T.A.R. Lombardia Milano Sez. III, Sent., 02-12-2011, n. 3103

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Sentite le stesse parti ai sensi dell’art. 60 cod. proc. amm.;

1. Preliminarmente, ritiene il Collegio che il giudizio possa essere definito con sentenza in forma semplificata, emessa ai sensi dell’art. 60 c.p.a., adottata in esito alla camera di consiglio per la trattazione dell’istanza cautelare, stante l’integrità del contraddittorio, l’avvenuta esaustiva trattazione delle tematiche oggetto di giudizio, nonché la mancata enunciazione di osservazioni oppositive delle parti.

2. La ricorrente, con ricorso depositato il giorno 11 novembre 2011, ha impugnato il provvedimento in epigrafe con il quale il Prefetto ha disposto nei suoi confronti la revoca della patente di guida in ragione della condanna per il reato di cui all’art. 73 DPR n. 309/1990, riportata dall’interessata con sentenza del 22 novembre 2010 dal Tribunale di Rimini.

Si è costituita in giudizio l’amministrazione resistente, chiedendo il rigetto del ricorso

3. In via pregiudiziale, sussiste la giurisdizione del giudice amministrativo la cui cognizione è radicata dalla mera sussistenza di un potere regolato da norme di diritto pubblico; a prescindere, dunque, dal richiedere o meno la fattispecie normativa una concomitante valutazione dell’amministrazione ad integrazione del precetto. La tesi citata dalla difesa erariale, del resto, è del tutto minoritaria in giurisprudenza.

4. Il provvedimento è immune dalle censure dedotte. Sono necessarie alcune brevi notazioni ricostruttive.

4.1. L’art. 120 d.lgs. n. 285 del 1992, recante la disciplina dei requisiti morali per ottenere il rilascio dei titoli abilitativi di cui all’articolo 116, è stato recentemente modificato prima ad opera dell’art. 3, comma 52, lettera a), l. 15 luglio 2009, n. 94 e, poco successivamente, dall’art. 19 legge 29 luglio 2010, n. 120; da ultimo, ulteriori modifiche sono state introdotte, ma con effetto soltanto dal 19 gennaio 2013, dall’articolo 8, comma 1, lettera a), d.lgs. 18 aprile 2011 n. 59.

4.2. Nel testo risultante dalle predette novellazioni, si legge, al primo comma, che: "non possono conseguire la patente di guida… le persone condannate per i reati di cui agli articoli 73 e 74 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, fatti salvi gli effetti di provvedimenti riabilitativi". Il secondo comma recita "…. se le condizioni soggettive indicate al primo periodo del comma 1 del presente articolo intervengono in data successiva al rilascio, il prefetto provvede alla revoca della patente di guida"; ed, inoltre, "…. la revoca non può essere disposta se sono trascorsi più di tre anni dalla data…. del passaggio in giudicato della sentenza di condanna per i reati indicati al primo periodo del medesimo comma 1".

5. Veniamo ora ai motivi di ricorso.

5.1. Secondo la ricorrente, nel caso di specie, difetterebbe del tutto il presupposto legittimante il potere di revoca, in quanto mancherebbe una pronuncia di condanna, avendo semplicemente il Tribunale di Rimini applicato la pena su richiesta delle parti ex articolo 444 c.p.p., concedendo peraltro il beneficio della sospensione condizionale della pena. In sostanza, si sostiene che i fatti oggetto del procedimento penale non sono stati mai accertati, avendo l’interessata patteggiato la pena e si espone che l’ipotetico reato non potrebbe assumere valore ostativo al mantenimento del titolo di guida.

Il motivo è infondato.

Questa stessa Sezione (T.A.R. Lombardia Milano, sez. III, 29 maggio 2009 n. 3878) ha più volte rammentato come la prevalente giurisprudenza amministrativa abbia ormai da tempo riconosciuto la pronuncia emessa dal giudice penale ai sensi dell’art. 444 c.p.p. come equivalente a quella di condanna, per l’espressa equiparazione al riguardo sancita dall’art. 445 c.p.p. (Consiglio di Stato, Sez. I, 27.05.1992, n. 1647; idem, Sez. VI, 16.10.1995, n. 1149; Consiglio Stato, Sez. V, 20 giugno 2001, n. 3260; TAR Campania, III, 11.10.1996, n. 646; TAR Liguria, 15.11.2000, n. 1228; T.A.R. Toscana Firenze, Sez. I, 9 settembre 2004, n. 3761; T.A.R. Campania Napoli, Sez. VII, 4 luglio 2005, n. 9362). Si è osservato, infatti, come il patteggiamento investa la pena e non il titolo di imputazione, tanto che il giudice può disattendere la richiesta delle parti quando ritiene di pervenire a pronuncia di assoluzione o di estinzione del reato (TAR Piemonte, Sez. II, 23.10.1997, n. 535; Consiglio di Stato, Sez. VI, 24.08.1996, n. 1067). All’interno di tale procedimento, il Giudicante, lungi dallo svolgere una funzione meramente notarile (Corte Cost.le sent. n. 313/1990), accerta positivamente, con riguardo all’accordo delle parti, la correttezza della qualificazione giuridica del fatto, l’applicazione e comparazione delle eventuali circostanze, la congruità della pena e accerta negativamente la sussistenza di cause liberatorie, ex art. 129 del c.p.p., nei riguardi dell’imputato che implicitamente e volontariamente rinuncia ad avvalersi della presunzione di non colpevolezza (Cass.Pen.,I^, sent. n. 5517 del 5.12.1995) ed accetta una pena scontata in cambio delle energie e del tempo fatto risparmiare nell’interesse generale dell’amministrazione della giustizia (Cass.Pen., VI^, n. 649 del 19.1.1996). Ne deriva che la sentenza di patteggiamento, ancorché manchi un accertamento pieno della fondatezza dell’accusa penale (quale quello che contraddistingue il rito ordinario), e della responsabilità dell’imputato che concorda col P.M. la pena, conclude una fase processuale in cui l’accertamento del fatto deriva dalla contestazione del reato collegata alla volontà dell’imputato che, lungi dal contrastare tale contestazione, ne accetta le conseguenze sul piano penale (Cass. Pen., IV^, n. 7192 del 18.7.1996). Nella fattispecie in esame, la sentenza penale pronunciata nei confronti della ricorrente ha espressamente affermato che non ricorrono le condizioni per un proscioglimento in ragione della responsabilità dell’imputata emergente dagli elementi di prova raccolti in giudizio.

Neppure può essere richiamato l’art. 444, comma 1bis, c.p.p. secondo cui "salvo quanto previsto dall’articolo 653, la sentenza prevista dall’articolo 444, comma 2, anche quando è pronunciata dopo la chiusura del dibattimento, non ha efficacia nei giudizi civili o amministrativi". Tale norma, infatti, disciplina l’efficacia di giudicato dell’accertamento compiuto in sede penale nel giudizio civile o amministrativo (per le restituzioni e il risarcimento del danno), non certo i presupposti del potere amministrativo di revoca; quest’ultimo, nel caso che ci occupa, è condizionato alla sussistenza di una mera condanna penale (sia pure per i reati tassativamente elencati dalla norma), senza alcun riguardo al tipo di procedimento penale posto in essere.

4.2. Con riferimento alla denunciata compressione delle garanzie partecipative, osserva il Collegio che quello impugnato è provvedimento avente natura vincolata, imponendo il tenore letterale della norma di revocare in ogni caso la patente di guida a coloro che sono stati condannati con sentenza passata in giudicato per i reati di cui agli articoli 73 e 74 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309 (è questo il caso della ricorrente), senza che residui in capo all’amministrazione prefettizia alcun potere discrezionale. Ne consegue la portata non viziante della omessa comunicazione di avvio del procedimento, trovando applicazione la previsione contenuta nell’art. 21 octies l. 7 agosto 1990 n. 241, così come introdotto dalla l. 11 febbraio 2005 n. 15, a termini del quale "non è annullabile il provvedimento adottato in violazione di norme sul procedimento o sulla forma degli atti qualora, per la natura vincolata del provvedimento, sia palese che il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato".

4.3. Con riferimento alla censura di carenza istruttoria e motivazionale, deve per contro ritenersi che, non richiedendo l’esercizio del potere di revoca particolari apprezzamenti in quanto vincolato alla sussistenza dei presupposti previsti dalla norma, sia legittima la revoca della patente di guida disposta unicamente in ragione del presupposto applicativo previsto dalla norma, espressamente richiamato nella motivazione del provvedimento.

5. Il ricorso deve, pertanto, essere respinto.

Le spese di lite seguono la soccombenza come di norma; il Collegio, ai fini della liquidazione, non può non tener conto del fatto che la difesa erariale si è costituita in giudizio soltanto per eccepire il difetto di giurisdizione, rinviando, quanto alle censure sollevate dalla ricorrente, alla allegata relazione amministrativa; neppure ha chiesto di argomentare in camera di consiglio.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto:

RIGETTA il ricorso;

CONDANNA la ricorrente al pagamento delle spese di lite in favore dell’amministrazione resistente che si liquida in Euro 400,00, oltre IVA e CPA come per legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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