche (oltre alla eccezione di improcedibilità) le proprie deduzioni specifiche nel merito della domanda;

che pertanto il provvedimento è cassato e la causa va rinviata alla Corte d’appello di Roma, che procederà all’esame del ricorso regolando anche le spese di questo giudizio.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa il provvedimento impugnato e rinvia alla Corte d’appello di Roma, in diversa composizione, che regolerà anche le spese di questo giudizio di cassazione.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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