Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 13-07-2011) 02-11-2011, n. 39340

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Propongono ricorso per cassazione T.A., B. A., P.P. e P.G. avverso la sentenza della Corte di appello di Catanzaro in data 23 giugno 2010 con la quale è stata confermata la sentenza di primo grado (del 2008) di condanna in ordine al reato di lesioni personali volontarie, esercizio arbitrario delle proprie ragioni e porto abusivo di bastoni, fatti commessi nell’agosto del 2003, in danno, i primi due reati, di A.P..

La vicenda che aveva dato origine al presente processo aveva visto gli imputati raggiungere l’ A., che si trovava col padre G. in casa del cugino A., per chiedergli spiegazione della sparizione di forme di formaggio.

Ne era seguito un diverbio e la persona offesa si era data alla fuga venendo inseguita dagli imputati che lo picchiavano con bastoni così facendosi ragione da sè e procurando all’ A. lesioni personali guarite in 15 giorni.

All’esito del giudizio di primo grado il giudice assolveva gli imputati dal reato di sequestro di persona e proscioglieva del tutto la coimputata L.M..

Le prove dell’accaduto e della riferibilità dei fatti-reato ai ricorrenti erano individuate dai giudici di primo e secondo grado, nelle dichiarazioni della persona offesa supportate dalla certificazione medica e da parziali ammissioni fatte anche dal padre di costui, G. e dal cugino A..

Deducono i ricorrenti la inosservanza di norma processuale e la mancata assunzione di prova decisiva.

In particolare la difesa lamenta la mancata riapertura della istruttoria dibattimentale, sollecitata per disporre il confronto tra la persona offesa e il cugino A. che avevano reso versioni tra loro contrastanti.

D’altra parte anche la versione dei fatti fornita dalla vittima era risultata scarsamente credibile in sè, non avendo impedito la assoluzione degli imputati da due dei reati denunciati ed essendo altresì ricca di contraddizioni interne.

Non era stato adeguatamente valutato inoltre che l’ A. P., in diverso processo instaurato a suo carico per avere calunniato una intera Stazione di Carabinieri, era stato condannato con il riconoscimento di un disturbo della personalità.

La pena inoltre era eccessiva.

I ricorsi sono infondati.

La difesa lamenta, a titolo di mancata assunzione di prova decisiva ex art. 606 c.p.p., lett. d), la denegata riapertura della istruttoria dibattimentale, necessaria, a suo avviso, per disporre il confronto tra la persona offesa ed altro teste che avevano reso ricostruzioni diverse del fatto.

E’ però da ricordare che l’"error in procedendo" rilevante "ex" art. 606 cod. proc. pen., comma 1, lett. d), è configurabile soltanto quando la prova richiesta e non ammessa, confrontata con le motivazioni addotte a sostegno della sentenza impugnata, risulti decisiva, cioè tale che, se esperita, avrebbe potuto determinare una decisione diversa; la valutazione in ordine alla decisività della prova deve essere compiuta accertando se i fatti indicati dalla parte nella relativa richiesta fossero tali da poter inficiare le argomentazioni poste a base del convincimento del giudice di merito (Rv. 240839).

Nel caso di specie è stata la stessa Corte di appello ad escludere che il mezzo di prova sollecitato (il confronto tra A. P. e A.) potesse dare luogo a "prova decisiva" posto che l’ A.A. è stato dai giudici qualificato persona assolutamente inattendibile, avendo dapprima accusato gli imputati nella fase delle indagini, per poi ritrattare le stesse accuse in dibattimento, senza però fornire alcuna plausibile spiegazione del capovolgimento di versione.

Anzi i giudici hanno definito risibile se non calunniosa la affermazione dell’ A.A., resa in dibattimento, secondo cui i verbalizzanti avrebbero frainteso o trascritto volutamente cose diverse da quelle da esso dichiarate.

Di tale logica motivazione a sostegno del diniego di rinnovazione della istruttoria dibattimentale la difesa non tiene alcun conto, non contestandola, con la conseguenza che resta priva di allegazione e di dimostrazione la circostanza che l’evocato confronto potesse costituire prova decisiva, la sola atta a sostanziare il motivo di ricorso proposto.

Per la restante parte, il ricorso appare generico, contenendo una indimostrata critica alla credibilità della persona offesa, critica che, a fronte della completa e razionale ricostruzione operata dai giudici del merito, si risolve in una implicita sollecitazione, rivolta alla Cassazione, a sostituire un autonomo giudizio sull’apparato probatorio quello presentato dai giudici del merito.

In particolare la difesa ripropone l’argomento, già bene valutato dai giudici dell’appello, riguardante il limite di attendibilità della persona offesa che deriverebbe dal disturbo della personalità da cui quella sarebbe affetta.

I giudici però hanno già replicato a tale osservazione, con argomenti logici e plausibili che nel ricorso non sono oggetto di specifica censura.

Essi hanno cioè analizzato il particolare sulla personalità dell’ A., emerso peraltro in diverso processo, sottolineandone la scarsa rilevanza ai fini che ci occupano,dal momento che il perito officiato aveva comunque confermato la capacità della persona offesa di percepire esattamente e di ricordare gli eventi che lo riguardano.

La doglianza sulla entità della pena è infine prospettata senza alcuna argomentazione in punto di fatto e di diritto, tale da renderla idonea a superare il vaglio della ammissibilità ai sensi degli artt. 581 e 591 c.p.p..

P.Q.M.

Rigetta i ricorsi e condanna ciascun ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.
Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *