T.A.R. Lazio Roma Sez. I ter, Sent., 05-12-2011, n. 9556

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La ricorrente – Dirigente Superiore Vice Prefetto, in servizio presso il Ministero dell’Interno, Dipartimento per le Risorse Umane e Strumentali, trattenuta in servizio fino al 30 aprile 2006, ai sensi dell’art. 1, comma 4quinquies, del D.L. n. 413/1989, convertito con legge n. 37/1990 -, nell’imminenza del suo pensionamento, ha prodotto istanza in data 14 febbraio 2006 volta ad ottenere il beneficio previsto dall’art. 2, comma 2, della legge 24 maggio 1970, n. 336. Ciò in quanto la ricorrente, quale orfana di guerra, è considerata assimilabile al personale ex combattente e, di conseguenza, è legittima destinataria del beneficio invocato.

Infatti, il citato articolo 2 della legge, stabilisce che "Ai dipendenti indicati nell’art. 1 (civili di ruolo e non di ruolo dello Stato,…, ex combattenti,…, orfani di guerra…) all’atto della cessazione dal servizio per qualsiasi causa, sono attribuiti, ai soli fini della liquidazione della pensione e della indennità di buonuscita e di previdenza, tre aumenti periodici di stipendio" (comma 1); "Ai dipendenti pubblici indicati nel precedente comma, a loro richiesta, anzichè l’attribuzione degli aumenti periodici di stipendio, previsti dallo stesso precedente comma, va conferita la qualifica o classe di stipendio, paga o retribuzione immediatamente superiore a quella posseduta" (comma 2).

Con il prospettoprovvedimento prot. n. 22673 – 6/2980, datato 20 maggio 2006 l’Amministrazione ha disatteso le disposizioni legislative indicate, ritenendo di concedere alla L. soltanto i tre scatti di cui all’art. 2, comma 1, della legge n. 336/1970, e non già il più favorevole trattamento richiesto, in applicazione del comma 2 dello stesso articolo, consistente nel conferimento della retribuzione riferita alla qualifica immediatamente superiore a quella posseduta alla data del pensionamento.

Ritenendo erronee ed illegittime le determinazioni assunte dall’Amministrazione resistente e dall’INPDAP, la ricorrente ha proposto ricorso dinanzi al TAR del Lazio, avanzando le domande indicate in epigrafe.

L’Amministrazione resistente, costituitasi in giudizio, ha sostenuto che l’attività svolta nella fattispecie dal Ministero dell’Interno è meramente ricognitiva, in quanto i progetti di liquidazione sono basati su dati e calcoli effettuati dall’INDPAD. Ciò posto, comunque, ha sostenuto l’infondatezza del ricorso e ne ha chiesto il rigetto.

L’INPDAP, invece, non si è costituita in giudizio.

All’udienza del 24 novembre 2011 la causa è stata trattenuta dal Collegio per la decisione.

Motivi della decisione

1. Il Collegio rileva che con il ricorso introduttivo del giudizio, la ricorrente ha contestato l’operato del Ministero dell’Interno e dell’INPDAP, avanzando censure di violazione di legge ed, in particolare, dell’art. 2, comma 2, della legge n. 336/1970, e di eccesso di potere per contraddittorietà tra la circolare INPDAP n. 17/2005 e la "nota operativà dello stesso Istituto n. 9/2006.

2. L’Amministrazione resistente ha sostenuto l’infondatezza del ricorso ed ha evidenziato che l’attività svolta nella fattispecie dal Ministero dell’Interno è stata meramente ricognitiva, in quanto i progetti di liquidazione sono basati su dati e calcoli effettuati dall’INDPAD.

3. Come detto nella parte in fatto, invece, l’INPDAP non si è costituita in giudizio.

4. Il Collegio osserva che l’articolo 2 della legge 24 maggio 1970, n. 336 (recante Norme a favore dei dipendenti civili dello Stato ed Enti pubblici ex combattenti ed assimilati) stabilisce che "Ai dipendenti indicati all’articolo 1 (tra i quali gli orfani di guerra), all’atto della cessazione dal servizio per qualsiasi causa, sono attribuiti, ai soli fini della liquidazione della pensione e della indennità di buonuscita e di previdenza, tre aumenti periodici di stipendio, paga o retribuzione o, se più favorevole, un’aumento periodico per ogni anno o frazione, superiore a sei mesi di servizio militare prestato in territorio dichiarato in stato di guerra, trascorso in prigionia e in internamento, in luoghi di cura e in licenza di convalescenza per ferite o infermità contratte presso reparti combattenti, in prigionia e in internamento. Ai dipendenti indicati nel precedente comma, a loro richiesta o a richiesta degli eredi aventi diritto a pensione di riversibilità, anziché l’attribuzione degli aumenti periodici di stipendio, previsti dallo stesso precedente comma, va conferita la qualifica o classe di stipendio, paga o retribuzione immediatamente superiore a quella posseduta".

Che la ricorrente rientri nell’ambito di applicazione di tale norma in quanto orfana di guerra non è contestato in giudizio e non risulta contestato in base agli atti prodotti dalle parti in causa.

La disciplina richiamata è stata, sostanzialmente, interpretata ed integrata dalle disposizioni contenute nella legge 9 ottobre 1971, n. 824 (recante Norme di attuazione, modificazione ed integrazione della L. 24 maggio 1970, n. 336, concernente norme a favore dei dipendenti dello Stato ed enti pubblici ex combattenti ed assimilati), la quale ha stabilito, tra l’altro, che: – i benefici previsti dagli articoli 1 e 2 della L. 24 maggio 1970, n. 336, spettano a tutti i dipendenti indicati dai predetti articoli, anche se cessati dal servizio anteriormente al 26 giugno 1970 ma posteriormente al 7 marzo 1968, previa presentazione della domanda, ove prescritta, in data successiva a quella di entrata in vigore della L. 24 maggio 1970, n. 336 (art. 1, comma 1); – la decorrenza economica retroattiva dei benefici previsti dalla L. 24 maggio 1970, n. 336, va applicata indipendentemente dalla data di presentazione delle relative domande, fermo restando che la prescrizione delle eventuali competenze arretrate superiori al biennio va applicata limitatamente alle domande che verranno presentate dopo il 25 giugno 1972 (art. 1, comma 2); – per la "qualifica o classe di stipendio, paga o retribuzione immediatamente superiore a quella posseduta" cui si riferisce il secondo comma dell’art. 2 della L. 24 maggio 1970, numero 336, si intende quella eventualmente conferibile in relazione alla carriera di appartenenza, quale prevista dall’ordinamento generale della carriera stessa e dai contratti collettivi di lavoro, ai sensi delle norme vigenti e indipendentemente dal sistema di conferimento (art. 3, comma 1); – negli ordinamenti nei quali sia prevista la distinzione del personale in dirigenti, funzionari, impiegati e subalterni, per carriera di appartenenza si intende quella che si articola nei gradi conseguibili in ciascuno degli indicati gruppi (art. 3, comma 2); – i benefici di cui agli articoli 1, 2 e 3 della L. 24 maggio 1970, n. 336, da commisurarsi in relazione alla specifica posizione giuridica ed economica di ogni singolo destinatario, sono cumulabili tra di loro ed integralmente aggiuntivi anche a qualsiasi altro beneficio previsto, sia pure per gli stessi titoli, da altre disposizioni di legge, o regolamenti. Ciascun beneficio può essere, peraltro, goduto una sola volta (art. 3, comma 3).

Con specifico riferimento alla carriera prefettizia (alla quale apparteneva la ricorrente) e, quindi, con particolare riguardo al caso di specie,, va rilevato che il decreto legislativo n. 165/2001, in deroga alle disposizioni in materia di privatizzazione dei pubblici dipendenti, ha previsto che il personale della carriera prefettizia rimanesse disciplinato dal proprio ordinamento, al pari del personale della carriera diplomatica e di alcuni dipendenti pubblici ivi indicati (art. 3, comma 1), ed ha mantenuto ferme le disposizioni che disciplinano l’accesso alle qualifiche dirigenziali della carriera prefettizia, in deroga alle norme dettate in materia di accesso nei pubblici uffici (art. 28, comma 8).

Il decreto legislativo 19 maggio 2000, n. 139 (recante "Disposizioni in materia di rapporto di impiego del personale della carriera prefettizia"), infine, ha: – previsto che "la carriera prefettizia è unitaria in ragione delle specifiche funzioni dirigenziali attribuite ai funzionari che ne fanno parte" (art. l, comma 1); – fissato le competenze del personale della carriera prefettizia, rapportato ai livelli di responsabilità, come articolati nell’allegata Tabella A (art. 1, comma 2); – stabilito che "la carriera prefettizia si articola nelle qualifiche di prefetto, di viceprefetto e viceprefetto aggiunto, alle quali corrisponde l’esercizio delle funzioni indicate nell’allegata Tabella B (art. l, comma 3); – rinviato ad atti negoziali il trattamento economico accessorio dei prefetti e viceprefetti che esercitano compiti di studio nel biennio successivo alla maturazione del pensionamento per limiti di età (art. 3, comma 2); – affermato che l’accesso alla carriera prefettizia avviene per pubblico concorso, "con esclusione di ogni altra possibilità di immissione dall’esterno" (articolo 3).

In questo contesto normativo, il diniego opposto dal Ministero dell’Interno all’istanza avanzata dalla ricorrente è stato basato sulla "nota Operativa n.9" dell’INPDAP del 30.1.2006, che, secondo l’Amministrazione, reca "le nuove modalità di calcolo del beneficio in argomento" e riconosce il beneficio in questione al solo personale che mantiene il sistema della progressione per classe e scatti di stipendio.

La citata nota operativa INPDAP si fonda, a sua volta, sulla sentenza (denominata "parerè dall’Amministrazione resistente), dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 34 del 1° dicembre 1995, con la quale – sempre a parere dell’Amministrazione resistente – il Giudice amministrativo avrebbe ritenuto non più applicabile il beneficio ex comma 2 del citato articolo 2, in base alle "diverse disposizioni normative e contrattuali che, nell’ambito del processo di privatizzazione del rapporto di lavoro, hanno abolito per le qualifiche funzionali e dirigenziali l’automatismo di carriera basato sul sistema di classi e scatti".

In realtà, la decisione n. 34/1995 dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato ha ad oggetto questioni analoghe a quella controversa nel presente giudizio, ma riguardanti dipendenti regionali, il cui ordinamento – come correttamente rilevato dalla parte ricorrente – è distinto e diverso dall’ordinamento prefettizio. Con tale decisione il Giudice amministrativo ha affermato che l’ordinamento dei dipendenti pubblici articolato per qualifiche funzionali non può essere più equiparato al passato assetto articolato in "carriere", ed ha ritenuto i dipendenti regionali non più compresi tra i dipendenti pubblici destinatari del comma 2 dell’articolo 2 della legge n. 336/1970. Ciò in quanto per carriere (carriera direttiva, carriera di concetto e carriera esecutiva) si intendono quei gruppi di gradi – Gruppo A, Gruppo B e Gruppo C – in cui venivano immessi rispettivamente i dipendenti direttivi, di concetto ed esecutivi. La caratteristica delle carriere (secondo la decisione n. 34/1995) consisteva nel fatto che alla qualifica iniziale di ognuna di esse si accedeva per pubblico concorso, mentre all’interno di ogni carriera l’impiegato passava dalla qualifica iniziale a quelle superiori, svolgendo appunto la propria "carriera", per anzianità senza demerito o per scrutinio per merito distinto, o per concorso per merito distinto, o per concorso speciale interno. In sostanza, l’accesso ai vari gradi o qualifiche della carriera costituiva la progressione che l’impiegato poteva attendersi normalmente. Con le nuove qualifiche funzionali "l’accesso alle distinte qualifiche avviene per pubblico concorso", e le qualifiche, quindi, non possono essere equiparate alle vecchie carriere, "con la conseguenza che deve negarsi la possibilità di applicare la legge 336 del 1970 attribuendo il trattamento economico della qualifica funzionale superiore".

Al riguardo va osservato che lo stesso INPDAP, con riferimento all’ordinamento del personale prefettizio, ha adottato una apposita circolare (n. 17/2005: all. 8 di parte ricorrente), di contenuto diverso rispetto alla citata "nota operativà n. 9/2006, affermando la vigenza dell’art. 2, comma 2, della legge n. 336/1970 a favore del personale prefettizio (cfr. punto 3.5 della citata circolare n.17 del 23.5.2005).

Tenuto conto di quanto stabilito dalla normativa sopra richiamata e degli orientamenti giurisprudenziali formatisi al riguardi (cfr., in particolare, Consiglio Stato, sez. VI, 30 settembre 2008, n. 4685; Consiglio Stato, sez. VI, 27 dicembre 2006, n. 7965; T.A.R. Sicilia Catania, sez. III, 23 febbraio 2006, n. 285), il Collegio ritiene che alla ricorrente spetta il beneficio di cui all’articolo 2, comma 2, legge n. 336/70.

E’ vero che l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, con le decisioni nn. 33 e 34 dell’1 dicembre 1995 – come detto, in relazione a fattispecie non sovrapponibili a quella oggetto della presente controversia -, ha stabilito che nell’impiego pubblico, dopo il passaggio dal sistema articolato per carriera a quello fondato sulle qualifiche funzionali, non è conferibile il beneficio dell’attribuzione del trattamento economico del livello superiore a quello di appartenenza, previsto per i dipendenti pubblici ex combattenti dall’art. 2 L. 24 maggio 1970 n. 336 in alternativa alla corresponsione di tre scatti di anzianità, atteso che l’accesso alle diverse qualifiche deve avvenire per pubblico concorso.

Ma la giurisprudenza successiva ha affermato che la norma attributiva del beneficio della qualifica superiore al momento del collocamento a riposo del pubblico dipendente, pur se formulata in relazione al precedente sistema di inquadramento del personale in carriera e qualifiche, è applicabile anche nel vigente ordinamento articolato in qualifiche funzionali (Cfr., Cons. St., VI, 15 settembre 1999 n. 1204; Cons. St., IV Sez. 14 luglio 1994 n. 604), ogniqualvolta sia prevista una progressione tra la qualifica posseduta e quella richiesta ed al singolo non risulti inibito il passaggio alla qualifica superiore per effetto di quella posseduta (Cons. St., V, 8 marzo 1994 n. 155; TAR Veneto, I, 1 dicembre 1999 n. 2294; TAR Genova, I, 3 maggio 1999 n. 193).

Peraltro, nella fattispecie, non si applica il principio affermato dall’Adunanza Plenaria nn. 33 e 34 del 1995, a causa del particolare ordinamento del personale appartenente alla carriera prefettizia.

Come emerge dalla disciplina legislativa sopra richiamata, infatti, le modifiche introdotte dai DD.llggss. n. 29/1993 e n. 165/2001, non hanno interessato la carriera prefettizia che è rimasta caratterizzata dal proprio ordinamento gerarchico, come confermato dal D.lgs. n. 139/2000, che ha mantenuto l’articolazione della carriera prefettizia nelle qualifiche di prefetto, viceprefetto e viceprefetto aggiunto.

Pertanto, non appare giustificato escludere l’applicabilità del beneficio di cui all’art. 2, co. 2, l n. 336/70 al personale della carriera prefettizia.

Quindi, alla ricorrente – cessata dal servizio con la qualifica di viceprefetto -, può essere riconosciuta la qualifica immediatamente superiore a quella posseduta, trattandosi di qualifiche relative ad un’unica carriera, ai fini della liquidazione dell’indennità di buonuscita secondo i parametri previsti dall’articolo 2, comma 2, della legge n. 336/70 con conseguente condanna dell’amministrazione a rideterminare l’importo sulla base della retribuzione prevista per la qualifica superiore e a corrispondere in favore della ricorrente medesima la maggior somma dovuta.

Ciò in quanto la ratio dell’art. 2, della legge n. 336 del 1970 e dell’art. 3, della legge n. 824 del 1971, è quella di garantire ai destinatari dei benefici un trattamento pensionistico e di fine rapporto più favorevole e non già quello di attribuire ad essi una promozione in senso giuridico ai fini dell’acquisizione di uno specifico titolo, non avendo in sé l’attribuzione della qualifica superiore ai fini anzidetti la natura di atto di promozione o di nomina e non potendo essa determinare gli effetti giuridici che solo gli specifici atti volti alla nomina o alla promozione possono produrre, considerando, peraltro, che il passaggio alla qualifica di Prefetto da quella di Viceprefetto non può avvenire se non attraverso un particolare procedimento che si conclude con un atto di nomina governativa, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri (Consiglio Stato, sez. VI, 30 settembre 2008, n. 4685).

5. Alla luce delle considerazioni che precedono il Collegio ritiene che il ricorso sia fondato e debba essere accolto nei limiti sopra indicati.

6. Sussistono validi motivi – legati alla particolarità della vicenda e delle questioni trattate – per disporre la integrale compensazione delle spese di giudizio fra le parti in causa.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Ter), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto:

– lo accoglie nei limiti indicati in motivazione;

– dispone la integrale compensazione delle spese di giudizio fra le parti in causa;

– ordina che la presente sentenza sia eseguita dalla competente Autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *