Cass. civ. Sez. II, Sent., 08-05-2012, n. 7015 Comportamento processuale e dichiarazione dei procuratori

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con atto di citazione del 1-10-1992 L.M., N. P.L. e N.P. convenivano dinanzi al Tribunale di La Spezia La.Ma., assumendo che quest’ultimo occupava senza titolo un appezzamento di terreno di loro proprietà sito in (OMISSIS) e chiedendo, conseguentemente, la condanna del convenuto al rilascio di tale immobile.

Nel costituirsi, il convenuto deduceva di avere usucapito la proprietà del terreno, sul quale aveva edificato anche una piccola costruzione. Nel concludere per il rigetto della domanda, pertanto, egli chiedeva in via riconvenzionale il riconoscimento dei suo acquisto per usucapione della proprietà dell’immobile.

Con sentenza del 14-5-2003 il Tribunale adito rigettava la domanda attrice ed accoglieva, invece, la domanda riconvenzionale, dichiarando che La.Ma. era divenuto proprietario del terreno per avvenuta usucapione.

Avverso la predetta decisione proponevano appello gli attori.

Con sentenza depositata il 29-3-2007 la Corte di Appello di Genova rigettava il gravame, rilevando che dagli atti emergeva la prova che il convenuto aveva esercitato il possesso del terreno in questione sin dal 1969 e, quindi, da oltre venti anni prima della instaurazione del giudizio, edificandovi anche una casetta nel 1970.

Per la cassazione di tale sentenza ricorrono L.M., N.P.L. e N.P., sulla base di quattro motivi.

La.Ma. resiste con controricorso.

Motivi della decisione

1) Con il primo motivo i ricorrenti denunciano la violazione e falsa applicazione dell’art. 1362 c.c., e segg., artt. 2697, 2729, 2730, 2731 e 2733 c.c., nonchè l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, per avere la Corte di Appello attribuito valore confessorio alle dichiarazioni rese dal procuratore degli attori nel giudizio di primo grado ed averne tratto in modo apodittico la prova che il convenuto avesse esercitato sul terreno un possesso ad usucapionem e non una mera detenzione.

Il motivo si conclude con la formulazione dei seguenti quesiti di diritto: a) se la dichiarazione resa in giudizio dal procuratore della parte abbia o meno natura confessoria e in ogni caso se da sola sia idonea a fondare la prova del possesso ad usucapionem; b) se l’occupazione di un fondo, ancorchè attuata per lungo tempo, sia compatibile con un rapporto di detenzione, quando non urta contro la volontà del possessore del fondo medesimo, non essendosi modificato il titolo che ne ha giustificato l’inizio.

Il motivo è infondato.

E’ noto che le dichiarazioni rese in giudizio dal difensore, contenenti affermazioni relative a fatti sfavorevoli al proprio rappresentato e favorevoli all’altra parte, non hanno efficacia di confessione, ma possono essere utilizzate dal giudice come elementi indiziari, valutabili ai sensi ed alle condizioni dell’art. 2729 c.c. (tra le tante v. Cass. 16-10-2003 n. 1551; Cass. 18-4-2000 n. 4974;

Cass. 17-3-1998 n. 2849; Cass. 15-5-1997 n. 4284; Cass. 1-12-1992 n. 12830).

Nella specie, la Corte di Appello non si è discostata da tale principio, avendo fondato il proprio convincimento circa la sussistenza di una situazione di possesso in capo al convenuto non solo sulle ammissioni rese all’udienza del 29-9-2000 dal difensore degli attori (secondo cui, come si legge in sentenza, La.

M. ha avuto il possesso del terreno per cui è causa dal 1969), ma anche sul rilievo che l’odierno resistente ha sempre tenuto un comportamento teso ad affermare la propria volontà di detenere e utilizzare il bene come proprietario, come dimostrato dal fatto che il medesimo nel 1970 (data indicata nella richiesta di sanatoria presentata nel 1986) ha edificato sul suolo in questione una piccola costruzione ad uso abitativo, che ha dotato, a partire dal 1974, di allaccio alla corrente elettrica, acqua e telefono (dati ricavati dalla relazione di consulenza tecnica d’ufficio), e alla quale ha esclusivo uso ed accesso.

Le dichiarazioni del procuratore degli attori, pertanto, non sono state poste da sole a base della decisione, ma sono state valutate dal giudice di merito unitamente ad altri elementi inferenziali emergenti dagli atti, che nell’ambito di un apprezzamento globale delle emergenze processuali sono stati ritenuti, in modo non illogico e, quindi, non censurabile in questa sede, dimostrativi del fatto che il convenuto ha esercitato sul terreno un possesso utile ad usucapionem, e non una mera detenzione.

2) Con il secondo motivo i ricorrenti lamentano la violazione e falsa applicazione degli artt. 1140, 1141 e 1144 c.c., nonchè l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione. Sostengono che, poichè è pacifico che il La. aveva ricevuto il terreno in godimento precario dal proprietario N.D. e, quindi, aveva iniziato a detenerlo in nome altrui, la Corte di Appello avrebbe dovuto verificare se vi fosse stata l’interversione nel possesso. Deducono che la realizzazione della casetta non ha determinato un mutamento dell’originaria destinazione del fondo e, quindi, non può essere considerata un atto di opposizione manifestamente e univocamente rivolto contro il possessore N., il quale, in base al principio dell’accessione, ha acquistato ipso iure la proprietà della costruzione, elevata a sua scienza e senza sua opposizione.

Il motivo si conclude con la formulazione dei seguenti quesiti: a) se, allorchè il potere di fatto sulla cosa sia iniziato come detenzione, per la trasformazione della detenzione in possesso utile ad usucapionem deve essere provato il mutamento del titolo anche quando la detenzione si sia protratta per oltre venti anni; b) se con la realizzazione di una modesta costruzione, oggettivamente utilizzabile solo come ricovero transitorio e saltuario, il detentore di un fondo agricolo possa aver determinato una modificazione della natura o della destinazione del fondo stesso e, ad un tempo, possa avere univocamente manifestato la volontà di possederlo esclusivamente in nome e nell’interesse proprio.

Il motivo è privo di fondamento.

Giova rammentare che l’art. 1141 c.c., comma 1, pone una presunzione iuris tantum di possesso in capo a colui che esercita il potere di fatto sulla cosa corrispondente all’esercizio di un diritto reale, sicchè spetta a colui che contesta tale potere l’onere di provare che l’attività materiale corrispondente al possesso sia iniziata come mera detenzione o come precario ovvero per tolleranza del titolare del diritto. Pertanto, quando sia stata fornita la prova del potere di fatto sulla cosa e non sia stata data la prova contraria, dovrà ritenersi la sussistenza del possesso valido ad usucapionem, mentre in caso contrario sarà necessario che colui il quale intende avvalersi del possesso ai fini dell’acquisto per usucapione del diritto corrispondente dimostri di aver mutato la originaria detenzione in possesso (c.d. interversio possessionis) (Cass. 4/4/2006 n. 7817).

Nella specie, l’assunto dei ricorrenti, secondo cui il La. avrebbe ricevuto il terreno in godimento precario dal proprietario- possessore C.D., costituisce una mera asserzione, non confortata dal riferimento a concreti elementi probatori; sicchè si deve presumere che sin dall’inizio il convenuto abbia avuto il possesso dell’immobile.

Ne consegue l’inconferenza dei quesiti posti di ricorrenti, atteso che, ai fini dell’acquisto della proprietà del bene per usucapione, l’odierno resistente non era tenuto a dimostrare che vi fosse stata una interversio possessionis, sorgendo un simile onere probatorio solo nell’ipotesi in cui la relazione di fatto con il bene sia iniziata come semplice detenzione.

3) Con il terzo motivo viene dedotta la violazione e falsa applicazione dei criteri di ermeneutica legale e degli artt. 1158 e 2697 c.c., nonchè l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, in relazione alla valenza probatoria della domanda di condono edilizio presentata dal L., nella quale quest’ultimo dichiarava che la costruzione era stata realizzata sul fondo dei N., nonchè in ordine alla valutazione del pagamento delle imposte da parte di questi ultimi.

Il motivo si conclude con i seguenti quesiti: a) se nell’interpretare la domanda di condono edilizio presentata dal L. la Corte territoriale si è uniformata ai criteri di ermeneutica legale richiamata in rubrica; b) se l’elemento psicologico del possesso ad usucapionem della proprietà di un fondo è escluso dal fatto che il possessore, richiedendo la sanatoria edilizia ai sensi della L. n. 47 del 1985 relativamente ad una costruzione ivi dal medesimo abusivamente realizzata, dichiari che essa appartiene ad altri, cioè al proprietario del fondo sul quale egli esercita il proprio potere di fatto; c) se il fatto del pagamento delle imposte relative ad un fondo ed alla costruzione ivi esistente da parte del soggetto al cui nome tali immobili sono intestati a catasto può rappresentare la continuitività del possesso del medesimo, quand’anche il fondo stesso sia nella materiale disponibilità di altri (comodatario).

Il motivo, attraverso la formale prospettazione di violazione di legge e di vizi di motivazione, si risolve sostanzialmente nella richiesta di una valutazione delle risultanze processuali diversa rispetto a quella compiuta dalla Corte di Appello, la quale ha da un lato ritenuto "di lettura ambivalente" (in quanto suscettibile di essere interpretata sia come riconoscimento di proprietà, come sostenuto dall’appellante, sia come semplice comunicazione di un dato meramente formale, come sostenuto dall’appellato) la dichiarazione contenuta nella richiesta di sanatoria presentata dal La., secondo cui la costruzione insisteva su fondo di proprietà dei N., e dall’altro privo di significato e, quindi, inidoneo a confortare la tesi dell’appellante, l’avvenuto pagamento delle imposte da parte dei proprietari (in quanto, poichè il terreno in contestazione costituiva solo una parte della proprietà, probabilmente era stato ritenuto non conveniente effettuare il frazionamento per il relativo importo, comunque minimo rispetto all’ammontare complessivo).

La valutazione espressa al riguardo dalla Corte territoriale si sottrae al sindacato di legittimità, essendo sorretta da una motivazione plausibile e non irragionevole e costituendo espressione di un apprezzamento di fatto riservato al giudice di merito. I ricorrenti, pertanto, nel sostenere per un verso che il riconoscimento della proprietà aliena nella richiesta di sanatoria osta alla configurabilìtà dell’animus possidendi in capo al convenuto e, per altro verso, che il pagamento delle imposte rappresenta inequivocabilmente la continuità dell’esercizio del possesso da parte dei proprietari del fondo, sollecitano una lettura alternativa del materiale probatorio già esaminato dal giudice di appello, esulante dai limiti del sindacato di legittimità riservato a questa Corte.

4) Con il quarto motivo i ricorrenti lamentano la violazione e falsa applicazione del principio processuale secondo cui alla parte non è dato trarre argomenti di prova dalle sue stesse dichiarazioni e degli artt. 1158 e 2697 c.c., nonchè l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, per avere la Corte di Appello ritenuto che il La. ha realizzato la costruzione della casetta sul fondo N. nel 1970 sulla base delle dichiarazioni rese dallo stesso convenuto nella domanda di condono edilizio.

Il motivo si conclude con la formulazione dei seguenti quesiti: a) se la parte può inferire elementi di prova a sostegno dell’esistenza del diritto di cui si proclama titolare da sue stesse dichiarazioni;

b) se costituisce omesso esame di punto decisivo previsto dall’art. 360 c.p.c., n. 5, il fatto che il giudice di merito abbia trascurato di rilevare la carenza di prova in ordine alla decorrenza del possesso ad usucapionem.

Anche tale motivo deve essere disatteso, non potendosi ritenere precluso al giudice di merito, nell’esercizio dei poteri di libero apprezzamento dei fatti e delle prove istituzionalmente affidatogli dalla legge, desumere argomenti dimostrativi dell’epoca di edificazione di una costruzione dalle indicazioni contenute nella domanda di concessione in sanatoria presentata dall’interessato in epoca non sospetta (nel 1986, quando il convenuto era ancora ben lontano dall’aver maturato il termine di usucapione). La data di costruzione indicata nella domanda in sanatoria, d’altro canto, risulta assai prossima a quella in cui, secondo le dichiarazioni rese dal difensore degli appellanti, il convenuto è entrato nel possesso del terreno inedificato (1969); sicchè la convergenza dei predetti dati temporali, che segnano l’inizio del possesso utile ad usucapionem, legittima, nell’ambito di una valutazione globale del materiale probatorio, la conclusione cui è pervenuto il giudice di merito, secondo cui La.Ma. ha avuto il possesso del terreno per cui è causa da oltre venti anni prima della proposizione della domanda giudiziale da parte degli attori.

5) Per le ragioni esposte il ricorso deve essere rigettato, con conseguente condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese sostenute dal resistente nel presente grado di giudizio, liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese, che liquida in Euro 2.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge e spese generali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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