Cass. civ. Sez. II, Sent., 08-05-2012, n. 7005 Cessione di alloggio popolare ed economico in proprietà

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con atto di citazione notificato il 3.7.01 ed, in riassunzione, il 19.9.01, D.G., D.M., C. R., Ca.St. e C.S., premesso di essere eredi (i primi due figligli altri tre nipoti, per parte della defunta figlia D.A.) di D.V., che aveva stipulato con l’INCIS in data 18.11.63 un contratto di cessione di un alloggio di tipo popolare ed economico sito in (OMISSIS) ed era deceduto il (OMISSIS) prima di poterlo riscattare, convennero al giudizio del Tribunale di Roma gli altri eredi del suddetto, la vedova D.M. N. e il figlio D.L., nonchè l’IACP (quale ente subentrato all’INCIS), al fine di sentir dichiarare l’avvenuto integrale pagamento del prezzo e pronunziarsi il conseguente trasferimento di proprietà secondo le quote ereditarie di rispettiva spettanza.

Costituitosi D.L., chiese il rigetto della domanda, deducendo che fin dal decesso del padre si era accollato tutti gli oneri dell’immobile, ivi compresi i pagamenti delle 204 rate residue, successive alle prime 36 pagate dal genitore, dovute all’INCIS, per complessive L. 3.254.800, per cui l’immobile, non ancora riscattato, non poteva ritenersi caduto in successione, ragion per la quale una precedente domanda di divisione era già stata respinta dal Tribunale;il convenuto eccepì, inoltre ed subordinerà prescrizione decennale del diritto degli attori ad accettare l’eredità.

La D.M. non si costituì.

L’IACP si costituì e, dato atto dell’avvenuto integrale pagamento del prezzo, dichiarò di non aver potuto provvedere al trasferimento per gli insorti contrasti tra gli aventi causa dell’assegnatario.

All’esito dell’istruttoria documentale, con sentenza del 6.7.04 l’adito tribunale dichiarata inammissibile, perchè tardiva, la domanda riconvenzionale del convenuto di sentirsi dichiarare unico proprietario dell’immobile, inquadrata la fattispecie nella previsione di cui all’art. 1523 c.c., rigettò quella degli attori, ritenendo che gli stessi, a differenza del predetto, non avessero dimostrato di aver proposto domanda all’INCIS di subentro nel rapporto, manifestando con il loro disinteresse una implicita rinunzia al diritto di riscatto, compensò le spese tra le suddette parti e condannò gli attori al rimborso di quelle sostenute dall’IACP. Appellata dagli attori, nella resistenza del convenuto e dell’ATER (subentrato all’IACP) e nella contumacia della D.M., la suesposta sentenza veniva riformata dalla Corte d’Appello di Roma con quella del 22.2-17.3.08, disponendosi che l’ATER, previa stipula dell’atto ricognitivo dell’avvenuto integrale pagamento del prezzo, provvedesse al trasferimento della proprietà dell’immobile agli eredi dell’assegnatario, in ragione delle rispettive quote, compensando interamente le spese del doppio grado.

A tale decisione la corte capitolina perveniva ritenendo:

1) non necessaria una domanda confermativa della volontà di riscatto da parte degli eredi, avendo già il de cuius manifestato tale intenzione con la scrittura in data 18.11.63, stipulata con l’INCIS e intestata "cessione di proprietà di alloggio";

2) il diritto di tutti gli eredi, non del solo D.L., a subentrare nel contratto ex art. 1523 c.c.;

3) la mancanza di prove di alcuna rinunzia, tale non potendo desumersi dal mero disinteresse alla gestione dell’alloggio;

4) l’applicabilità alla fattispecie del principio enunciato da questa S.C. nella sentenza n. 25546/06, secondo cui, nel caso di trasferimento della proprietà di alloggi di tipo popolare ed economico, già assegnati a riscatto con patto di futura vendita, al decesso dell’assegnatario durante il periodo di pagamento rateale, si verifica la successione nei relativi diritti, indistintamente, di tutti gli eredi, senza necessità di una loro convivenza con il de cuius.

Contro tale sentenza D.L. ha proposto ricorso per cassazione affidato a quattro motivi.

Hanno resistito con rispettivi controricorsi l’ATER e, congiuntamente, gli originari attori.

Non ha svolto attività difensiva la D.M..

All’esito di esame preliminare, con ordinanza in data 15.4-3.6.11, verificata l’integrità del contraddittorio, la causa è stata rimessa alla pubblica udienza.

Il ricorrente ha depositato una memoria illustrativa.

Motivi della decisione

Con il primo motivo di ricorso si deduce violazione e falsa applicazione del D.P.R. 17 gennaio 1959, n. 2, artt. 1, 10, 15 e 25, mod. dalla L. 27 aprile 1962, n. 231 e dell’art. 1523 c.c., nonchè omessa e/o insufficiente motivazione su punto decisivo, contestandosi l’applicabilità alla controversia del principio affermato nella sentenza n. 25546/06 di questa Corte, in quanto enunciato in fattispecie relativa ad un’assegnazione con patto di futura vendita di alloggi GESCAL, mentre quella in esame, attinente ad alloggi INCIS, avrebbe dovuta essere risolta secondo le diverse disposizioni, richiamate espressamente nel contratto di cessione, contenute nel D.P.R. n. 2 del 1959, in particolare gli artt. 10 e 25, prevedenti, per il caso di morte del l’assegnatario, il subentro a domanda di determinati soggetti (coniuge superstite, discendenti entro il terzo grado, ascendenti), a determinate condizioni, segnatamente quella della convivenza con il titolare all’epoca del decesso, e non invece, come ritenuto dalla corte di merito, la successione a titolo ereditario nel diritto in questione.

Il motivo è infondato.

Pur vertendo si, nel caso di specie, in tema di alloggi di tipo popolare ed economico realizzatì, con contributo dello Stato, dall’Istituto Nazionale per le Case agli Impiegati dello Stato, rientranti nella previsione di cui al D.P.R. 17 gennaio 1959, n. 2 (poi abrogato dalla L. n. 513 del 1977), non conferente deve ritenersi il richiamo del ricorrente agli artt. 10 e 25 del suddetto testo normativo, trattandosi di disposizioni disciplinanti le ipotesi in cui l’assegnatario di siffatti alloggi, che avesse presentato la domanda di cessione, fosse deceduto prima che l’ente proprietario avesse provveduto sulla stessa.

Nell’ambito del procedimento in questione, disciplinato dall’art. 10, comma 4, segnatamente prevedeva che "in caso di decesso dell’aspirante, il coniuge, discendenti entro il 3^ grado e gli ascendenti conviventi con l’aspirante possono confermare la domanda entro 30 giorni dall’evento"; analoga disposizione era prevista dall’art. 25.1ett. a), per gli alloggi già assegnati alla data di entrata in vigore del D.P.R..

Riferendosi tali norme agli aspiranti alla cessione, e non anche a quei soggetti, già assegnatari, la cui domanda di cessione fosse già stata accolta, come nel caso di specie è incontroverso, essendo già stato stipulato, in data 18.11.1963 tra l’I.N.C.I.S. e l’assegnatario D.V. (che aveva presentato, vedendola accogliere, la domanda di cui all’art. 10 cit.), un contratto di cessione dell’alloggio, prevedente il pagamento rateale del prezzo ed il diritto al conseguimento della proprietà all’atto del relativo completamento, correttamente la corte di merito ha ritenuto non doversi nella specie applicare le speciali disposizioni relative alla successione nel diritto alla cessione, essendosi questa già verificata, sia pur con riserva di proprietà, con un contratto riconducibile alla tipologia di cui all’art. 1523 c.c., bensì le ordinarie norme in tema di successione ereditaria, in virtù delle quali il diritto del suddetto cessionario (non più mero assegnatario) al conseguimento della proprietà si era trasferito agli eredi.

Tale decisione risulta in linea con la giurisprudenza di questa Corte, secondo cui, verificandosi, con il pagamento dell’ultima rata, il trasferimento di proprietà dell’alloggio di edilizia popolare ed economica, già ceduto con riserva di proprietà all’originario assegnatario, poi decedutola parte degli eredi non è necessaria alcuna manifestazione di volontà per l’acquisizione di tale diritto (v. la già citata n. 25546/06, ancorchè relativa ad alloggio GESCAL, il cui principio generale ben si attaglia anche alla fattispecie, e la precedente n. 6813/98), mentre, solo nei casi di decesso dell’assegnatario prima della stipula del contratto di cessione, il subentro nel diritto "personalissimo" all’assegnazione non si verifica iure haereditatis, essendo regolato dalle speciali disposizioni in materia (v. tra le altre, nn. 2915/95 S.U., 4747/97, 9286/98).

Con il secondo motivo si deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 10 cit. D.P.R., art. 2909 c.c., nonchè degli artt. 112, 113 c.p.c., omessa e/o insufficiente motivazione su punto decisivo, censurandosi la mancata considerazione, da parte della corte di merito, del giudicato derivante dalla non impugnata precedente sentenza n. 4174/99 del Tribunale di Roma, che aveva respinto la domanda di scioglimento della comunione ereditaria sull’alloggio, sul presupposto che le controparti attrici non avessero dimostrato la tempestiva loro proposizione di una domanda confermativa di quella dell’originario assegnatario, dovendosi pertanto considerare rinuncianti alla relativa facoltà; da tanto la corte avrebbe dovuto desumere che l’unico soggetto avente diritto al trasferimento fosse D.L., il solo che aveva tempestivamente esercitato l’anzidetta facoltà con istanza all’INCIS del 1.10.66. 11 motivo è infondato, considerato che il presupposto essenziale, in base al quale Tribunale di Roma aveva respinto la domanda di divisione ereditaria del bene, era costituito dalla circostanza che lo stesso non fosse ancora entrato nel patrimonio del de cuius.

Rispetto a tale dirimente ratio decidendi, derivante dalla tipologia del contratto di cessione e comportante la radicale inconfigurabilità di una successione ereditaria ad oggetto dell’immobile (e non del diritto a conseguirlo) in quanto non appartenente al D. all’epoca del suo decesso, di per sè sufficiente a comportare la reiezione della domanda suddetta, poco o punto rilevava che gli eredi, dopo la morte del suddetto, si fossero attivati o meno ai fini del conseguimento del diritto in questione;

sicchè alla relativa circostanza, quand’anche affermata nella sentenza, non costituendo la stessa un antecedente logico-giuridico della decisione de qua, non poteva ascriversi alcuna efficacia di giudicato inter partes.

Con il terzo motivo, deducente violazione e falsa applicazione degli artt. 112, 113 c.p.c., artt. 480, 566, 581 c.c., omessa e/o insufficiente motivazione, in rel. art. 360 c.p.c., nn. 4 e 5, si censura il vizio di ultra o extra petizione, in cui sarebbe incorsa la corte capitolina nell’attribuire alle parti in causarvi compresa la contumace D.M.N., quote ereditarie indeterminate, che non avevano formato oggetto di specifiche richieste, nè tenendo conto che la domanda riconvenzionale di D.L., di procedere alla stipula del contratto nei propri confronti, era stata dichiarata inanimissibile, perchè tardiva, dal Tribunale, con statuizione che non aveva formato oggetto di appello.

Il motivo, a parte il palese difetto d’interesse nella parte richiamante l’inammissibilità di una domanda dello stesso deducente, è manifestamente infondato, non essendo stata pronunziata l’attribuzione in concreto di quote ereditarie determinate dalla corte di merito, limitatasi all’affermazione del diritto al trasferimento della proprietà di tutti gli eredi (in essi lato sensu compresa la vedova usufrutturaria ex lege, secondo le norme in vigore all’epoca dell’apertura della successione), con statuizione che, atteso il suo carattere dichiarativo e necessariamente omnicomprensivo, non avrebbe potuto ignorare le posizioni delle parti non istanti, concorrenti con quelle dei richiedenti e, pertanto, costituente un limite imprescindibile ai diritti di questi ultimi.

Con il quarto motivo vengono dedotte violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 2 del 1959, art. 10 mod. L. n. 231 del 1962, art. 1523 c.c., omessa e insufficiente motivazione, lamentandosi la mancata valutazione dell’ammissibilità e rilevanza del documento decisivo costituito dall’istanza di subentro nel contratto presentata all’INCIS dall’odierno ricorrente in data 1.10.96, ritualmente prodotta in primo grado e solo tardivamente, con l’appello, contestata, con riferimento alla certezza della relativa data, dalle controparti.

Il motivo resta assorbito dalla reiezione del primo, da cui deriva l’irrilevanza della suddetta, non necessaria, istanza di subentro. Il ricorso va conclusivamente respinto.

Giusti motivi, tuttavia, considerate le incertezze interpretative derivanti dagli avvicendamenti normativi in materia, a dirimere le quali nessun utile apporto vi è stato da parte dell’intimata ATER (e, nei precedenti graditegli istituti danti causa), e le difficoltà delle parti di orientarsi nell’ambito della stessa giurisprudenza di legittimità (nell’ambito della quale non risultano precedenti del tutto in termini relativi ad alloggi INCIS), comportano la compensazione delle spese anche del presente grado.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e dichiara interamente compensate le spese tra tutte le parti.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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